Come annunciato ieri dal Corriere del Giorno, il governo Renzi in tema di immigrazione, in relazione alla gestione dei flussi in arrivo probabilmente dalla Libia, ha predisposto un piano strategico che vede il porto di Taranto, come il primo «contatto» tra i migranti e l’Europa. Il viceministro Filippo Bubbico ha espresso la propria tranquillità dichiarando di non temere ripercussioni sulla sicurezza in città ed ha precisato che l’area di arrivo degli eventuali profughi nello scalo ionico sarà ben protetta e vigilata. Infatti, non a caso le caratteristiche che sono state richieste dal Ministero dell’ Interno all’Autorità portuale e alla Capitaneria di porto di Taranto sono proprio relative ad un’area completamente isolata. Peraltro l’hub pugliese per l’identificazione di 500 persone che avranno una permanenza non superiore a 72 ore non sarà l’unico.
Bubbico ha spiegato che il porto di Taranto è stato scelto “perché geograficamente è meglio predisposto, non ci sono altre ragioni. E voglio rassicurare tutti che resteranno a Taranto solo un numero limitatissimo di ore. Sulla sicurezza abbiamo dato disposizioni precise sulla scelta dell’area che dovrà essere completamente isolata. I migranti non verranno in contatto con la città: via mare arriveranno nell’hub, qui saranno identificati e valutate eventuali richieste di asilo politico. Poi saranno trasferiti in altre regioni”. In merito alla possibile reazione della città di Taranto, già sottoposta a non poche pressioni di natura sociale ed ambientale , il vice ministro all’ Interno ha detto “precisiamo subito che il nostro primo obiettivo è quello di identificarli e valutare lo stato di asilo prima ancora che giungano in acquee europee. Questo meccanismo di identificazione sarà utilizzato con tutti i barconi su cui sarà possibile intervenire. Questa è una decisione che riguarda non solo l’Italia ma l’Europa. Poi, vista la gravità della situazione in Libia, il nostro Paese ha il dovere di valutare anche una gestione dei flussi che dovremo necessariamente far arrivare sulle nostre coste. Sia chiaro che non vogliamo penalizzare nessuno, infatti ci sarà un centro in ogni regione. Abbiamo bisogno di fare questa scelta per garantire un’accoglienza a quelle popolazioni. Poi, in base alle loro caratteristiche, da Taranto li sposteremo nel resto d’Italia”. Quindi nessun problema di sicurezza od invasione di altri extracomunitari per la città di Taranto. Come la città al collasso economico spera e si augura.
Perplessi invece alcuni rappresentanti locali di organizzazioni umanitarie intervistati oggi dal Corriere del Mezzogiorno (l’inserto pugliese al Corriere della Sera n.d.r. ). “Noi siamo pronti per quanto di nostra competenza – dice Domenico Amalfitano, presidente del comitato provinciale della Croce Rossa – ma ho qualche dubbio che il soggiorno si limiti a tre giorni. Occorre una seria organizzazione per disciplinare il flusso in arrivo e partenza dei migranti e mantenere il ritmo. La Croce Rossa, in ogni caso, è pronta a dare il suo contributo anche perché Taranto è diventata sede del nucleo di sanità pubblica, mediante una convenzione con il ministero della Salute, che non significa solo assistenza sanitaria a chi arriva dall’Africa ma anche presenza specializzata per la tutela della salute dei cittadini rispetto al fenomeno dell’immigrazione”.
Molto perplesso e scettico invece don Nino Borsci, responsabile della Caritas. “Speriamo che l’ Isis non si sposti a Taranto“. Una preoccupazione, ironica ma seria, di un parroco in prima linea nell’accoglienza dei migranti. “Non conosciamo ancora i dettagli di questa operazione ma io sono scettico. Sono naturalmente favorevole all’accoglienza di chi scappa da guerre e miseria – dice – ma non credo che tutto possa ricadere solo sulle spalle di Taranto che è una città non certamente ricca, nella quale non c’è un grande benessere e molti sono i disagi sociali. Abbiamo già tante difficoltà, ne abbiamo avute con la precedente ondata di migranti e ora si profila l’ipotesi di diventare il primo e principale centro di riconoscimento e smistamento d’Italia per il quale bisogna essere certi di avere strutture adeguate all’ospitalità dopo lo svuotamento dell’hub. A Taranto ci sono ancora persone che dovevano rimanere al massimo due tre mesi e sono qui dal giugno scorso”. A questo riguardo aggiunge che, al contrario, “occorre aumentare i centri di accoglienza per alleggerire l’impegno di chi è vicino ai punti di sbarco. Io spero che, se sarà realizzato l’hub, non crei ulteriori problemi al nostro già complicato lavoro di gestione dei migranti rimasti e dei nuovi che arriveranno”.
Ieri in Prefettura si è svolta una riunione delle varie associazioni impegnate nell’accoglienza per fare il punto alla vigilia degli annunciati nuovi sbarchi in Italia di decine di migliaia di persone in arrivo dalle coste dell’Africa. “Mi domando, inoltre – aggiunge don Nino Borsci – se questa iniziativa non finirà per compromettere le speranze di rilancio del porto di Taranto ora che i primi cantieri si stanno aprendo“.
Ad essere a dir poco perplessa è anche Simona Fernandez, dell’ organizzazione Salam che gestisce una serie di strutture di accoglienza e dice “Io credo che Taranto sia in grado di gestire e di smistare 500 persone ogni tre giorni ma è tutto ancora da costruire. Non solo la struttura sede delle operazioni e dell’ospitalità temporanea, ma soprattutto il retroterra organizzativo per i successivi smistamenti. Servirà il coinvolgimento e il lavoro di figure specialistiche in grado di operare, tra l’altro, in un’area portuale con la presenza di militari e occorrerà certamente la disponibilità di posti in altri centri nei quali trasferire i temporanei ospiti di Tarantini altrimenti la permanenza durerà oltre i tre giorni previsti con pericolosi ingolfamenti” che conclude “La scelta è dettata – spiega – probabilmente dalla necessità di intensificare i controlli di quanti arrivano dalla Libia in un periodo in cui il rischio terrorismo aumenta. Le maglie devono diventare più strette e le operazioni di identificazione hanno una forte valenza legata alla sicurezza”.