di REDAZIONE ECONOMIA
La quarta sezione del Consiglio di Stato, ha accolto la richiesta di sospensiva presentata da ILVA in A.S. ed ArcelorMittal, contro la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Taranto, rinviando la decisione finale all’udienza di merito che si terrà il prossimo 13 maggio.
L’ordinanza del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, emessa il 27 febbraio del 2020, venne sospesa dal TAR Puglia il successivo 24 aprile a seguito dei ricorsi di ArcelorMittal e ILVA in A.S., che vennero invitate dal tribunale amministrativo pugliese, sezione di Lecce, a consegnare entro il 7 ottobre dello scorso anno della ulteriore documentazione. Ma secondo il TAR Puglia gli elementi forniti non erano stati ritenuti sufficienti per dimostrare che le criticità erano state rimosse.
La decisione dell’organo giudiziario-amministrativo centrale, di fatto annulla gli effetti della sentenza del Tar di Lecce che aveva imposto di procedere entro 60 giorni dalla notifica, cioè entro il 14 aprile, alla fermata degli impianti dando seguito alla strumentale (pre-elettoralmente parlando) ordinanza sulle emissioni firmata dal sindaco di Taranto Rinaldo Melucci che è un agente marittimo e quindi sprovveduto sulle problematiche ambiente, industria ed inquinamento.
CdS-IlvaIl provvedimento del sindaco di Taranto Melucci voleva imporre ad ArcelorMittal ed ILVA in A.S. di individuare e risolvere entro 30 giorni le criticità delle emissioni e, in difetto di adempimento, di procedere entro i successivi 30 giorni alla fermata dell’area a caldo (Altiforni, Cokerie, Agglomerazione e Acciaierie, compresi eventuali impianti funzionalmente connessi). Melucci partendo dalla denuncia del sindacato USB in merito allo sforamento di valori registrato in quattro giorni di agosto del 2019 (5, 17, 18 e 19) per le emissioni in atmosfera dal camino E312 di ripetuti fenomeni emissivi con rischi per la salute della popolazione, con la sua ordinanza in realtà cercò di cavalcare l’ondata ambientalistica tarantina.
ArcelorMittal Italia gestore dello stabilimento siderurgico (di proprietà di ILVA in A.S.) ha sostenuto nel ricorso che le relazioni Ispra confermarono il rispetto delle prescrizioni Aia, ed in conseguenza della pronuncia del Consiglio di Stato, con una nota ha precisato di non avere, “l’obbligo di avviare la fermata dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto e degli impianti connessi” aggiungendo che “L’attività produttiva dello stabilimento può dunque proseguire regolarmente”.