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22 Dicembre 2024 10:14

Il “peso” della guerra sull’acciaio di Arcelor, che in Italia vuole usare i soldi dello Stato

Le imprese dell'indotto siderurgico creditori di Acciaierie d' Italia piangono in silenzio ben sapendo che protestando verrebbero messi in "blacklist" dalla Morselli che dimentica di usare soldi pubblici con un socio pubblico, cioè lo Stato italiano tramite Invitalia. Incredibile ma vero. Guai a chi parla !

Mentre la guerra fra Ucraina e Russia continua ad affondare i suoi artigli nell’industria globale: l’aumento del costo del gas, la debolezza della domanda e le scorte elevate stanno mettendo in ginocchio anche il settore siderurgico, e per questo la multinazionale indiana ArcelorMittal ha annunciato il taglio di tre impianti di produzione in Europa.Una panoramica globale sull’acciaio contenuta in T-Commodity, a cura del fondatore Gianclaudio Torlizzi, mostra che a fine settembre il colosso europeo ArcelorMittal taglierà tre siti, due in Germania – Amburgo e Brema – e uno in Spagna nelle Asturie.

“I tagli rappresentano circa l’8-9% della produzione europea di Arcelor. A livello industriale, le attuali riduzioni rappresentano il 2-3% della produzione di acciaio piatto dell’Ue e l’1% della produzione di acciaio lungo, ma si ipotizza che la domanda scenda del 5% nel 2023 rispetto al 2022; quindi i tagli sono consistenti, ma non cambiano le carte in tavola e ne abbiamo davvero bisogno per raggiungere un equilibrio. La debolezza della domanda, le scorte elevate e le importazioni competitive sono venti contrari per l’industria nazionale dell’acciaio. Comunque, la scorsa settimana i prezzi del laminato a caldo (Hrc) sono rimbalzati di circa 50 euro/t dopo l’aumento generalizzato dei prezzi di ArcelorMittal” si legge in T-Commodity.

Resta da vedere, continua l’articolo, “se l’aumento dei prezzi reggerà, ma è chiaro che Arcelor sta cercando di parlare il che dovrebbe contribuire a stabilizzare i prezzi a breve termine e, a livello strategico, tracciare le linee di battaglia in vista delle trattative annuali per i contratti con i produttori di auto (che iniziano ufficialmente a Euroblech alla fine di quest’anno)”.

Il ceo di ArcelorMittal ha spiegato chegli alti costi del gas e dell’elettricità stanno mettendo a dura prova la nostra competitività” ma non si tratta solo di questo. “La debolezza della domanda, l’elevato livello delle scorte e le importazioni sono i principali fattori che ostacolano l’industria nazionale dell’acciaio al carbonio – conclude l’articolo – Per questo motivo, dato che è improbabile che la domanda si riprenda in modo significativo nel breve termine, a nostro avviso è indispensabile che gli operatori del settore siderurgico controllino ‘i fattori controllabili’ e riducano l’offerta. Arcelor, in quanto maggiore operatore nazionale, ha un ruolo importante da svolgere, ma sarà fondamentale vedere se gli operatori più piccoli si allineeranno (o cercheranno di conquistare quote di mercato)“. 

Lucia Morselli ad di Acciaiere d’ Italia (in quota Arcelor Mittal)

Nel frattempo in Italia a Taranto Acciaiere d’ Italia (ex Arcelor Mittal Italia) la società controllata Am InvestCo Italy, del gruppo siderurgico ArcelorMittal Europe, guidata dalla contestata e “chiacchierata” Lucia Morselli che continua a descrivere l’azienda come “sana”, ma comunque in difficoltà finanziarie perché “ha destinato tutte le risorse e la ricchezza generata, agli investimenti, che non abbiamo mai smesso di fare e che continuiamo a fare. Investimenti per il piano ambientale che significa il nostro futuro. La carenza è quella del circolante, che non nasce adesso ma da due anni. Siamo limitati nell’acquisto delle materie prime e della produzione da monte a valle”.

La Morselli ha aggiunto che per garantire un futuro ad Acciaierie d’Italia serve finanza visto il costo dell’energia”. A questo proposito, Am InvestCo Italy avrebbe firmato una garanzia per 300 milioni di euro da destinare alle forniture di gas e garantire la produzione industriale al di là dei livelli minimi necessari per la salvaguardia degli impianti. “Stiamo cercando risorse finanziarie perché l’area a caldo vada al massimo, ovviamente nel rispetto dei vincoli ambientali”, ha dichiarato Morselli

Dichiarazioni contraddittorie considerato che bilancio dell’esercizio 2021 di ArcelorMittal Commercial Italy si è chiuso con un utile netto di 2,6 milioni di euro, rispetto a un utile di 2,1 milioni di euro dell’esercizio precedente. Nonostante un calo dei volumi di acciaio prodotto, il gruppo e’ stato sostenuto dall’impennata dei prezzi mondiali delle materie prime: ha beneficiato di una “ripresa economica globale” e di una “forte domanda” che hanno portato a “livelli di redditivita’ molto elevati”, ha affermato il nuovo amministratore delegato Aditya Mittal, figlio del fondatore del gruppo, alla presentazione del suo primo esercizio finanziario dalla nomina dello scorso anno. Le vendite del quarto trimestre sono aumentate a 20,81 miliardi di dollari, rispetto ai 14,18 miliardi di dollari dell’anno precedente, su prezzi medi di vendita dell’acciaio significativamente piu’ alti. L’utile prima di interessi, tasse, deprezzamento e ammortamento e’ stato di 5,05 miliardi, in aumento rispetto a 1,73 miliardi dell’anno precedente, sebbene fosse inferiore ai 6,06 miliardi registrati nel terzo trimestre

Ma non solo. Infatti ArcelorMittal, che è il secondo produttore di acciaio al mondo, ha registrato un utile netto record per il 2021 di 14,9 miliardi di dollari, dopo una perdita netta nel 2020 di 733 milioni di dollari .  La societa’ con sede in Lussemburgo ha affermato che prevede che le spedizioni di acciaio nel 2022 aumenteranno del 3% rispetto al 2021 e prevede anche un forte Ebitda e consistente generazione di flussi di cassa. Sulla base delle attuali condizioni di mercato insieme all’impatto dell’aumento dei prezzi dei contratti automobilistici, ArcelorMittal ha affermato che prevede un ulteriore investimento di capitale circolante nel primo trimestre del 2022.

Stando ai dati dell’Associazione mondiale dell’acciaio, a giugno 2022 la produzione siderurgica globale è però diminuita del 5,9 per cento su base annua, a 158,1 milioni di tonnellate. Il calo è riconducibile soprattutto alla Cina – prima produttrice e consumatrice di acciaio -, il cui output è sceso a giugno del 3,3 per cento, a 90,7 milioni di tonnellate.

A maggio era arrivata la “fumata bianca” tra i soci di Acciaierie d’Italia e i commissari dell’ex Ilva sull’accordo che prevede lo slittamento al 2024 della salita dello Stato al 60% della società siderurgica (attraverso Invitalia). «È una proroga importante – spiega all’uscita l’a.d. Lucia Morselliperché abbiamo tempo di terminare il Piano ambientale e impostare i prossimi investimenti». La manager conferma l’obiettivo di produzione per il 2022 di 5,7 milioni di tonnellate di acciaio e lancia un messaggio ai sindacati: “I dipendenti dell’ex Ilva avranno una soluzione, che dovremo gestire insieme ad altri attori, come commissari, sindacati e governo“. Come al solito proclami e parole al vento.

“Non bastano le giustificazioni dei vertici aziendali sull’aumento dei costi dell’energia e sulle difficoltà di liquidità per abbandonare siderurgico di Taranto e gli altri siti del gruppo e con essi i lavoratori in amministrazione straordinaria e dell’indotto in balia della crisi in cui versa il gruppo” sostengono Roberto Benaglia e Valerio D’Alò, rispettivamente segretario generale e segretario nazionale della Fim-Cisl. Ma qualcuno dimentica che esistono dei vincoli comunitari che impediscono di finanziare le attività (e perdite) della aziende con finanziamenti che potrebbero venire considerati “aiuti di Stato

il sindacalista Rocco Palombella, leader della UILM

“Il decreto Aiuti bis rischia di essere inutile e tardivo per l’ex Ilva. Se il miliardo di euro previsto dal Governo non dovesse essere facilmente e immediatamente spendibile, ci sarebbero presto, oltre a gravi problemi di liquidità per l’acquisto delle forniture e delle materie prime, ripercussioni occupazionali, sociali e ambientali drammatiche“. dice Rocco Palombella, segretario generale Uilm. Secondo Palombella “ad oggi non c’è ancora molta chiarezza sulle modalità con le quali potranno essere utilizzate queste risorse. Se si trattasse di una ricapitalizzazione i tempi rischiano di essere lunghi perchè è davvero difficile immaginare che il socio di minoranza (lo Stato, di fatto) possa aumentare il capitale sociale senza l’accordo con quello di maggioranza (Arcelor Mittal). Senza chiarezza sul futuro, questi soldi rischiamo di essere bruciati così come accaduto con i 400 milioni precedentemente stanziati da Invitalia“. “Dopo dieci anni dal sequestro dell’area a caldo e dopo 14 decreti cosiddetti Salva Ilva (firmati dai premier Renzi e Gentiloni n.d.r.) e’ assurdo che ancora non sappiamo realmente quale sia il futuro modello di produzione che si vuole mettere in campo”. aggiunge Palombella.

“La decarbonizzazione ad oggi esiste solo a parole – spiega Palombellala fabbrica può essere decarbonizzata con gli impianti in marcia, ma bisogna iniziare a fare i progetti, anche grazie ai fondi del Pnrr. Ma di tutto questo non ce n’e’ traccia. Le industrie siderurgiche sono energivore – aggiunge – e quindi mi chiedo come si possa pensare che Acciaierie d’Italia diventi totalmente elettrica visto il periodo storico in cui i costi di energia e gas sono aumentati a dismisura. Sarebbe economicamente sostenibile?”.

“La priorità dell’intervento dello Stato deve avere come obiettivo primario il rientro al lavoro dei 3 mila dipendenti attualmente in Cig, la salvaguardia occupazione dei 1.700 in Ilva in Amministrazione Straordinaria come previsto dall’accordo del 2018, importanti investimenti sulla sicurezza degli impianti e il pagamento delle aziende dell’indotto – conclude – se questo non avverrà rischiamo una bomba ambientale, sociale e occupazionale senza precedenti”.

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