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5 Novembre 2024 09:18

Ilva. Continua la “farsa” ArcelorMittal-Governo

Il Gruppo franco-indiano chiede altra cassa integrazione Covid. I lavoratori protestano per l'assenza di un piano industriale reale ed avanza l'incubo della chiusura. Il Governo Conte bis minaccia di alzare la penale. Nelle prossime ore gli operai preparano proteste e blocchi stradali.

ROMA – Arcelor Mittal vuole altra cassa integrazione per i dipendenti ma gli operai degli stabilimenti di Taranto e Genova protestano e si preparano a scendono in strada. L’assenza di un vero piano industriale, degno di essere chiamato tale, ed il Coronavirus rischiano di far esplodere una situazione già traballante prima della pandemia.

Al possibile ricorso alla cassa integrazione straordinaria il Governo risponde con la minaccia di aumentare da 500 milioni a 1 miliardo la penale nel caso in cui Arcelor Mittal decidesse dire addio a Taranto, ipotesi che di giorno in giorno diventa sempre più vicina.

Lunedì prossimo è previsto al Mise un tavolo su quella che è, da un anno ormai, un’insidia del Governo giallorosso. Lo scorso 4 marzo era stato definito un accordo, nel quale era stata concordata una nuova deadline in scadenza il 31 maggio, per definire il perimetro occupazionale. Ancor prima che l’emergenza Covid-19 travolgesse l’economia internazionale e quella italiana facendo franare l’economia, erano 5.000 gli esuberi annunciati da Arcelor Mittal che hanno però trovato il rifiuto del Governo.

Da questo punto era stato raggiunto un accordo, che metteva in pausa il problema occupazione, da risolvere entro la fine maggio, con una clausola: se gli indiani avessero lasciato Taranto entro la fine dell’ anno, sarebbe stata di 500 milioni la penale richiesta dal governo italiano .

Adesso la scadenza del 31 maggio si avvicina sempre di più, e l’ipotesi che Arcelor Mittal sia vicino alla fuga dall’Italia diventa sempre più probabile . Il Governo Conte a questo punto, dimostrando ancora una volta di non avere alcuna autorità e strategia industriale, non intravede altre soluzioni se non quella di rilanciare, raddoppiando la penale: un miliardo di euro ma nello stesso tempo un futuro sempre più incerto per i lavoratori dell’ ILVA di Taranto. Questa mattina è previsto il blocco del varco per i mezzi pesanti da parte dei lavoratori dello stabilimento di Genova, deciso proprio contro la decisione dell’azienda di ampliare e allungare il ricorso alla cassa integrazione per l’emergenza Covid.

Un presidio dei lavoratori genovesi dell’ ILVA è stato organizzato davanti ai cancelli in zona aeroporto per impedire alla merci di uscire dalla fabbrica di Cornigliano. I sindacati per garantire il blocco, hanno organizzato degli scioperi a singhiozzo in turni di un’ora che coinvolgerànno tutti i reparti. “Salviamo la nostra fabbrica, salviamo il nostro futuro. Un futuro per noi e per questa fabbrica strategica per Genova e per l’italia” si legge in un volantino dei sindacati che illustra ai lavoratori le modalità della mobilitazione.

Attualmente la situazione è questa: Arcelor Mittal ha trasmesso alle organizzazioni sindacali una nuova procedura di cassa integrazione per i lavoratori genovesi, dopo quella del 14 maggio. “Ma allora quella precedente era illegittima, non abbiamo detto una sciocchezza – contesta Bruno Manganaro segretario della Fiom Genova, – i lavoratori sono andati in cassa senza copertura giuridica e chi pagherà quei giorni? Come può un’azienda in cinque giorni chiedere due volte all’Inps la stessa cassa integrazione?“. Secondo il sindacalista genovese, “il gruppo indiano tratta le questioni normative come carta straccia ritenendo di non dover rispondere a nessuno“. Come non dargli ragione ?

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