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21 Novembre 2024 20:36

Il Csm, il vero porto delle nebbie della giustizia italiana

Siamo di fronte ad una politica ormai ridotta a una funzione sottomessa alla magistratura lottizzata, che consente ad alcune Procure e anzi di alcuni procuratori della Repubblica, di intimorire grazie al ricatto politico- mediatico che iscrive tra i favoreggiatori della criminalità comune e politica chiunque ponga il problema della responsabilità del magistrato
di Antonello de Gennaro

Quello che in molti considerano il “parlamentino” delle toghe, in realtà altro non è che il luogo delle “lottizzazioni” della magistratura, spacciate come “carriere“. A confermarlo sono delle statistiche, a partire da quelle del 2016, confermate negli anni, che documentano come il 99,30 percento delle toghe ha conseguito una valutazione “positiva”. L’anno prima, nel 2015, la percentuale era stata di circa il 99,60 percento. Soltanto un misero 0,20 percento aveva avuto un giudizio negativo cioè quelle toghe finite sotto procedimento disciplinare, che non godevano di protezioni “correntizie”

Intervenendo al plenum del Csm della precedente consiliatura l’allora presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio, fece cadere il silenzio tombale nell’aula del plenum, pronunciando queste parole : “Io vado dicendo da moltissimo tempo che in un’organizzazione complessa, un potere dello Stato con migliaia e migliaia di magistrati, dove le valutazioni di professionalità sono positive per il 99.7 per cento, si evidenzia un deficit delle circolari in materia di valutazione di professionalità”.

Il presidente benemerito della Corte di Cassazione Giovanni Canzio

Resta disapplicato sino ai nostri giorni, alcun rapporto fra la valutazione di professionalità e i risultati dell’attività giudiziaria. Al punto che non possono non essere segnalate, “tappandosi il naso” parafrasando Indro Montanelli quando parlava delle elezioni politiche, le inarrestabili carriere e le imperturbabili celebrazioni e autocelebrazioni mediatiche di magistrati che in realtà annoverano, come le implacabili statistiche raccontano senza appello, un numero di fallimenti delle proprie inchieste che sancirebbe esiti certamente pregiudizievoli in qualsivoglia altra attività professionale. Per non parlare dei profili dei magistrati esaltati per la loro attività associativa-lottizzata-politicizzata, che ha consentito a qualcuno di loro di entrare addirittura in consiglio al Csm.

Al contrario vengono sanzionate quotidianamente dagli stessi magistrati le carriere professionali di medici per interventi errati, di ingegneri per ponti mal costruiti, di avvocati per patrocini infedeli, di imprenditori per patrimoni dissipati. Un arrogante illegittimo privilegio professionale, inaudito ed impensabile per ogni altro comune cittadino, che la Costituzione non prevede. Quando un magistrato sbaglia rovinando la vita di qualcuno, non paga mai, anzi in molti viene promosso, come dimostrano le carriere di quei magistrati che hanno perseguitato Enzo Tortora, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi tanto per fare qualche nome.

Siamo di fronte ad una politica ormai ridotta a una funzione sottomessa alla magistratura lottizzata, che consente ad alcune Procure e anzi di alcuni procuratori della Repubblica, di intimorire grazie al ricatto politico- mediatico che iscrive tra i favoreggiatori della criminalità comune e politica chiunque ponga il problema della responsabilità del magistrato. Una politica che non vuole comprendere come una democrazia nella quale dei tre poteri su cui essa si fonda, uno e solo uno è irresponsabile, sia destinata alla rovina. Un parlamento che si guarda bene dell’ affrontare il problema dei pm che vedono sistematicamente fallire le loro indagini, ma contemporaneamente fanno una brillante carriera. Il Csm è severo soltanto con i giudici che depositano in ritardo una sentenza ma è di “manica (molto) larga” con il pubblico ministero si dimentica … un fascicolo nell’armadio facendolo prescrivere.

Il presidente benemerito della Cassazione Giovanni Canzio evidenziaval’effetto perverso di una più spiccata autoreferenzialità (anche nei rapporti con la narrazione mediatica e con l’opinione pubblica) e di una ancora più accentuata indifferenza della pubblica accusa rispetto alle sorti del processo. Infatti, si rileva costantemente l’ipertrofia del fenomeno dell’inchiesta, che, in assenza di pregnanti controlli del giudice per le indagini preliminari, è divenuta l’effettivo baricentro del rito. Da essa spesso sorge – anche per il ricorrente e (almeno disciplinarmente) illecito intreccio di relazioni e scambi di atti fra uffici di Procura e organi di stampa – il prevalere nella collettività di ansie securitarie e del pregiudizio di colpevolezza dell’indagato, che viene inesorabilmente colpito dalla “gogna mediatica”.

Quello che mi ha colpito nelle mie frequentazioni da giornalista delle udienze del Csm, senza andare a ginuflettermi dai magistrati come fanno molti giornalisti che diventano i loro ventriloqui, è stato un intervento nel plenum del presidente Canzio: “Ma di cosa stiamo parlando? Il giudice Neri fa il presidente di sezione? Ma se non ha neppure le qualità per fare il magistrato. Questo è un caso clamoroso!“. Il primo presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio non aveva usato mezzi termini per stigmatizzare una decisione del Consiglio Superiore della Magistratura di riesaminare la valutazione di professionalità del dott. Giuseppe Neri magistrato, giunto all’apice della sua carriera, che doveva essere valutato per conseguire la settima ed ultima valutazione di professionalità.

A causa dei clamorosi ritardi del giudice Neri nel deposito delle sue sentenze, con punte di oltre 5 anni (si, avete letto bene CINQUE ANNI) , la sezione disciplinare del Csm lo aveva sanzionato con la censura. Sanzione che se da un lato gli aveva impedito il raggiungimento dell’agognata settima valutazione di professionalità, da un altro lato non aveva impedito la prestigiosa nomina ottenuta dal Csm, a presidente di sezione penale del Tribunale di Catanzaro !

Nominato nel 2007, Neri era stato poi confermato nell’incarico semidirettivo anche per il quadriennio successivo. Dal 2015 è diventato magistrato di sorveglianza, sempre al Tribunale di Catanzaro. “Siamo di fronte a un deficit di diligenza così clamoroso da rasentare il dubbio che non vi sia anche il deficit di altri elementi presupposti per rivestire la qualità di magistrato!“, dichiarò Canzio nel corso di un plenum (ottobre 2017) , esterefatto dalla volontà del Csm di rivalutare Neri nonostante avesse collezionato ritardi a quattro cifre. “Si sta discutendo – aveva continuato Canziodi un magistrato che si presenta con oltre cinque o sei anni di ritardo in decine e decine di sentenze, con picchi di ritardo che rasentano i duemilaquattrocento giorni per numerose sentenze: la media dei tempi con cui deposita è di milletrecento giorni!“.

Non bisogna poi meravigliarsi quindi se nel plenum arrivano a sedersi membri laici nominati dai partiti, privi di alcuna competenza (e sopratutto etica) per quel ruolo ricoperto, o di qualche membro togato abituato a denunciare i giornalisti. In questi giorni si parla della consigliera Natoli, ma in molti dimenticano le vicende giudiziarie di Piercamillo Davigo, ed il traffico di dossier, pendrive e documenti passati dai magistrati o per conto loro dai cancellieri ai soliti giornalisti “amici degli amici”, sempre pronti ad interpretare il valore di questa o quella corrente della magistratura.

Si è voluto far passare l’ex presidente dell’ ANM e consigliere del Csm Luca Palamara, come il protagonista principale della malagiustizia italiana, ed il pm Stefano Fava, come un “curiosone” di fascicoli processuali ma in molti, troppi hanno dimenticato i soliti conflitti d’interesse di alcuni avvocati fratelli di importanti magistrati della procura di piazzale Clodio a Roma e che Fava è stato l’unico, il primo magistrato a chiedere l’arresto di Piero Amara ed il sequestro delle sue ingenti fortune economiche acquisite illegalmente. Molto più comodo per gli “intoccabili” inquisire Palamara e Fava per spacciare un millantato cambiamento etico nella magistratura, richiesto a gran voce anche dal presidente Mattarella. Un “finto” cambiamento che in realtà non ha cambiato nulla, se non addirittura peggiorato lo stato della giustizia italiana.

La “vicenda Natoli” esplosa nei giorni scorsi durante un’udienza della sezione disciplinare del Csm, è la conferma di come sia caduta in basso l’autorevolezza del Consiglio Superiore della Magistratura dove la legge è applicata non in nome del popolo italiano, ma in favore dei partiti e delle correnti della magistratura .

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Grazie, Antonello de Gennaro

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