Ieri dal palco della festa nazionale dell’Unità a Bologna, il premier Renzi non ha fatto il . nome ma l’imprenditore che ha incontrato sabato mattina a Firenze in Prefettura è Sajjan Jindal, presidente della multinazionale indiana Jsw Steel . In realtà, la circostanza che gli impianti siderurgici di Taranto erano sott’osservazione anche da parte di Jindal era già nota sin dallo scorso mese e cioè quando l’ Arcelor Mittal, il gruppo franco indiano in trattativa per l’acquisizione dell’ ILVA di Taranto, aveva “ufficializzato” il suo interesse .
Successivamente il commissario dell’ ILVA, Piero Gnudi, incontrando nei giorni scorsi a Milano alle banche per sbloccare il prestito da 250 milioni all’azienda, ha confermato queste trattative ed , infine, proprio ieri è arrivata anche la conferma per voce del premier Renzi. Quindi la Arcelor Mittal e la Jindal sono entrambe interessate quindi all’ ILVA. Ma non sono i soli in quanto il commissario Gnudi ha riferito alle banche, senza però ufficializzarne l’identità , che vi è anche un terzo gruppo interessato, che i sindacati avrebbero individuano in un gruppo industriale arabo.
Poter prevedere oggi, con chi si chiuderanno le trattative in corso che il commissario Gnudi definirà nei prossimi mesi è un azzardo. Al momento infatti, l’unica certezza esistente è che i gruppi Arcelor Mittal e Jindal attualmente hanno già avuto accesso alle informazioni necessarie sull ‘ ILVA attraverso una “data room” virtuale realizzata appositamente dall ILVA in modo da consentire ai potenziali acquirenti di poter avere un’idea dell’azienda chiara e certa, e poter quindi decidere di compiere eventualmente lo step successivo, e cioè formalizzare la propria l’offerta di acquisto.
Arcelor Mittal, negli scorsi mesi di giugno e luglio ha spedito i suoi emissari a Taranto per due volte, attualmente è più avanti rispetto ai concorrenti nella valutazione dello stabilimento siderurgico di Taranto, avendo manifestato per primi il proprio interesse ed essendosi impegnata a depositare al commissario Gnudi entro la fine di settembre il proprio piano industriale. La Arcelor Mittal inoltre ha sempre e solo manifestato il proprio interesse sull’ ILVA mentre le attenzioni dei concorrenti della Jsw Steel, attualmente è focalizzata essenzialmente sull’acquisizione della Lucchini di Piombino che èstata il reale motivo dell’incontro avvenuto tra lo stesso imprenditore indiano Jindal ed il premier Renzi a Firenze.
Mentre in un primo momento Jindal era interessato esclusivamente all’all’area a freddo del laminatoio di Piombino, adesso ora sarebbe intennzionato a produrre anche acciaio e quindi al conseguente ripristino dell’area a caldo. Jindal pensa al preridotto di ferro, una tecnologia alternativa di produzione che avevano iniziato a sperimentare a Taranto Enrico Bondi il precedente commissario dell’ ILVA ed il sub commissario Edo Ronchi, quando erano in carica.
Il preridotto infatti elimina dal ciclo l’agglomerato di minerali e il coke delle cokerie, e quindi due passaggi produttivi dell’acciaio, molto importanti sotto il profilo della tutela ambientale. Bondi e Ronchi pensavano che questa potesse essere la soluzione e prospettiva ideale per Taranto, e questa operazione doveva avvenire gradualmente e con una serie di investimenti pianificati sino al 2020, in quanto solo in questa maniera si sarebbe potuto produrre in modo ecologico e quindi “pulito” l’ acciaio .
Ma Claudio Riva, esponente della famiglia attualmente proprietaria dell’ ILVA, ha sparato a zero contro il progetto dei commissari, ed il braccio “armato” della famiglia Riva , cioè la Federacciai ha amplificato questa posizione attaccando l’accoppiata Bondi-Ronchi. Conseguentemente il Governo Renzi, e per la precisione il ministro Federica Guidi, ha valutato essere troppo oneroso il piano Bondi-Ronchi che prevedeva 4 miliardi tra investimenti industriali e ambientali sino al 2020, nonostante del “preridotto” si parla persino nel piano ambientale approvato dallo stesso Governo Renzi, e tutto si è bloccato.
Adesso se persino gli indiani della Jsw Steel lo rilanciano, allora vuol dire che nel mondo ci sono dei consolidati produttori di acciaio che ritengono che si possa produrre anche a basso impatto ambientale. E che probabilmente Bondi e Ronchi avevano visto bene. Non è dato sapere invece le esperienze di Claudio Riva in quanto come noto a prendere le decisioni sull’azienda di famiglia è sempre stato il “vecchio” Emilio Riva recentemente deceduto. E spesso gli eredi non sono mai competenti quanto i propri predecessori.