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22 Novembre 2024 03:38

Ilva: la decisione Consulta non ha alcun impatto sulla produzione

"La restituzione dell'Altoforno 2 - si legge nella nota - è stata ottenuta da Ilva nel settembre 2015 non in base al decreto oggi dichiarato illegittimo, ma in forza di un provvedimento della Procura che, in accoglimento di un'istanza presentata dalla società ai sensi dell'art. 85 disp. Att. c.p.p., ha restituito l'impianto condizionatamente all'adempimento di determinate prescrizioni in materia di sicurezza, poi attuate".

ROMA –  Il  decreto Ilva del 2015 che consentiva la prosecuzione dell’attività di impresa degli stabilimenti, in quanto di interesse strategico nazionale, nonostante il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria per reati inerenti la sicurezza dei lavoratori era incostituzionale . Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 58 depositata oggi (relatrice Marta Cartabia) che dichiara illegittimi sia l’articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92 (Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l’esercizio dell’attività d’impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale) sia gli articoli 1, comma 2, e 21-octies della legge 6 agosto 2015, n. 132 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria)

La questione nacque dall’infortunio mortale di un lavoratore dell’Ilva esposto, senza adeguate protezioni, ad attività pericolose nell’area di un altoforno dello stabilimento di Taranto. L’altoforno era stato sequestrato dall’Autorità Giudiziaria ma, pochi giorni dopo, il legislatore aveva disposto la prosecuzione dell’attività di impresa, alla sola condizione che entro trenta giorni la parte privata colpita dal sequestro approntasse un piano di intervento contenente “misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio”, non meglio definite.

La Corte Costituzionale

La Corte costituzionale ha fatto applicazione degli stessi principi della sentenza n. 85 del 2013 in base ai quali il legislatore, pur in presenza di sequestri dell’autorità giudiziaria, può intervenire per consentire la prosecuzione dell’attività in stabilimenti di interesse strategico nazionale, ma a condizione che vengano tenute in adeguata considerazione, e tra loro bilanciate, sia le esigenze di tutela dell’ambiente, della salute e dell’incolumità dei lavoratori, sia le esigenze dell’iniziativa economica e della continuità occupazionale. In quell’occasione, si legge in un comunicato della Consulta, “la Corte ritenne che tali principi fossero stati rispettati; in questo caso, invece, la Corte ha ritenuto che il legislatore abbia privilegiato unicamente le esigenze dell’iniziativa economica e sacrificato completamente la tutela addirittura della vita, oltre che dell’incolumità e della salute dei lavoratori sia le esigenze dell’iniziativa economica e della continuità occupazionale. In quell’occasione, la Corte ritenne che tali principi fossero stati rispettati; in questo caso, invece, la Corte ha ritenuto che il legislatore abbia privilegiato unicamente le esigenze dell’iniziativa economica e sacrificato completamente la tutela addirittura della vita, oltre che dell’incolumità e della salute dei lavoratori. Pertanto, stavolta i giudici costituzionali hanno dichiarato illegittima la norma oggetto del giudizio, oltretutto introdotta e tenuta in vita con un’anomala procedura legislativa: la norma era stata infatti introdotta con un decreto-legge subito dopo il sequestro dell’impianto, poi era stata abrogata apparentemente con la legge di conversione di un altro decreto legge ma, simultaneamente, era stata trasposta in un altro articolo della stessa legge di conversione, con una clausola che manteneva per il passato gli effetti già prodotti”.

La sentenza di incostituzionalità dell’articolo 3 del decreto legge 4 luglio 2015, n. 92 e degli articoli 1 comma 2 e 21 octies della legge 6 agosto 2015, n. 132, “non ha alcun impatto sulla continuità dell’attività produttiva”. Lo afferma l’Ilva Spa in Amministrazione Straordinaria in una nota. “La restituzione dell’Altoforno 2 – si legge nella nota – è stata ottenuta da Ilva nel settembre 2015 non in base al decreto oggi dichiarato illegittimo, ma in forza di un provvedimento della Procura che, in accoglimento di un’istanza presentata dalla società ai sensi dell’art. 85 disp. Att. c.p.p., ha restituito l’impianto condizionatamente all’adempimento di determinate prescrizioni in materia di sicurezza, poi attuate“.

La sentenza integrale della Consulta:

Corte Costituzionale_ILVA

 

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