ROMA – Questa mattina si era svolto un incontro durato circa due ore fra la delegazione governativa dei tecnici del Mise e del Mef, guidata da Francesco Caio, per illustrare ai rappresentanti di ArcelorMittal il piano industriale del Governo per l’ Ilva di Taranto, quando è arrivata la notizia da Taranto che il giudice del dibattimento del Tribunale jonico Francesco Maccagnano, ignorando la richiesta della Procura, ha rigettato l’istanza avanzata dai commissari governativi dell ‘ ILVA in Amministrazione Straordinaria con la quale si chiedeva una proroga di 12 mesi per ottemperare alle prescrizioni di automazione del campo di colata dell’ altoforno AFO2.
Il parere della Procura era favorevole ma con le prescrizioni che riguardavano l’adozione, da parte di ArcelorMittal, affittuario dello stabilimento siderurgico di Taranto, delle nuove procedure operative individuate da ILVA in Amministrazione Straordinaria. Nella relazione del custode giudiziario Valenzano è stato evidenziato proprio questo punto, a seguito del quale il custode ha dato atto a ILVA di aver depositato entro il 13 novembre scorso (termine previsto, ), l’analisi di rischio ma ha altresì evidenziato che ArcelorMittal non aveva applicato le modificate procedure operative e finalizzate ad ottenere più sicurezza sull’impianto.
La decisione del giudice Maccagnano comporterebbe l’ inizio delle operazioni di spegnimento degli impianti a partire dal 13 dicembre data in cui scadono i tre mesi precedentemente concessi dal Tribunale del Riesame per ottemperare alle prescrizioni. Ma anche in questo caso sarà nuovamente il Riesame di Taranto a dire l’ultima parola in merito, ancor prima ci si si rivolga alla Suprema Corte
La pm Antonella De Luca della Procura della repubblica di Taranto aveva concesso parere favorevole, indicando nuove prescrizioni, alla richiesta di proroga avanzata dai commissari di ILVA in Amministrazione Straordinaria dopo aver esaminato la relazione depositata dal custode giudiziario del siderurgico, Barbara Valenzano. dirigente della Regione Puglia, considerata molto “vicina” ed allineata alle posizioni del Governatore Michele Emiliano. La decisione del giudice Maccagnano, dinanzi al quale si svolge il processo sulla morte dell’ operaio Alessandro Morricella, si esprimerà tra domani ed il prossimo 12 dicembre.
I legali dei Commissari governativi sono già al lavoro per fare ricorso al Tribunale del Riesame. Secondo il giudice l’altoforno AFO2 al momento non sarebbe sicuro per gli operai e quindi concedere il tempo richiesti per procedere all’ultimazione della messa in sicurezza secondo il teorema a dir poco discutibile del Tribunale, significherebbe far prevalere il diritto al lavoro sul diritto alla salute, mettendo così a rischio l’economia e l’occupazione di un’intera provincia, quella di Taranto, il cui 70% dell’economa è di fatto “Ilva-dipendente“.
Si è di fronte ad una situazione paradossale: da un lato, infatti, ci sono i giudici del tribunale milanesi che hanno invitato Arcelor Mittal a non spegnere gli altoforni e a continuare la produzione; dall’altro un giudice tarantino tarantina che impone lo spegnimento. L’ennesimo scontro istituzionale all’interno dello Stato. Senza l’ altoforno AFO2 rimangono in funzione solo gli altri due altoforni, Afo1 e AFO4: ognuno dei due altoforni infatti può produrre al massimo due milioni di tonnellate di acciaio l’anno, e soli quattro milioni di tonnellate sono pochi legittimando di fatto i 4.700 esuberi dichiarati dall’azienda . Per rimettere in esercizio l’ AFO5, il più grande altoforno d’Europa, attualmente spento per opere di in ristrutturazione, occorre non poco tempo ed ingenti investimenti. Al momento infatti, gli altoforni elettrici restano ancora solo un’idea contenuta in un progetto.
“Nonostante tutte le proroghe della facoltà d’uso di cui ha beneficiato Ilva Spa, concesse espressamente oppure implicitamente, si impone a questo giudice rilevare che il termine richiesto per l’adempimento delle residue prescrizioni (pari, nella sua estensione massima, a 14 mesi) appare poco più del triplo del termine originariamente concesso dalla Procura” scrive Maccagnano nel provvedimento di 29 pagine “il termine richiesto risulta troppo ampio, in palese contrasto con tutte le indicazioni giurisprudenziali e normative, e dunque tale da comprimere eccessivamente l’interesse alla salvaguardia dell’integrità psico-fisica dei lavoratori“. Per il giudice Maccagnano i tempi di proroga complessivi chiesti da ILVA (14 mesi totali con due step intermedi a 9 e 10 mesi), nonché quello “di poco meno di tre mesi già riconosciuto dal Tribunale della Libertà comporti in sacrificio eccessivo delle esigenze cautelari sussistenti nel caso in specie, e dunque de bene dell’integrità psicofisica dei lavoratori”.
Il contropiano presentato dal Governo è sicuramente lontano dagli intenti di ArcelorMittal, elencati nelle slide del nuovo piano industriale illustrato da Lucia Morselli, Ad di Arcelor Mittal Italia, lo scorso 4 dicembre scorso al Mise . Dopo un mese di trattative la richiesta iniziale di 5 mila esuberi presentata lo scorso 4 novembre da Lakshmi Mittal al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è scesa di ben poco, fermandosi a 4.700 tagli, di cui 2.900 a partire dal 2020. Nel dettaglio,
La proposta di ArcelorMittal prevede la riduzione degli attuali 10.789 dipendenti , cioè quelli “garantiti” del piano originario presente nel contratto firmato il 6 settembre 2018 , a 6.098 nel 2023, con 2.891 esuberi a partire dal 2020 ed altri 1.800 previsti nei successivi tre anni , cioè dopo che ArcelorMittal prevedeva lo spegnimento dell’ altoforno Afo2 sostituendolo con un forno elettrico ad arco che assorbirebbe minor mano d’opera, con un aumento della produzione fino a 6 milioni dal 2021, in risalita quindi dei 4,5 milioni di tonnellate attuali .
Ma adesso è arrivato da Taranto il nuovo problema giudiziario “ad orologeria” su Afo2, che è bene ricordare era una delle due giustificazioni ( o pretesti come sosteneva il premier Conte) insieme alla scomparsa dello “scudo penale” per iniziativa del M5S a firma di Luigi Di Maio, che aveva spinto ArcelorMittal a comunicare lo scorso 4 novembre il proprio recesso contrattuale. Da allora, nessuno dei due punti è stato rimosso.
Il salvataggio dell’ex ILVA di Taranto a questo punto si complica sempre di più. “I lavoratori dell’Ilva, dopo 32 ore di sciopero e una grande manifestazione a Roma, non sono nemmeno riusciti a tornare a casa — ha dichiarato ieri sera Rocco Palombella segretario generale della Uilm — e trasmettere alle proprie famiglie un po’ di fiducia, che è arrivata la doccia gelata della decisione del Giudice di rigettare l’istanza dei commissari sulla continuità di marcia dell’altoforno 2“. ” Non voglio giudicare la decisione del Giudice – aggiunge il leader Uilm – ma ritengo che questa situazione sia l’ultimo tassello di una trattativa sempre più in salita, che vede allontanarsi una soluzione che vada nella direzione della tutela della salute, della salvaguardia dell’ambiente, della garanzia dei livelli occupazionale e della continuità produttiva“.
La decisione del giudice del Tribunale di Taranto complica senza alcun dubbio l’esito della trattativa in corso fra il Governo ed i Mittal, che non può prescindere dall’uso dell’ altoforno AFO2, senza del quale gli impianti dello stabilimento siderurgico di Taranto sarebbero produttivamente inutilizzabili. Per dovere di cronaca occorre segnalare che il giudice Maccagnano fa parte della stessa sezione penale del Tribunale di Taranto presieduta dall’ ex Gip Patrizia Todisco, da sempre “acerrima” nemica dello stabilimento siderurgico di Taranto. Solo una coincidenza ?
La parola adesso passa al Tribunale del Riesame di Taranto che ha molto spesso dato prova di assoluto equilibrio, annullando delle discutibili decisioni di qualche giudice a caccia di eccessivo protagonismo derivante da posizioni ideologiche e politiche che i magistrati dovrebbero rigorosamente evitare.