di Alessandra Monti
Il premier Mario Draghi ammette di aver perso una battaglia sul tetto al prezzo del gas russo ma non considera persa la guerra. Infatti il premier da domani, cioè quando i Sette grandi dell’Occidente si riuniranno fra le montagne della Baviera, ci riproverà con il chiaro intento di vincere le resistenze del padrone di casa del vertice, il cancelliere tedesco Olaf Scholz .
La frattura nei Cinque Stelle con l’uscita di Di Maio e dei 61 parlamentari non lo fa sentire un leader né più forte, né più debole, e precisa: “Il mio mandato è lo stesso di prima” e dedica a domanda precisa, più di un «no» sull’ipotesi di un rimpasto di governo. Draghi come suo stile, resta concentrato su «le cose da fare» che gli permettono di governare da “tecnico”. «Non sono deluso per il mancato sì al tetto» dice.
“Le cose non vengono da sole e, spesso, non vengono subito o così rapidamente come uno pensava dovessero avvenire prima“, ha dichiarato alla fine del vertice. Quando dalle fonti diplomatiche italiane è filtrata nella serata di giovedì, la richiesta di un vertice straordinario in luglio, il premier Draghi in cuor suo era convinto di poter superare le resistenze di Germania e Olanda, auspicando che il taglio delle forniture di metano da parte russa avrebbero convinto Scholz e Mark Rutte a dire “sì” alla sua proposta, e per questo aveva fatto pressione sul francese Emmanuel Macron e sulla presidente tedesca della Commissione Ursula von der Leyen.
Ma tutto questo non è servito . “La posizione della Germania è passata progressivamente nella nostra direzione. Da una obiezione di principio, c’è molta apertura“. L’obiezione che oppongono ancora alla proposta di un tetto “è la paura che la Russia tagli ancora di più le forniture. Ma siamo in una fase in cui in Germania sono già ridotte del cinquanta per cento“. Ma non solo: “Il gas che arriva in Europa via tubi non ha clienti alternativi. Quindi abbiamo un potere di mercato che deve e può essere esercitato attraverso il tetto al prezzo“.
Mario Draghi da parte sua rivendica i risultati del suo impegno internazionale insieme all’ ENI di aver ridotto “dal 40 al 25 per cento” la dipendenza italiana dal gas di Mosca . Un segnale forte e chiaro in quanto se Berlino fosse stata altrettanto determinata come Palazzo Chigi nel diversificare le fonti di approvvigionamento, forse avrebbe avuto il coraggio che le mancato finora.
La questione tornerà sul tavolo del consiglio europeo programmato per il prossimo ottobre, se la situazione non peggiorerà . Draghi invece è assolutamente convinto che il peggio accadrà, e che si renderà necessario un incontro a livello di leader o di ministri . In realtà lo pensano anche a Bruxelles, dove nel frattempo sono cadute le resistenze alla proposta italiana. Proprio ieri la Von der Leyen ha annunciato “un piano europeo comune di riduzione della domanda di emergenza con i partner e l’industria“, che si basa “sul risparmio intelligente” ispirato a un approccio solidale come sperimentato durante la pandemia. Dietro alla vicenda c’è ben altro: un piano di austerity e i prodromi di una sorta di guerra fra poveri per dividersi il sempre meno gas che transiterà nei tubi della rete europea.
L’azzeramento delle forniture russe in questi giorni ha avuto conseguenze minime in Francia solo perché protetta dalla fortissima produzione interna di energia nucleare. Ha ridotto la progressione degli stoccaggi in Italia, li ha fatti invece calare in Germania, che ormai consuma tutto ciò che riceve da Mosca.
Draghi conta sul fatto che il cancelliere tedesco Scholz dovrà affrontare la situazione. Continuerà il suo pressing sin da domani pomeriggio, e tenterà di farsi forte del sostegno di Washington, che per il momento chiede un tetto solo al prezzo del petrolio. Una fonte diplomatica, sotto stretto anonimato, la spiega così: «Per il cancelliere tedesco questo vertice sarà la prova del fuoco della credibilità come successore di Angela Merkel. Il primo a trarre vantaggio da una scelta coraggiosa sul tema del gas sarebbe lui».
Davanti ai sei leader del ritrovato blocco occidentale Draghi insisterà anche su un altro punto: il tetto aiuterebbe a sgonfiare la bolla inflazionistica. «Sin dagli anni Settanta è sempre andata così: gli aumenti di una materia prima finiscono per spargersi sulle altre merci». Nonostante le premesse della vigilia, ieri il blocco dei Paesi nordici non ha messo in difficoltà Christine Lagarde la numero uno della Banca Centrale Europea per il piano contro la speculazione verso i titoli italiani. Ma il forte aumento dei prezzi in Europa sta accelerando l’aumento dei tassi di interesse e rischia di colpire anzitutto i Paesi ad alto debito come l’Italia.
Se la pressione dei prezzi non calerà, l’Unione in autunno si troverà davanti a un pericoloso mix di crescita in calo, inflazione e tassi di interesse in crescita. Un mix che potrebbe avere conseguenze nefaste anche su una trattativa che nel frattempo dovrà interessare tutti i leader europei: quella per la riforma del Patto di stabilità.