(ADGNEWS24) LaLa quarta sezione della Corte d’Appello di Milano ha confermato la condanna a 6 anni e mezzo di carcere per Fabio Riva, accusato di associazione per delinquere e truffa, figlio dell’ex patron (deceduto) dell’ ILVA Emilio Riva , per la vicenda della presunta truffa ai danni dello Stato da circa 100 milioni.I giudici hanno confermato anche le condanne per gli altri imputati: cinque anni per Alfredo Lo Monaco, amministratore della società svizzera Eufintrade S.A. , e tre anni per Agostino Alberti, un’ ex dirigente del gruppo ILVA. Confermata la multa da 1,5 milioni di euro per la RIVA FIRE, la confisca complessiva di 90,8 milioni di euro e una provvisionale da 15 milioni di euro da versarea favore del Ministero dello Sviluppo Economico, parte civile nel procedimento. Le motivazioni saranno rese note entro 90 giorni.
“Faremo ricorso in Cassazione” ha preannunciato l’avvocato Carlo Paliero, difensore della società imputata per la legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti, aggiungendo che a suo parere ” la società Riva Fire non doveva essere coinvolta” nel processo per associazione per delinquere e truffa concluso oggi in secondo grado con la sentenza della Corte di Appello.
Il processo in questione è relativo ad una presunta truffa commessa ai danni dello Stato per una somma vicina a 100 milioni di euro, che sarebbe stata effettuata attraverso la richiesta ed ottenimento di contributi pubblici, erogati dalla Simest società pubblica controllata dalla Cassa depositi e prestiti per il sostegno alle imprese italiane che esportano all’estero. Secondo il teorema probatorio dalla Procura di Milano, il gruppo industriale della famiglia Riva avrebbe incassato contributi pubblici illegittimamente, attraverso la frapposizione a ILVA spa in una serie di operazioni una società svizzera del gruppo, l’ ILVA S.A. . In tale maniera sarebbe stata raggirata la legge Ossola, che prevede che a fronte di dilazioni di pagamento tra i 2 e i 5 anni da parte di acquirenti esteri, le imprese italiane possano accedere a contributi erogati dalla Simest.
Per l’accusa, l’ ILVA spa non avrebbe avuto quindi diritto a questo tipo di sostegno, data la natura dei pagamenti ricevuti, e quindi è stata interposta in molte operazioni l’ ILVA S.A., la quale, nonostante non avesse alcun ruolo operativo o produttivo, risultava l’acquirente dei prodotti dell’ILVA e la società che aveva effettuato i contratti con gli acquirenti esteri. ILVA S.A. emetteva delle cambiali internazionali (promissory notes)nei confronti di ILVA spa che con l’interposizione della società svizzera Eeufintrade, consentivano all’ ILVA spa di avere i requisiti per ottenere i contributi pubblici, nel momento in cui la società ILVA S.A. , che faceva parte dello stesso gruppo, incassava quindi i pagamenti dall’estero senza ritardi o dilazioni.