ROMA – Due anni fa Ippazio Stefàno, mentre si preparava al turno di ballottaggio che vide rieletto sindaco di Taranto per la seconda volta consecutivamente disse “Mi hanno minacciato di morte, per questo porto la pistola” affermazioni proferite a seguito delle polemiche che scaturirono dalla pubblicazione della fotografia che lo ritrasse festeggiante con i suoi collaboratori e sostenitori del comitato elettorale della “Sinistra democratica per Stefàno“ di via Principe Amedeo, il movimento elettorale che con i suoi voti consentì alla sinistra di conquistare Palazzo di Città, nella vittoria al ballottaggio contro Mario Cito.
Il comitato adesso è chiuso e la “Sinistra democratica per Stefàno” sembra essersi definitivamente staccata dalla precedente vicinanza politica con Nichi Vendola, ed avvicinata sempre di più a Michele Emiliano, attuale segretario regionale del Pd, ed attuale candidato “forte” della sinistra alle prossime elezioni regionali pugliesi del 2015.
Ma si sa, le foto restano, e quella con la pistola – come racconta oggi La Gazzetta del Mezzogiorno – è costata a Stefàno, l’ipotesi di reato che regolamenta l’utilizzo del porto d’armi nelle pubbliche riunioni a chi è stata rilasciata di licenza. Secondo la contestazione formulatagli dal procuratore capo Franco Sebastio, firmatario dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (ex art.415 bis del Codice di Proceduta Penale), per aver partecipato avendo con se la pistola, alla riunione-festa svoltasi il 22 maggio del 2012 nel circolo “Sinistra democratica per Stefàno” . Secondo la Procura, Stefàno non avrebbe potuto e dovuto, pur dotato di regolare porto d’armi, avere con se l’arma.
.Il reato contestato, è di fatto una contravvenzione con l’ammenda da 103,29 a 413,17 euro, e le norme di legge sul porto d’ armi prevedono in tal caso una condanna da 4 a 18 mesi. Stefàno a suo tempo, e cioè due anni fa, rimase esterefatto dalla risonanza mediatica generata dalla pubblicazione delle foto che lo ritraevano con la pistola alla cintola mentre festeggiava con amici e simpatizzanti e persino alleati ( a suo tempo…) come il sen. Michele Pellilo, camminando per via Principe Amedeo prima di entrare nel comitato elettorale della “Sinistra democratica per Stefàno“, rese pubblico di aver ricevuto delle minacce serie : «Giro armato da trent’anni. E da quando sono sindaco che ricevo minacce molto pesanti. Ho rifiutato la scorta e per questo porto con me la pistola. Ho scelto, infatti, di difendermi da solo e di tutelare la mia vita. Prima delle elezioni ho ricevuto lettere minatorie affinché ritirassi la mia candidatura. Non mi sono arreso ai delinquenti e sono andato avanti per la mia città».
In quell’occasione Stefàno, rispondendo alle domande incalzanti di Fabio Venere giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno aggiunse : “Non ho informato neppure la mia famiglia di queste minacce. Ho rifiutato la scorta perché non volevo che i giovani ragazzi della Polizia rischiassero per me. Neppure un graffio vorrei che, eventualmente, avessero per colpa mia. Non ho voluto strumentalizzare questa vicenda prima del voto perché – disse ancora Stefàno – non sono un cabarettista. Ho ricevuto lettere, di cui ho denunciato il contenuto alle Forze di Polizia, abbastanza circostanziate sull’ubicazione della mia abitazione e sui miei abituali orari”.
La giustificazione-spiegazione del sindaco di Taranto si fece più precisa e Stefàno aggiunse: “Ho ricevuto lettera di morte per me e la mia famiglia. Sono stato minacciato, anche di recente perché rinunciassi a correre per la riconferma a sindaco, ma non mi sono fatto intimorire. Io non ho mai fatto del male a nessuno. Né ho mai inteso farlo. Ma avendo rinunciato alla scorta, avrò almeno il diritto di difendermi”.
Stefàno a dire il vero non era nuovo a questo genere di polemiche. Infatti come ricorda e scrive oggi la Gazzetta del Mezzogiorno , “nel 2008, fu l’ex questore di Taranto ed ex consigliere comunale del centrodestra, Eugenio Introcaso (scomparso prematuramente), a denunciare che il sindaco di Taranto, pur portando con sé una pistola, le aveva però tolte ai Vigili urbani. In quell’occasione, in particolare, Stefàno tolse provvisoriamente le armi in dotazione alla Polizia municipale perché gli agenti, da quattro anni, non erano più sottoposti alle visite mediche obbligatorie per legge per il rilascio della pistola d’ordinanza. Poi, le visite vennero effettuate, le pistole riconsegnate e il caso si chiuse. Sino poi a riesplodere, nel maggio del 2012, con i social network, i siti, i blog pronti a definirlo «sindaco pistolero».
Adesso con la chiusura delle indagini del procuratore capo Franco Sebastio durate appena…due anni , Stefàno potrà leggere tutti gli atti, iniziando dalla relazione redatta dagli agenti della Digos, e potrà così fornire la sua versione dei fatti al Gip, ed evitare un processo, che secondo noi sarebbe ingiusto, inutile e sopratutto ridicolo.