di ANTONELLO de GENNARO
Il rilancio dello stabilimento ex ILVA di Taranto dopo la conclusione dell’accordo societario raggiunto fra lo Stato attraverso Invitalia ed il gruppo ArcelorMittal, potrebbe essere ritardato e bloccarsi a causa un’altra dell’ennesimo contenzioso legale avviato questa volta dal Comune di Taranto il cui sindaco Melucci è sempre più “assetato” di protagonismo pre-elettorale pseudo-ambientalista, considerando sopratutto che gli impianti peraltro sono attualmente sotto sequestro giudiziario, ma con facoltà d’uso.
Il Tar di Lecce (presidente estensore Antonio Pasca) si è pronunciato ieri sull’ordinanza del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci emessa un anno fa, per accattivarsi i consensi dei presunti ambientalisti tarantini, in merito alle emissioni inquinanti dello stabilimento siderurgico, intimando 60 giorni di tempo per chiudere l’altoforno a caldo.
Sentenza-TAR_ILVA-LecceSecondo il Tar Puglia, sezione di Lecce è “provato che i fenomeni emissivi sono stati determinati da malfunzionamento tecnico, difettosa attività di monitoraggio e di pronto intervento, nonché criticità nella gestione del rischio e nel sistema delle procedure di approvvigionamento di forniture e di negligente predisposizione di scorte di magazzino” aggiungendo che
“dalle risultanze acquisite con la disposta istruttoria si evince altresì che tali criticità e anomalie possono ritenersi risolte solo in minima parte e che, viceversa, permangono astrattamente le condizioni di rischio del ripetersi di siffatti gravi accadimenti emissivi, i quali del resto non possono certo dirsi episodici, casuali e isolati. Permangono – ad esempio le criticità connesse alla mancata sostituzione dei filtri Meep, alla mancata copertura dei nastri trasportatori e dei parchi, nonché il difettoso e/o intermittente funzionamento della rete di rilevamento delle emissioni“.
Il nuovo governo Draghi si trova ad affrontare adesso questo problema da risolvere, che è stato sinora gestito in maniera dilettantistica e populistica dai precedenti governi guidati da “Giuseppi” Conte. Una chiusura dell’area a caldo diventa una delle priorità più urgenti da risolvere per evitare le conseguenti ripercussioni sui 10 mila dipendenti dello stabilimento siderurgico tarantino.
Il TAR ha condannato con la stessa decisione ArcelorMittal, attuale gestore dell’impianto, che l’ ILVA in amministrazione straordinaria al rimborso delle spese in favore del Comune di Taranto, Codacons ed Arpa Puglia . Dal procedimento sono stati stati estromessi il ministero dell’Interno e la Prefettura di Taranto per difetto di legittimazione passiva. La sentenza del TAR non è però definitiva e verrà impugnata davanti al Consiglio di Stato dal collegio difensivo di Arcelor Mittal composto dagli avvocati Francesco Gianni, Elisabetta Gardini, Antonio Lirosi, e Valeria Pellegrino.
Imbarazzante la ridicola capriola di quanti ieri si sono affrettati a esultare per la sentenza, esprimendo soddisfazione . Tutti smemorati, alla ricerca di facile protagonismo del nulla.
Qualcuno questa mattina sulla solita prezzolata stampa locale ha scritto che “Melucci non è stato immune da pecche dalla sua elezione ad oggi”, dimenticando di raccontarlo sulle proprie pagine più disponibili ad interviste in ginocchio, ed articoli pubbliredazionali (cioè a pagamento!) . Eppure sarebbe bastato un briciolo di sano giornalismo indipendente per raccontarlo, magari occupandosi dei palesi conflitti d’interesse sotto gli occhi di una città intera, ed una procura collusa cieca ed immobile alla ricerca solo di un palcoscenico mediatico nazionale .
Senza un’iniezione di onestà e moralità a 360 gradi, la città di Taranto è condannata a restare una piccola disperata città dell’estremo sud che vive di assistenzialismo pubblico e corruzione dilagante fra i colletti bianchi.