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22 Dicembre 2024 13:10

Il Sì di Eugenio Scalfari al referendum

"Rischio di marciare al buio verso il nulla solo per far fuori Renzi. Ma non è più questo il problema"

Eugenio Scalfari vota SI. In vista del voto di domenica sul referendum costituzionale, il fondatore della Repubblica spiega sul quotidiano che ha fondato perché sostenere le riforme volute dal Governo di Matteo Renzi e varate dal Parlamento.

Un elemento su cui Scalfari fonda il suo ragionamento riguarda “l’esercito del No“.

Segnalo “L‘Amaca“ di Michele Serra sul numero di martedì scorso del nostro giornale, che è un vero capolavoro di ironia politica. Ricorda ai democratici di avanguardia che voteranno No di essere talmente d’avanguardia da aver perso di vista il grosso dell’esercito del No composto da quanto avanza del berlusconismo, dalla Lega ormai sulle posizioni nazionaliste e xenofobe dei populismi europei e infine il grosso di quell’esercito formato dai grillini 5 stellati. Questo è l’esercito del No. Caro Zagrebelsky, sei con una pessima compagnia e dovresti forse riflettere un momento, anche se so che non lo farai.

Scalfari evidenzia l’importante annuncio di Romano Prodi per il Sì, quel Prodi che diede vita al Governo “migliore degli ultimi 25 anni”, che portò l’Italia nell’euro, parole che vengono dopo quelle del suo fedelissimo Arturo Parisi.

“È una decisione estremamente importante venendo da una delle personalità più autorevoli della nostra Repubblica e della nostra democrazia. Anche Parisi spiega per quale motivo, sia pure con rabbia, voterà . Merita d’esser ricordato. Illustra le ragioni pro e contro che dentro di lui si equivalgono ma c’è poi una ragione politica che determina il suo , in mancanza del quale rischia di affondare l’Italia e viene inferta una grave ferita anche all’Europa” 

Il fondatore della Repubblica si rivolge a chi vota No, ricordando il Manifesto di Ventotene.

“La bandiera di Ventotene la porterete tra la gente di Brunetta, di Salvini e di Grillo? Ci avete pensato e avete deciso di chiudere gli occhi e di marciare al buio verso il nulla con l’unica intenzione di mandare Renzi in soffitta? Ormai non è più questo il problema. Personalmente sono stato e tuttora sono molto critico su alcuni aspetti di Renzi e l’ho scritto infinite volte ma, lo ripeto, il problema non è più questo”.

 Il problema è il futuro politico dell’Italia, che sarà nelle mani di Sergio Mattarella.

Renzi ha legato al risultato referendario il suo destino politico. Questo è un errore, non va affatto bene e l’ha detto anche, con altre parole ma con questo stesso significato il Presidente Sergio Mattarella. Sostenere una riforma desiderata è legittimo, trasformarla in un’ordalia non va affatto bene. Ma ormai è tardi per correggere l’errore. La politica è sempre molto complessa, sicché potrebbe anche darsi che Renzi sapesse di commettere un errore ma volesse farlo. Perché? Perché se vincessero i Sì lui ne uscirebbe rafforzato, ma se perdessero lui potrebbe usare la sconfitta per anticipare le elezioni all’inizio dell’anno prossimo, convinto che comunque le vincerà. È un calcolo politico come un altro. Attenzione però: a Waterloo Napoleone era sicuro di vincere perché a metà della battaglia sarebbe arrivato sul fianco destro del fronte il generale Grouchy con le truppe di rinforzo. Invece arrivò il feldmaresciallo tedesco Blücher che prese Napoleone alle spalle e la battaglia finì con la ben nota storica sconfitta. Comunque questa volta non spetta a Renzi decidere ma al Presidente Mattarella per il quale, come del resto è ampiamente previsto dalla prassi costituzionale, se perdono o se vincono i Sì o i No, l’esito del referendum non ha alcuna conseguenza politica sul governo in carica. Mattarella in questi giorni l’ha detto più volte: dal 5 dicembre Renzi sarà a rapporto dal Capo dello Stato per elencare i problemi che si pongono con la massima urgenza nel campo economico e finanziario, sul terreno europeo ed anche sulla legge elettorale che dovrà essere comunque riscritta. Da lavorare ce n’è un bel po’, bisogna farlo rapidamente e bene in Italia e in Europa”.

C’è da fare la legge elettorale.

“Niente più preferenze, niente più ballottaggio tra i primi due partiti, voto nei collegi, ballottaggio non più tra liste uniche ma tra coalizioni effettuate dopo il primo voto, sistema di voto proporzionale. Questi sono i capisaldi. La natura della coalizione è un tema politicamente essenziale. Un partito nato come centro-sinistra deve mantenere e addirittura rinforzare questa sua natura; soltanto se questa operazione viene effettuata in modo significativo, allora si possono cercare anche appoggi e fiancheggiamenti nell’ambito di forze moderate”. 

C’è da rinsaldare la politica economica.

“I punti di riferimento sono Draghi, la politica degli investimenti, la gestione del debito pubblico e la crescita sorretta da una visione keynesiana entro i limiti delle regole europee”.

Quindi c’è da rilanciare la politica europea.

“La bandiera di Ventotene va alzata e perseguita al massimo perché è indispensabile in una società globale che sta unificando il mondo con rapporti tra i vari Stati continentali. Questa politica comporta una lotta contro i nazionalismi, i populismi xenofobi, il capitalismo quando è un elemento dell’egoismo economico. Il capitale è una forza fondamentale della storia moderna e può essere una forza positiva o sfruttatrice. Lo dimostrò Marx alla metà dell’Ottocento: riconosceva la forza positiva del capitalismo che era in quel momento il motore della rivoluzione industriale e al tempo stesso delle libertà borghesi, premessa della rivoluzione proletaria. Ecco perché l’Europa federalista è indispensabile e deve essere il principale obiettivo della sinistra moderna”.

 
 
 
 
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