ROMA – Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, nella circolare (n. 3225/17) diramata il 2 ottobre scorso agli oltre cento pm del suo ufficio, che ogni anno gestisce oltre 350mila notizie di reato, ha indicato che l’iscrizione sul registro degli indagati non può essere un semplice «atto dovuto», ma bensì deve essere il risultato di indagini puntuali e complete. In quanto “procedere a iscrizioni non necessarie è tanto inappropriato quanto omettere le iscrizioni dovute. Questa considerazione porta anzitutto ad escludere che l’iscrizione di un nominativo rappresenti atto dovuto – si legge nel documento – con riferimento al soggetto cui il privato o la polizia giudiziaria attribuiscono il reato nella denuncia o nella querela“.
Per il procuratore, infatti, l’automatismo tra una denuncia e l’iscrizione è “un’errata conclusione, che talora si riscontra nella prassi. È frutto di una interpretazione impropria dell’articolo 335 del Codice di procedura penale, cioè della norma che impone l’immediata iscrizione di colui al quale il fatto è attribuito”.
Il procuratore capo Pignatone ha invitato i magistrati romani ad evitare una “lettura meccanica” delle norme sulle notizie di reato e l’iscrizione nel registro degli indagati, rispondendo solo alla logica dell’“atto dovuto”. L’iscrizione, infatti, secondo Pignatone deve sempre essere “supportata da elementi indizianti di carattere specifico“.
Questa dovuta specifica responsabilità ha evidentemente indotto il procuratore capo, come già aveva fatto precedentemente in materia di intercettazioni, a precisare una serie di passaggi necessari ad evitare le erronee interpretazioni sull’”atto dovuto” puntualmente accadute usualmente che hanno determinato degli erronei effetti mediatici altrettanto distorti, che la riforma rischia di moltiplicare. Adesso bisognerà verificare se la Procura di Roma farà da apripista, come per le intercettazioni, e sarà seguita da altre procure dando luogo finalmente e sopratutto correttamente ad una “buona prassi”.
La circolare era rimasta “riservata” agli uffici della procura romana in piazzale Clodio, sino a quanto ne ha parlato ieri un articolo pubblicato dalla rivista di Magistratura Democratica , che ne analizzato i contenuti e spiega come si tratti del primo documento su questo tema, dopo che nei mesi scorsi il capo della procura di Roma ne aveva diffuso uno analogo in tema di intercettazioni.
circolare_della_Procura_di_Roma_n_3225_17Il documento firmato dal procuratore capo di Roma, risponde alle disposizioni contenute nella riforma penale varata dal Parlamento e in vigore da agosto. Ma quella di Roma è la prima procura a dare concreta attuazione alla legge. Se è vero, scrive in premessa Pignatone, che deve essere “assolutamente tempestiva” l’iscrizione al registro degli indagati , sopratutto per una procura come quella della Capitale tenuta a “vagliare, ogni anno, oltre 350.000 notizie di reato“.
Nella circolare si evidenzia che se è vero che l’iscrizione in un procedimento ha di per sé funzione di garanzia, “non può essere trascurato che la condizione di indagato è connotata altresì da aspetti innegabilmente negativi con effetti pregiudizievoli non indifferenti sia sul piano professionale che di reputazione“. Considerazioni queste che “impongono di abbandonare una concezione formalistica imperniata sull’approccio ispirato a una sorta di favor iscritionis, criterio non formalizzato ed estraneo al sistema”.
L’interpretazione del capo della procura di Roma, sebbene radicata sulla nuova legge, fa chiarezza su anni ed anni di interpretazioni ambigue. “Procedere a iscrizioni non necessarie è tanto inappropriato quanto omettere le iscrizioni dovute“, sostiene il procuratore nella sua circolare, quindi non è vero che i pm debbano considerare atto dovuto mettere “il soggetto cui il privato o la Polizia Giudiziaria attribuiscono il reato nella denuncia o nella querela” sul registro degli indagati .
Questa è in realtà secondo Pignatone “una errata conclusione, che talora si riscontra nella prassi. Siffatta lettura meccanica della previsione normativa contrasta con le indicazioni della Corte di Cassazione e ancor più con il sistema in quanto finisce per attribuire impropriamente alla Polizia giudiziaria – o, addirittura, al privato denunciante – il potere di disporre delle iscrizioni a mod. 21″, cioè relative a notizie di reato contro noti. “Potere che, viceversa, – conclude il procuratore – non può che essere esclusivo del pubblico ministero ed al cui ponderato esercizio questo ufficio non intende sottrarsi”.