Dopo 300 giorni di guerra a bordo di un treno notturno coi finestrini oscurati Volodymyr Zelensky per la prima volta ha lasciato l’Ucraina . Confermando così che le ferrovie sono il mezzo di trasporto più sicuro anche a conflitto in corso. Per i civili, per le famiglie che devono evacuare, per i soldati, per gli aiuti umanitari. E per i presidenti attesi a Washington.
Il primo viaggio all’estero di Zelensky dall’invasione russa è stato organizzato dal governo ucraino in stretta collaborazione con il Dipartimento di Stato e l’intelligence Usa. L’idea della visita è nata durante il colloquio telefonico dell’11 dicembre tra Zelensky e Joe Biden, ed è stata formalizzata una settimana dopo con l’invito ufficiale – tenuto riservato – della Casa Bianca. A quel punto si è attivata la macchina della sicurezza, che si è mossa nel silenzio per evitare che anche la minima informazione potesse finire all’orecchio dell’Fsb, il servizio di intelligence russo. Solo la cerchia di collaboratori più ristretta di Zelensky è stato tenuto al corrente dell’organizzazione.
Il viaggio è rimasto segreto fino a martedì, quando i media americani hanno comunicato l’imminente partenza per Washington. Zelensky in quel momento si trovava a Bakhmut. A sorpresa ha raggiunto la città del Donbass definita “il punto più caldo di tutta la linea del fronte”. Dopo un tragitto di 9 ore a bordo del convoglio presidenziale di fuoristrada e polizia, è apparso in tarda mattinata in una fabbrica nel centro della città sotto bombardamento. Ha premiato i soldati e da essi ha ricevuto una bandiera coi colori dell’Ucraina firmata da loro, da consegnare al Congresso americano.
Altre 9 ore per il ritorno nella capitale e a sera Zelensky è salito sul treno della compagnia nazionale ucraina. Direzione: Polonia. È stato visto e ripreso da una telecamera della televisione polacca Tvn alla stazione di Przemysl, il capolinea di centinaia di migliaia di sfollati che hanno scelto il treno per fuggire dal Paese. Non è chiara l’ora in cui Zelensky abbia attraversato la frontiera, sicuramente prima dell’alba. È poi salito su un suv 4×4 bianco che lo ha portato all’aeroporto internazionale di Rzeszow, hub logistico per le armi occidentali donate all’esercito ucraino protetto da sistemi antimissile Patriot e da forze Nato. Assieme a lui c’era l’ambasciatore americano, Bridget Ann Brink.
Ad attenderli sulla pista un aereo con livrea e bandiera statunitense. Non l’Air Force One di Biden, ma un Boeing C-40B dell’aeronautica utilizzato per gli spostamenti dei membri del governo. Dopo il decollo, avvenuto alle 8.15 ora locale, è stato affiancato da un jet militare anch’esso americano, che ha scortato il Boeing fino alla base di Andrews, nel Maryland, dove è atterrato nel pomeriggio di Washington. Primissima tappa: la Blair House, la residenza dove vengono ospitati Capi di Stato e personalità internazionali. Ha poi varcato i cancelli della Casa Bianca a bordo di un suv nero.
Il presidente ucraino è atterrato ieri a Washington verso mezzogiorno per il suo primo viaggio all’estero dall’inizio dell’invasione. Seduto davanti al caminetto dell’Ufficio Ovale, ha consegnato a Biden la medaglia di un capitano delle batterie di artiglieria americane Himars, ricevuto il giorno prima durante la visita a Bakhmut, sul fronte più caldo della guerra. Il capo della Casa Bianca si è quasi commosso: “Non la merito, ma l’apprezzo moltissimo”. Poi gli ha ricordato che la rivista Time lo ha appena messo in copertina: “Negli Usa, e nel mondo, sei l’uomo dell’anno“.
“Non siete mai stati soli, non lo sarete mai”. È stata la promessa solenne che il presidente USA Biden ha fatto al leader ucraino Zelensky, ricevendolo alla Casa Bianca. Ha approvato un nuovo pacchetto di aiuti militari per 1,85 miliardi di dollari, inclusi i Patriot per la difesa dai missili che Putin sta lanciando sulle città. Però ha ripetuto che non vuole “scatenare la Terza guerra mondiale o combattere con la Russia, ma mettere Kiev in condizioni di vincere sul terreno, per poi vincere anche al tavolo delle trattative diplomatiche“. Zelensky ha risposto che non sa “quale possa essere una pace giusta, perché le violenze scatenate dallo stato terroristico russo hanno inflitto così tanto dolore alla nostra gente, che sarà difficile convincerla a non cercare la vendetta”.
Durante la conferenza stampa Biden ha annunciato il nuovo pacchetto di aiuti, più i 45 miliardi in discussione al Congresso, dove in serata Zelensky ha tenuto un discorso: “La lotta in corso non è solo per l’Ucraina, ma per difendere i principi della democrazia e la libertà”. Sulle prospettive di pace ha detto che Putin non la vuole, “ma noi aiutiamo Zelesnky perché possa sedersi da vincitore al tavolo delle trattative, quando sarò pronto a parlare con i russi. Putin ha fallito e fallirà“. Zelensky ha risposto: “Voglio la pace, ma non so ora quale possa essere una pace giusta, per chi ha perso i figli e la vita“. Però ha aperto ad un summit che discuta il futuro del paese, garantendo “la nostra integrità e il rispetto delle leggi internazionali. Combattiamo per gli stessi valori, vinceremo contro la tirannia”.
Quando Nancy Pelosi ha annunciato l’ingresso in aula di Volodymir Zelensky, dai senatori e deputati riuniti per una Joint Session del Congresso parte un applauso lungo, pieno, gonfio di emozione che toccherà alla stessa Speaker a un certo punto provare a spegnere. Sul podio, intanto, il presidente ucraino che ha percorso il piccolo corridoio dell’emiciclo stringendo mani, ha gli occhi lucidi ed è visibilmente commosso da un’accoglienza che forse nemmeno lui si attendeva. “Penso sia un po’ troppo per me“, ripete due volte mentre ringrazia. Erano le 7,36 e Zelensky da meno di due ore aveva lasciato la Casa Bianca, da sole cinque ore è sul suolo americano e prima delle 10 risalirà sul Boeing che l’ha portato nella notte dalla Polonia all’appuntamento con la leadership americana per fare ritorno in patria.
Davanti ai “congressmen” che si spellano le mani e gli tributano più volte una standing ovation durante i 25 minuti di discorso, Zelensky ringrazia il popolo americano per il sostegno, il Congresso per gli aiuti e tocca le corde dell’emozione quando parla del Natale, che gli ucraini festeggeranno con le candele senza luce, nei bunker ma senza perdere la fiducia della vittoria. “Tutti noi ucraini vogliano la stessa cosa: la vittoria, solo la vittoria”.
Agli americani Zelensky chiarisce con orgoglio ucraino che “i vostri soldi non sono per la carità, ma un investimento nella sicurezza globale” sottolineando come in un mondo interconnesso e interdipendente quel che accade in Ucraina non può restare confinato fra Leopoli, Odessa e Kharkiv. E’ una chiamata a continuare a garantire aiuti economici e militari. Quindi parla dei Patriot, “per difendere la nostra libertà”, e così come aveva scherzato con Biden, dice che serviranno ancora armi.
Ci sono altri due punti importanti che Zelensky ha toccato nel suo intervento al Congresso. Il primo è la richiesta di rafforzare le sanzioni contro la Russia. Il secondo è il tentativo di staccare i russi dal Cremlino, dipingendo il popolo come una vittima delle azioni di Putin che “deve essere fermato poiché altrimenti porterà avanti altre aggressioni“.
Alla fine, Zelensky dà una bandiera ucraina con le firme dei soldati in prima linea a Nancy Pelosi e a Kamala Harris seduta al suo fianco. Si chiude con gli applausi, gli smartphone dei deputati che s’illuminano scattando foto mentre il presidente di un Paese non Nato, che non ha un trattato di relazione speciale con l’America lascia i riflettori con l’idea che la missione – qui a Washington – è compiuta. Per una volta repubblicani e democratici si sono trovati d’accordo, rarità nella recente storia americana, ad applaudire la medesima persona, per la medesima causa e il medesimo obiettivo.
Un’autorevole fonte della Casa Bianca aveva così spiegato gli obiettivi della visita di Zelensky: “Biden avrà l’opportunità di ribadire che il nostro sostegno non riguarda solo ciò che abbiamo fatto finora, ma ciò che faremo per tutto il tempo necessario. Sfortunatamente, poiché la Russia non ha mostrato alcun interesse a porre fine a questa guerra brutale, così come non era stata disposta ad impegnarsi in sforzi diplomatici in buona fede per evitare il conflitto. Sappiamo che la guerra proseguirà, l’inverno sarà duro, e continueremo giorno dopo giorno a fornire un supporto fondamentale al popolo ucraino“.
L’alto funzionario della Casa Bianca si è dichiarato fiducioso che il nuovo Congresso, nonostante la maggioranza repubblicana alla Camera, non abbandonerà Kiev: “Nonostante alcune voci e suggerimenti contrari, il sostegno all’Ucraina rimarrà ampio, profondo e bipartisan” ed ha aggiunto: “Non si tratta di inviare un messaggio a un particolare partito politico, ma a Putin e al mondo, che l’America starà con l’Ucraina per tutto il tempo necessario”.
Nessuna pressione, invece sulla trattativa: “La Russia potrebbe porre fine alla guerra domani ritirandosi dall’Ucraina. Ma non mostra alcuna intenzione di farlo e di sedersi seriamente al tavolo. Quindi non vediamo la diplomazia, che porterebbe alla fine della guerra a condizioni giuste, come un orizzonte a breve termine”. Perciò “il presidente Biden è stato assolutamente chiaro fin dall’inizio che il suo principio è “Niente sull’Ucraina senza l’Ucraina”. Non farà pressioni o spingerà Zelensky al tavolo dei negoziati, ma lavorerà con Congresso e alleati per mettere Kiev nella migliore posizione possibile sul campo di battaglia, in modo che quando i tempi saranno maturi, si troverà nella migliore posizione possibile per le trattative. Il presidente non lancerà il messaggio di pungolare Zelensky in alcun modo. Il suo sarà un messaggio di solidarietà e sostegno, coordinamento e allineamento“.