di Sergio Costa*
In molti ieri mi avete segnalato del fumo nero in uscita dall’altoforno 4 di Arcelor Mittal, ex Ilva, a Taranto. Ci siamo immediatamente attivati con Ispra. Si è trattato di un blocco emergenziale dell’impianto. Se succede una volta, è un conto, ma pare proprio si verifichi un po’ troppo spesso. I tecnici stessi mi hanno confermato che questo ripetersi del blocco “Non può essere considerato normale”. Abbiamo immediatamente chiesto ad Arpa i dati della qualità dell’aria connessi all’emissione dei fumi e sappiamo che per questi eventi non esiste una prescrizione ad hoc. Per quanto possa sembrare assurdo, è cosi.
Stiamo lavorando anche su questo, per porre rimedio a venti anni di far west normativo sulla pelle dei tarantini.
Ma per cambiare queste leggi, come abbiamo detto al tavolo a Taranto, mercoledì scorso, dobbiamo procedere con la Valutazione del danno sanitario integrato in funzione preventiva con il ministro della Salute Giulia Grillo e, in base ai dati che emergeranno, lavorare sulle prescrizioni dell’Aia. Aia che potrebbe essere riaperta se la Regione Puglia rivedesse il piano localizzato della qualità dell’aria. Comunque, anche in assenza di questo, procederemo con la valutazione del danno sanitario preventivo, che i cittadini di Taranto chiedono da molti anni.
Chi ha visto il video della risposta di Luigi Di Maio in diretta streaming, dopo aver ascoltato tutte le associazioni, sa bene con quale spirito siamo andati a Taranto. Siamo andati a Taranto con i primi risultati e offrendo a istituzioni, comitati, associazioni e cittadini, un percorso da costruire insieme per il risanamento e la conversione economica e ambientale della città.
Non è una gara a chi dice la frase più ad effetto, a chi mette in difficoltà gli altri e per questo si sente di aver vinto. Nessuno vince in una tragedia come questa. Si può solo camminare insieme per risolvere i problemi. Sento che occorre nuovamente fare chiarezza sui numeri, sapendo bene che i limiti di legge non bastano, che i cronoprogramma non sono sufficienti, che per troppi anni le leggi sono state cucite su misura dell’industria e che i tarantini tutti ne stanno subendo le conseguenze. Abbiamo impostato il percorso necessario per cambiare le norme scritte dai governi precedenti. Ma è altrettanto importante fare chiarezza sui numeri diffusi in queste settimane.
È stato detto che la riduzione del 20% delle emissioni inquinanti annunciata con il passaggio ad Arcelor Mittal non sarebbe vera: è chiaro che tale riduzione è riferita, come intuibile, al quadro emissivo post-adeguamento, ossia una volta attuati gli interventi dettati dal DPCM del 2017 più l’addendum ambientale. Sono stati già installati i filtri elettrostatici che corrispondono alle migliori tecnologie in questo campo e nel 2021 ci saranno quelli a manica che in tutta Europa costituiranno una best practice.
Riguardo la questione dei rilevamenti di idrocarburi policiclici aromatici in area cokeria, in primo luogo bisogna spiegare una differenza sostanziale: la riduzione delle emissioni di un impianto, che sono monitorate all’uscita dei camini, sono differenti dal monitoraggio a terra, che sono i valori cui fanno riferimento alcune associazioni. I due valori non sono comparabili. Non stiamo parlando, quindi, di numeri prodotti da centraline installate all’interno di contesti abitati bensì di dati provenienti da strumentazioni poste nelle immediate vicinanze della fonte inquinante. Sono due cose differenti perchè hanno due scopi diversi.
E, riguardo al PM10, PM2,5 e benzene, le medie annuali rilevate nel 2018, confrontate con il 2017, nella centralina di monitoraggio della rete ex ILVA, ora Arcelor Mittal, all’esterno dello stabilimento, in via Orsini nel Quartiere Tamburi, non registrano significative variazioni e i valori rispettano i limiti previsti dalla normativa italiana.
Si parla di alcuni picchi registrati (quello delle diossine è tale in una sola stazione di rilevamento, e Ispra sta verificando questa anomalia), ma in questi mesi ci sono stati anche picchi negativi, di riduzione, solo che non vengono segnalati. L’importante è il valore di salvaguardia, che non è stato superato. Infine, una drastica riduzione delle emissioni diffuse di polveri sarà, peraltro, assicurata dalla copertura completa dei parchi minerari, i cui tempi sono stati anticipati con l’addendum ambientale, e come previsto entro il 30 aprile sarà rispettato il primo step: la chiusura del 50% dei parchi minerari, la parte più vicina al Tamburi. Quindi tra pochi giorni saranno fermate le polveri verso questo quartiere cosi martoriato.
Chiaramente non stiamo dicendo che ci accontentiamo dei valori di legge, dei cronoprogramma, della normativa esistente. Stiamo lavorando per cambiare lo stato delle cose, e abbiamo proposto alle associazioni di camminare insieme, ognuno con le proprie idee. Nessuno vuole convincere nessuno. Ma il dramma di Taranto non merita questa sfida che vediamo in questi giorni di chi vuole piazzare la battuta più ad effetto.
Lavoriamo insieme per cambiare le cose. Noi il 24 giugno saremo in città per il check sui primi due mesi di lavoro. Ci vediamo lì.
*Ministro dell’ Ambiente