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3 Luglio 2024 07:57
3 Luglio 2024 07:57

Il Tar del Lazio accoglie il ricorso e restituisce la scorta al Colonnello De Caprio, noto come “Capitano Ultimo”

Il colonnello che catturò Riina si era rivolto al tribunale amministrativo contro il ministero dell'Interno per la revoca della misura di protezione disposta il 3 settembre scorso "per mancanza di segnali di concreto pericolo". Ieri un'auto è stata data alle fiamme all'ingresso della sua casa famiglia, oggi commenta: "Tar coraggioso, massimo disprezzo per chi non ha fatto nulla"

ROMA – Il colonnello Sergio De Caprio meglio noto come Capitano Ultimo , l’ufficiale dei Carabinieri del ROS che arrestò Totò Riina, riavrà la sua scorta. Lo ha deciso il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso presentato da De Caprio contro il Ministero dell’Interno e annullando, previa sospensiva, tutti gli atti relativi alla revoca della misura di protezione, disposta il 3 settembre scorso per “mancanza di segnali di concreto pericolo“. Il ricorso verrà discusso nel merito l’11 giugno prossimo.

 

La decisione del tribunale amministrativo è arrivato il giorno dopo il caso dell’auto bruciata proprio all’ingresso della falconeria della casa famiglia gestita dall’Associazione Volontari Capitano Ultimo. “Un avvertimento? Questo sicuramente lo valuteranno il prefetto di Roma, Paola Basilone, e gli esperti dell’Ucis  l’ufficio interforze del Ministero dell’ Interno, che assegna le scorte alle personalità a rischio, che sanno leggere molto bene i segnali concreti di pericolo“, aveva commentato De Caprio, riferendosi implicitamente proprio alla revoca della sua scorta.

“Oggi con coraggio il Tar di Roma ha arginato l’illegittima prevaricazione che alcuni funzionari della sicurezza pubblica hanno esercitato contro il diritto alla vita, alla sicurezza ed alla difesa di un cittadino e di un carabiniere”. Così il Capitano Ultimo – aggiungendo “disprezzo” per chi non ha fatto nulla” ha commentato  De Caprio all’Ansa, tramite il suo avvocato Antonino Galletti, la decisione del Tar di ridargli la scorta.
I giudici hanno ritenuto finalmente che l’uomo e la sua sicurezza prevalgono sulla burocrazia“, aggiunge Ultimo. Che prosegue: “verso tutti quelli che in questa vicenda, pur avendone la possibilità, non hanno fatto e non fanno nulla, va il massimo disprezzo dell’uomo e del carabiniere”. L’avvocato Galletti, ribadisce dal canto suo, “fiducia nella magistratura amministrativa e nel suo ruolo insostituibile come presidio di legalità e giustizia”.

Il Tar ha quindi sospeso l’efficacia di tutti gli atti riguardanti la revoca della scorta al colonnello, compreso il provvedimento con cui è stata rigettata la domanda fatta dall’ufficiale al prefetto di accesso agli atti. Secondo i giudici del Tar, “si ravvisano i presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare, dovendosi assegnare preminenza, allo stato, nel bilanciamento degli opposti interessi, al mantenimento del dispositivo di tutela in favore” del Capitano Ultimo  “nelle more della decisione sul merito del ricorso”.

Il Colonnello Sergio De Caprio è attualmente in servizio presso il Reparto biodiversità e parchi del Comando Carabinieri Forestali . Dopo una lunga carriera nel Ros e la cattura del boss di Cosa Nostra, infatti, “Ultimo” aveva ottenuto la promozione a colonnello e la nomina a vicecomandante del Noe il nucleo ecologico dell’ Arma, al cui vertice aveva coordinato numerosissime indagini: da quella sugli investimenti della Lega Nord in Tanzania, a Finmeccanica, dall’arresto di Luigi Bisignani a quella sulla P4 fino all’indagine sulla Cpl Concordia.

Inchieste in cui comparivano anche le intercettazioni tra Matteo Renzi il generale della Guardia di Finanza, Michele Adinolfi, nella quale l’allora leader del Pd svelava l’intenzione di spodestare Enrico Letta da Palazzo Chigi. Nell’agosto del 2015, però, una disposizione firmata dal generale Tullio Del Sette (indagato in Consip) aveva sospeso “Ultimo” dalle funzioni di polizia giudiziaria che quindi non poteva più svolgere indagini. Il Noe era stato il primo a indagare sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione su delega della procura di Napoli, che aveva aperto l’inchiesta sull’imprenditore Alfredo Romeo.

Ancora una volta lo Stato contro lo Stato.

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