di REDAZIONE ECONOMICA
La IVa Sezione del Consiglio di Stato presieduta dal giudice dr. Raffaele Greco, estensore il giudice dr. Michele Conforti, e dai giudici dr. Oberdan Forlenza, dr. Luca Lamberti e dr. Giuseppe Rotondo con la propria sentenza n. 4802 del 23 giugno 2021, hanno accolto gli appelli di Arcelor Mittal Spa e di Ilva Spa in amministrazione straordinaria, annullando l’inutile ordinanza n. 15 del 27 febbraio 2020, emessa dal sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, che ordinava loro, nelle rispettive vesti di gestore e proprietario dello stabilimento siderurgico ‘ex Ilva’, di individuare entro 60 giorni gli impianti interessati da emissioni inquinanti e rimuoverne le eventuali criticità, e qualora ciò non fosse avvenuto di procedere nei 60 giorni successivi alla sospensione (quindi fermata) fermata delle attività produttive dello stabilimento.
SENTENZA-CDS-ILVAL’ ordinanza d’urgenza del sindaco di Taranto è stato esercitata secondo in Consiglio di Stato in assenza dei presupposti di legge. È questa la motivazione principale per la quale Consiglio di Stato ha annullato l’ordinanza sull’ex Ilva. Secondo i giudici di Palazzo Spada “non sono emersi fatti, tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie” .
Pur riconoscendo al sindaco il potere in astratto e la legittimazione istituzionale a intervenire a tutela dell’ambiente e della salute, il Consiglio di Stato ha rilevato che nel caso in questione, in rapporto agli episodi emissivi alla base del provvedimento del sindaco, l’istruttoria non aveva evidenziato elementi di gravità e pericolosità tali da giustificare la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento.
L’ordinanza di Melucci travolta dall’odierna sentenza del Consiglio di Stato era stata emessa, attraverso l’esercizio dei poteri di necessità e urgenza del Sindaco, a tutela della salute della cittadinanza, a seguito di episodi di emissioni di fumi e gas verificatisi nell’agosto 2019 e nel febbraio 2020 e delle successive verifiche ambientali e sanitarie. Il Tar della Puglia, sezione staccata di Lecce, pronunciandosi in primo grado sul ricorso delle due società, lo aveva respinto a seguito di un’approfondita istruttoria.
In particolare, la IVa Sezione del Consiglio di Stato i rimedi predisposti dall’ordinamento, nell’ambito dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) che assiste l’attività svolta nello stabilimento, ha ritenuto che quel complesso di rimedi (compresi i poteri d’urgenza già attribuiti al Comune dal T.U. sanitario del 1934, i rimedi connessi all’AIA che prevedono l’intervento del Ministero della transizione ecologica e le norme speciali adottate per l’Ilva dal 2012 in poi) sia tale da limitare il potere di ordinanza del Sindaco, già per sua natura “residuale”, alle sole situazioni eccezionali in cui sia comprovata l’inadeguatezza di quei rimedi a fronteggiare particolari e imminenti situazioni di pericolo per la salute pubblica, valutando che i rimedi sarebbero idonei a far fronte a qualunque possibile inconveniente.
Con un proprio comunicato stampa, il Consiglio di Stato ha precisato ed evidenziato che che l’accertamento giudiziale doveva concentrarsi unicamente sulla legittimità dell’ordinanza del Sindaco senza poter estendersi alle annose e travagliate vicende che hanno interessato lo stabilimento “ex Ilva” (oggetto di un piano di adeguamento adottato in base alla legislazione speciale post-2012, le cui tempistiche sono già state considerate legittime dal Consiglio di Stato con due pareri del 2019), e quindi la Sezione ha ritenuto che in concreto il potere di ordinanza d’urgenza fosse stato esercitato in assenza dei presupposti di legge, non emergendo la sussistenza di “fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie” dell’impianto.
Pertanto, pur senza negare la grave situazione ambientale e sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto, già al centro di vicende giudiziarie penali e di una sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani (relativa però alla precedente gestione dello stabilimento, rispetto alla quale le misure intraprese negli ultimi anni hanno segnato “una linea di discontinuità”), si è concluso che “nella specie il potere di ordinanza abbia finito per sovrapporsi alle modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio sanitario, per quegli stabilimenti produttivi abilitati dall’A.I.A.”, non essendosi evidenziato un pericolo “ulteriore” rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività industriale.
Il collegio giudicante della IVa Sezione ha ritenuto che il rigetto del ricorso in primo grado al TAR Puglia non trovasse conforto neanche nelle risultanze dell’istruttoria svolta dallo stesso TAR, laddove da un lato è emerso che i più recenti episodi emissivi non sono dovuti a difetti strutturali dell’impianto, dall’altro è stata acquisita una congerie di dati a volte non pertinenti e comunque non tali da provare in modo certo l’esistenza di particolari anomalie tali da costituire serio e imminente pericolo per la popolazione.
Quindi anche sotto tale profilo, l’ordinanza risulta quindi emessa “senza che vi sia stata un’univoca individuazione delle cause del potenziale pericolo e senza che sia risultata acclarata sufficientemente la probabilità della loro ripetizione”.
La conclusione di questa vicenda è che non ci sarà alcuno “stop” degli impianti dell’area a caldo del siderurgico di Taranto, e che ancora una volta qualcuno non ha esitato ad esercitare del vergognoso terrorismo “psicologico” per fini politici strumentali ed elettorali. Quella politica “monnezza” di certi “masanielli” travestiti da politici, sotto mentite spoglie, un genere che purtroppo a Taranto e provincia abbonda.
Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha così commentato la decisione di Palazzo Spada : “Alla luce del pronunciamento del Consiglio di Stato sull’ex Ilva, che chiarisce il quadro operativo e giuridico, il Governo procederà in modo spedito su un piano industriale ambientalmente compatibile e nel rispetto della salute delle persone. Obiettivo è rispondere alle esigenze dello sviluppo della filiera nazionale dell’acciaio accogliendo la filosofia del Pnrr recentemente approvato“.