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22 Dicembre 2024 12:47

Ilva. Il contratto smentisce Di Maio ed il M5S. ArcelorMittal ha ragione da vendere. Ecco le prove

Di Maio e Conte prima di revocare lo scudo giuridico, mentendo hanno più volte sostenuto che la non punibilità non c'è. In realtà invece l'accordo di modifica (addendum ) del contratto siglato il 14 settembre 2018 da Luigi Di Maio, dice esattamente il contrario di quanto hanno sostenuto il premier Giuseppe Conte, e tutti gli esponenti politici al governo del M5S.

di Antonello de Gennaro

Come abbiamo già detto, scritto e documentato Arcelor Mittal aveva legalmente parlando, tutto il diritto di recedere dal contratto di affitto-preliminare alla vendita in presenza ditutta una serie di eventualità. Il contratto d’affitto con obbligo di acquisto di rami d’azienda sottoscritto il 28 giugno 2017 era abbastanza chiaro. E l’ addendum (cioè accordo di modifica del contratto) siglato al MISE lo scorso 14 settembre 2018, è ancora più chiaro ed esaustivo.

Come ben noto ai nostri lettori il CORRIERE DEL GIORNO ha avuto modo di leggere e pubblicare i documenti, a se che ci sono state delle successive modifiche non rese pubbliche, sfogliando le pagine e e leggendoli con attenzione emergono non poche ambiguità. Infatti l’addendum che ha modificato il contratto iniziale riserva a ogni possibile declinazione l’articolo 27  cui titolo è abbastanza chiaro: “Retrocessione dei rami d’azienda”. Sei paragrafi  contenuti nelle quattro pagine che chiariscono ogni ipotesi possibile ed immaginabile.

Contratto ILVA_compressed 1parte

Nel documento è contenuto quanto segue: “Nel caso in cui con sentenza definitiva o con sentenza esecutiva (sebbene non definitiva) non sospesa negli effetti ovvero con decreto del Presidente della Repubblica anch’esso non sospeso negli effetti ovvero con o per effetto di un provvedimento legislativo o amministrativo non derivante da obblighi comunitari, sia disposto l’annullamento integrale del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 settembre 2017 adottato ai sensi dell’art. 1, comma 8.1, del D.L. 191/2015, ovvero nel caso in cui ne sia disposto l’annullamento in parte qua tale da rendere impossibile l’esercizio dello stabilimento di Taranto (anche in conseguenza dell’impossibilità, a quel momento di adempiere ad una o più prescrizioni da attuare, ovvero della impossibilità di adempiervi nei nuovi termini come risultanti dall’annullamento in parte qua), l’Affittuario ha diritto di recedere dal contratto.

Contratto ILVA_compressed 2°BLOCCO

Questo  contratto è stato firmato quando a Palazzo Chigi Presidente del Consiglio era Paolo Gentiloni (Pd) e al ministero dello Sviluppo economico, il ministro era Carlo Calenda.

Qualcuno potrebbe chiedersi se l’ addendum modifichi il quadro giuridico generale, cioè la base regolamentare sulla quale si è tenuta l’asta internazionale che ha visto l’offerta ArcelorMittal prevalere su quella della cordata (successivamente scioltasi) composta dagli indiani di Jindal, il gruppo Arvedi di Cremona , la holding finanziaria di Leonardo Del Vecchio e la Cassa Depositi e Prestiti cioè lo Stato italiano.  Qualcun’altro potrebbe chiedersi cosa era previsto se fosse stata cancellata la non punibilità per reati compiuti da altri, prima dell’arrivo del nuovo proprietario a Taranto. Anche in tal caso è tutto chiaro nell’ addendum:  Arcelor Mittal restituisce le chiavi dello stabilimento. E, tutto ciò, in presenza di qualsiasi tipo di provvedimento, e di qualunque fonte normativa.

Ecco l'”addendum” controfirmato da Di Maio di cui tutti parlano, ma che nessuno aveva mai pubblicato sinora

Addendum

Sempre nell’addendum al contratto siglato il 14 settembre 2018  c’è qualcos’altro  che merita di essere letto con attenzione: “L’affittuario (cioè Arcelor Mittal n.d.r.) potrà altresì recedere dal contratto qualora un provvedimento legislativo o amministrativo, non derivante da obblighi comunitari, comporti modifiche al Piano Ambientale come approvato con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 settembre 2017 che rendano non più realizzabile, sotto il profilo tecnico e/o economico, il Piano Industriale.

L’addendum-accordo di modifica è del 14 settembre 2018, cioè quando a Palazzo Chigi il premier era Giuseppe Conte ed al ministero dello Sviluppo economico il ministro era Luigi Di Maio, entrambi esponenti del Movimento 5 Stelle.

Una norma contrattuale che chiarisce ogni equivoco possibile ed immaginabile.  In caso di modifica al piano ambientale, che comporti la conseguente rimodulazione dell’attività economica e quindi modifichi la previsione del “break-even” cioè il punto di pareggio operativo dell’acciaieria, anche in questo caso ArcelorMittal aveva il diritto di restituire le chiavi. Un punto cardinale è proprio l’accordo di metà settembre 2018, a firma Di Maio,  a specificare tutto ciò punto per punto. Ed è proprio con questo documento che Arcelor Mittal ha blindato i suoi diritti contrattuali, che gli hanno consentito di depositare un atto di citazione dinnanzi al Tribunale di Milano, necessario e propedeutico legalmente a poter riconsegnare le chiavi dell’ azienda ai commissari dell’ ILVA in amministrazione straordinaria.

ARCELOR MITTAL citazione

La decisione di Arcelor Mittal di restituire l’acciaieria di Taranto è conseguenziale a tutto ciò che è successo dopo il settembre del 2018. L’attuale Governo Conte ha cancellato la non punibilità (noto a tutti come “scudo penale”),  a causa di uno scontro interno fra “bande” di incapaci ed irresponsabili del Movimento Cinque Stelle, da sempre favorevoli alla chiusura dell’impianto, e la Lega, da sempre contraria alla chiusura . Il paradosso è che adesso, il Governo Conte dopo aver provocato questo disastro, sta provando a discutere con ArcelorMittal su come fare a rendere in ogni caso possibili i lavori ambientali, senza che la relativa realizzazione possa causare qualsiasi responsabilità giudiziaria all’azienda ed ai suoi managers, per degli  eventuali problemi causati da altri, in passato , per i quali qualsiasi imputazione ad Arcelor Mittal costituirebbe una “follia” giudiziaria. Di cui a Taranto in passato, ne  abbiamo viste più di una….

Il ministro dell’ Ambiente, Sergio Costa

Il Governo Conte prima di revocare lo scudo giuridico, mentendo ha più volte sostenuto che la non punibilità non c’è. Sempre se dopo l’addendum siglato lo scorso 14 settembre 2018, non vi siano stati ulteriori aggiornamenti rispetto ai documenti da noi pubblicati, infatti, l’accordo di modifica del contratto dice esattamente il contrario di quanto hanno sostenuto il premier Giuseppe Conte, e tutti gli esponenti politici al governo del M5S. Inoltre, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa stava lavorando alla restrizione dell’ Aia l’ Autorizzazione Integrata Ambientale . Ulteriori prescrizioni significano di fatto maggiori investimenti non prevedibili all’atto della partecipazione alla gara. Nuove prescrizioni potrebbero significare anche un livello produttivo inferiore rispetto a quello preventivato. ed è qui che nasce il rischio per Arcelor Mittal di non poter raggiungere alcun vantaggio economico dalla gestione dello stabilimento siderurgico di Taranto.

Non è un caso se Moody’s, la seconda delle tre sorelle del rating mondiale che stila la classifica del merito di credito seguita da tutti gli investitori mondiali, entra a gamba tesa nella drammatica vicenda dell’ex Ilva in amministrazione commissariale e preso in gestione da ArcelorMittal e di cui gli indiani hanno deciso dopo un anno di gestione di disfarsi. In sostanza, per gli analisti dell’agenzia americana  Arcelor Mittal prima lascia ILVA e meglio è. “Stiamo cambiando le prospettive sulle valutazioni di ArcelorMittal in negativo, riflettendo il forte calo degli utili del gruppo registrato quest’anno nel contesto della lenta domanda del mercato finale“, ha affermato Goetz Grossmann, analista principale di Moody’s   in occasione della conferma del rating Baa3 al Gruppo ArcelorMittal associato però a un taglio dell’outlook (cioè le prospettive n.d.r.), rivisto da “stabile” a “negativo“.

L’esperto analista finanziario ha aggiunto: “In particolare se la debolezza del mercato dovesse persistere più a lungo del previsto o addirittura peggiorare durante il 2020″ ci sarebbe “una pressione negativa sul rating” con un passaggio che ha fatto tremare i polsi non solo a Taranto, ma anche fra i partiti della maggioranza parlamentare che sostengono il Governo Conte che stanno cercando, al momento senza alcun successo, di scongiurare l’esplosione di una vera e propria “bomba sociale” a  Taranto e provincia, ma anche in Liguria, fra gli oltre 20mila dipendenti diretti e dell’indotto che rischiano il posto, oltre una perdita del Pil  del -1,4% . “Allo stesso modo – ha spiegato Grossmann – l’incapacità di eseguire il ritiro e la risoluzione proposti del contratto di locazione e successivo acquisto di ILVA in modo agevole e tempestivo aggiungerebbe ulteriore pressione di downgrade“.

Un  taglio al rating del leader mondiale dell’acciaio significherebbe maggiori oneri sul debito in seconda battuta, a condizioni costanti e cioè senza risoluzione della crisi dei dazi Usa-Cina che ha rallentato vistosamente la corsa dell’economia globale,  e la domanda di materie prime conseguentemente impatterebbero sull’ultima riga del bilancio attraverso minori utili.

Anche provando ad avvalorare la non condivisibile “teoria” del Governo Conte 2 ( M5S-Pd-LeU)  secondo cui le reali motivazioni dell’addio a Taranto sarebbero puramente economico, ArcelorMittal ha perso oltre mezzo miliardo in tre mesi (perdita di 486,52 milioni euro) e ha visto il risultato operativo crollare da 5,5 miliardi di dollari a 908 milioni (-83%), con una produzione di acciaio calata, nonostante l’aumento del perimetro aziendale e della capacità produttiva, da 22,8 a 20,2 milioni di tonnellate e un fatturato sceso del 4,5% rispetto al 2018 da 57,7 a 55,1 miliardi di dollari. Risultati annunciati al mercato in Borsa che non hanno pesato o causato contraccolpi sul titolo ArcelorMittal che invece ha sorprendentemente guadagnato quasi il 7%. 

il premier Conte durante  l’incontro con gli operaie sindacalisti dell’ ILVA-Arcelor Mittal ieri sera a Taranto

Ed è proprio questa motivazione che ha creato il panico fra i ministri M5S-Pd. Infatti, secondo più di qualche analista finanziario internazionale, non sarebbe stata solo la tregua commerciale fra Stati Uniti e Cina a lasciar sperare in una ripresa del mercato dell’acciaio o che i risultati negativi fossero ampiamente anticipati a sostenere i rialzi del prezzo delle azioni Arcelor Mittal in Borsa, ma anche la fermezza e decisione con cui il management del colosso franco-indiano, nel corso del suo incontro con il premier italiano Giuseppe Conte  ha confermato la ferrea volontà di recedere dal contratto stipulato solo un anno fa per mettere le mani sull’ex-Ilva.

Un affare inseguito con determinazione dalla famiglia Mittal, che è diventato un problema,   di cui liberarsi il prima possibile nel breve termine.

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