Ecco la sentenza della Corte d’appello di Brescia, che ha confermato la condanna al magistrato Pier Camillo Davigo, ormai in pensione, per il caso Loggia Ungheria. La sentenza evidenzia alcune questioni di particolare interesse relative al concorso di persone nel reato, in particolare sul concorso dell’extraneus nel reato di rivelazione di segreto d’ufficio, oltre che sulla natura del delitto.
Piercamillo Davigo secondo la Corte di Appello di Brescia ha “portato a conoscenza di una selezionata platea di destinatari notizie coperte da segreto investigativo attraverso una serie di incontri informali, pur consapevole di gettare una sinistra luce sull’operato della Procura della Repubblica di Milano e sui due colleghi del Csm, dottori Mancinetti e Ardita“. Nelle motivazioni, recentemente depositate, della sentenza con cui, il 7 marzo, ha confermato per l’ex pm di Mani Pulite ed ex consigliere del Csm la condanna ad un anno e 3 mesi, con pena sospesa e non menzione, per la vicenda dei verbali di Piero Amara su una inesistente Loggia Ungheria.
Al centro della vicenda c’erano i verbali su una inesistente loggia resi da Amara tra dicembre 2019 e gennaio 2020 nell’ambito dell’indagine milanese sul cosiddetto falso complotto Eni. Verbali consegnati a Davigo nell’aprile successivo dal pm di Milano Paolo Storari (assolto in via definitiva) per autotutelarsi di fronte, a suo dire, ad una presunta inerzia dei vertici del suo ufficio. I giudici d’appello spiegano che “non è compito di questa Corte comprendere la ragione” per cui Davigo abbia agito in quel modo, anche perché il movente per il reato di rivelazione è “irrilevante“.
davigo-sentenza-appello-1La sentenza, nel confermare la pronuncia di condanna del primo grado, ha rigettato l’appello di Davigo richiamandosi a noti arresti del giudice di legittimità (su tutti: Cass. pen., Sez. VI, Sent., (data ud. 17/04/2018) 23/07/2018, n. 34928) e alla natura (di pericolo) del delitto contestato. Piercamillo Davigo, con l’avvocato Davide Steccanella, ha annunciato che presenterà ricorso in Cassazione contro la condanna.
Sulla prima questione la sentenza affronta le critiche dell’appellante, il quale ritiene post factum non punibile la condotta dell’extraneus, essendosi il delitto (già) consumato al momento della (prima) rivelazione da parte dell‘intraneus. L’appellante Davigo , poi, osserva come non sia indifferente alla posizione dell’extraneus l’assoluzione dell’intraneus per mancanza dell’elemento soggettivo.
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