Nel pomeriggio di martedì 22 febbraio, Francesco Vitale aveva salutato la sua compagna per strada “Amore, un paio di ore e ci risentiamo”, prima di salire in sella a una moto guidata da un uomo. Sono state le sue ultime parole prima del sequestro messo in atto da un “commando” che, su commissione dei narcotrafficanti della Capitale, lo hanno portato in un appartamento al quinto piano della scala D nell’appartamento in via Pescaglia, alla Magliana, per discutere di quel debito da 500mila euro, per convincerlo a recuperare e restituire i soldi in fretta.
Daniele Fabrizio, detto “Fagottino”, il 36enne fermato due giorni fa con l’accusa di sequestro di persona aggravato dalla morte della vittima, è uno spacciatore di medio livello, con precedenti per droga, molto conosciuto proprio negli ambienti malavitosi delle Magliana. Non è un “boss” dello spaccio, e sicuramente avrà agito per conto di terzi.
“Fagottino” interrogato dai Carabinieri, ha negato ogni responsabilità e si è presentato oggi davanti al giudice per la convalida, ma si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere. Gli investigatori sono arrivati a lui grazie a un incrocio di tabulati e celle telefoniche. Il suo cellulare agganciava la stessa cella di quello di Vitale, quando il telefonino del pr barese si è spento per sempre alla Magliana.
L’ipotesi degli inquirenti continua ad essere la stessa: Vitale è stato torturato, picchiato violentemente, al punto da tentare a mezzogiorno una fuga dal balcone con un volo di 15 metri, cadendo dopo aver cercato di aggrapparsi disperatamente ai fili per stendere il bucato, venendo visto precipitare per dodici metri da una testimone. Ma per i pm che indagano Francesco Cascini e Francesco Minisci in ogni caso si è trattato di un errore imperdonabile, anche per i mandanti, che avevano commissionato solo l’operazione di riscossione crediti con i metodi tipici della malavita. E con Vitale morto hanno perso mezzo milione di euro.
Secondo gli inquirenti in quell’appartamento, ci sono state almeno tre persone, oltre alla vittima barese. E il padrone di casa, anche lui indagato, era a conoscenza di quanto stava accadendo là dentro. Adesso sono ricercati altri due uomini: quello che martedì pomeriggio è andato via in moto con martedì pomeriggio e un terzo. Non è escluso che Vitale sia arrivato all’appuntamento con dei soldi per discutere del suo debito e chiedere ancora del tempo per saldare il tutto . Un anticipo rispetto alla somma dovuta, confidando in un po’ di clemenza.
Invece “Ciccio Barbuto, alias Francesco Vitale sarebbe stato picchiato, con un pestaggio che sarebbe andato oltre il dovuto. Adesso a dare la caccia al “commando” di picchiatori ed ai loro ai mandanti, adesso, non sono soltanto i carabinieri del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma, ma anche la criminalità pugliese al quale la famiglia del pr barese sarebbe legata. Suo padre, Domenico Vitale assistito dall’avvocato Pasquale Loseto, che era anche il legale di suo figlio Francesco, era finito a processo per una vecchia storia insieme agli uomini del clan barese dei Velluto.
Sul banco degli imputati sedeva anche “Ciccio Barbuto”, come il pr si faceva chiamare sui social e nelle discoteche campane dove organizzava serata. Ed adesso si teme che possa partire un azione di vendetta della criminalità pugliese per riscattare la morte di Francesco Vitale. E le “antenne” dei Carabinieri si sono alzate anche a Bari.