di Claudio Marinaccio
Sappiamo tutti (o quasi) com’è finita la finale del Mondiale di Volley. L’Italia ha perso una bellissima finale contro la Serbia. Un sogno svanito e assaporato ogni volta che si faceva un punto. E potremo parlare per ore e ore dei gesti tecnici, degli scambi incredibili che ci sono stati, delle schiacciate a quasi 100 km/h che piegano le dita, dei muri solidi come fortezze inespugnabili, dei bagher che salvano situazioni che sembravano compromesse. E molte altre cose meravigliose.
Eppure in mezzo a tutto questo c’è stato qualcosa che andava oltre le giocate, oltre alle caratteristiche tecniche che uniscono fatica e talento. Era un sorriso. Il sorriso di Paola Egonu che è riuscito a far sembrare tutto divertente scacciando la tensione di una partita in cui l’emozione camminava sulle uova e il rischio di infarto per le emozioni era dietro l’angolo.
Il sorriso di chi si sta godendo un momento unico, qualcosa che alcuni atleti non riusciranno mai a provare e che – a vent’anni- può essere già considerato un dono. E come tale va apprezzato, goduto e vissuto con il sorriso di chi si è spaccata la schiena con allenamenti quotidiani e rinunce ma che ama quello che sta facendo.
Un sorriso bello come un po’ di sole d’inverno. Quello che ti fa ricordare che le cose belle – a volte – sono così piccole e semplici da essere dimenticate. La nazionale femminile di pallavolo è riuscita a unire l’Italia in un momento storico in cui le divisioni sembrano essere sempre muri alti come quelli visti sotto rete. Il sorriso di Paola Egonu è una sorta di bandiera da mostrare come un vessillo, con orgoglio. È una delle (belle) facce della nostra Italia che sogna, fa bene e riesce persino a divertirsi.