di Marco Moretti*
“Perché Greta Thunberg non va a protestare a Pechino o a New Delhi, i Paesi che inquinano di più?“. Quante volte lo abbiamo sentito dire nei mesi scorsi o lo abbiamo letto sui profili social di detrattori di Friday for future preoccupati non per il destino del Pianeta ma per quello dei loro business. “Bisogna bloccare Cina e India, stanno soffocando il globo” hanno sbraitato da New York a Francoforte via Sydney, banchieri e industriali occidentali, tinti di una patina verde, che più delle emissioni di CO2 sembrano preoccupati soprattutto dalla concorrenza che soffia da Oriente. Queste frasi sono solo alcuni esempi del continuo scaricabarile di responsabilità a cui assistiamo nell’informazione sui Paesi con le emissioni di CO2 più elevate. Ma cosa c’è di vero in queste affermazioni? Poco e nulla.
Analizzando i dati storici sulle emissioni di CO2 scopriamo il contrario. Negli ultimi cinquant’anni i maggiori inquinatori sono stati in gran parte gli abitanti dei Paesi europei e nordamericani oggi all’avanguardia nella difesa dell’ambiente. E che la produzione petrolifera ha fornito il maggiore e peggiore contributo al surriscaldamento del Pianeta.
Oggi è vero che come dato assoluto la Cina produce più emissioni totali degli Stati Uniti: 9.481 milioni di tonnellate contro 4.888, cioè il doppio ma con oltre quattro volte gli abitanti, in pratica gli Statunitensi sono singolarmente responsabili di oltre il doppio delle emissioni dei Cinesi. Se poi andiamo al quadro storico degli ultimi cinquanta anni, scopriamo che gli Stati Uniti hanno prodotto dieci volte più emissioni della Cina in termini assoluti: 1200 tonnellate pro-capite contro le 120 tonnellate a testa della Cina, includendo i trent’anni di boom economico di Pechino, che – nonostante sia la seconda potenza industriale del mondo – è solo al 17° posto per le emissioni storiche individuali, ovvero è ancora un Paese a consumi contenuti rispetto a Europa e soprattutto Nord America.
E nell’ultimo biennio (2017-2018), in termini globali, la Cina ha aumentano le emissioni meno degli Stati Uniti: 2,5 per cento contro il 3,1 per cento, senza contare che la Cina ha margini potenziali di sviluppo (popolazione rurale, indice di povertà, tenore di vita, ecc.) molto superiori a quelli degli Usa, altamente industrializzati e inurbati. In questo senso nel 2018 è stata più virtuosa l’Europa con un calo delle emissioni dell’1,3 per cento.
Chi è allora ad avere le maggiori responsabilità del disastro a cui andiamo incontro? Dal 1969 a oggi, a livello pro-capite i maggiori inquinatori sono gli Stati Uniti, seguiti in ordine da Canada, Arabia Saudita (è qui incide fortemente l’industria petrolifera, oltre all’uso massiccio di aria condizionata), Germania, Olanda, Gran Bretagna, Finlandia, Norvegia, Giappone, Svezia, Israele, Francia, Italia, Svizzera e Spagna. Ovvero i Paesi più industrializzati. Quelli in via di sviluppo seguono a grande distanza.
L’India è oggi il Paese più inquinato del mondo (aria irrespirabile nelle città, enormi problemi nella gestione di acque e rifiuti, gigantesca quantità di metano prodotta dal maggiore parco bovino del Pianeta) e maggiore aumento di emissioni di CO2 nell’ultimo biennio (più 4,8 per cento contro una media mondiale di più 1,7 per cento). Ma sul dato globale del 2018 di 33.143 milioni di tonnellate di emissioni, l’India contribuisce solo per 2.299 milioni di tonnellate, cioè meno del 7 per cento, con poco meno di un quinto della popolazione mondiale. E in termini storici (dal 1969 al 2019) ha prodotto appena 40 tonnellate per abitante contro le 1200 degli Stati Uniti, le 750 dell’Arabia Saudita e le 350 dell’Italia.
Europei e Nordamericani hanno più mezzi a motore alimentati da combustibili fossili che abitanti, da tre generazioni mangiano più del necessario, trascorrono l’inverno in case riscaldate oltre ogni ragionevole misura, l’estate vivono rinfrescati dall’aria condizionata, e passano la vita spostandosi in massa in aereo. Che diritto hanno di dire a Cinesi, Indiani, Thailandesi e Indonesiani – da poco usciti (solo in parte) dalla miseria – di ridurre i consumi e le emissioni e tornare a una vita spartana? Vista la nostra storia recente, nessuno.
*articolo tratto dal quotidiano LA STAMPA
(CdG) Ecco alcuni dati del nostro Paese: