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22 Novembre 2024 01:39

ILVA, la Procura di di Milano chiede nuovo processo per i Riva

Dopo la bocciatura da parte del Gup Vicidomini che aveva valutato le pene troppo basse, adesso sarò possibile per le difese una nuova formulazione delle richieste di patteggiamento

Lo scorso 14 febbraio il giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Milano  Maria Vicidomini, aveva respinto le richieste di patteggiamento dei tre indagati, che avevano avuto l’ok dei pm di Milano, Stefano Civardi e Mauro Clerici, valutando le pene come troppo basse (tra i 2 e i 5 anni). Il Gup aveva anche bocciato anche l’intesa con cui i Riva, lo scorso dicembre, hanno dato l’assenso a far rientrare in Italia 1,33 miliardi di euro per metterli a disposizione della bonifica ambientale dello stabilimento tarantino. Dopo il “no” al patteggiamento espresso da parte del Gup i pm milanesi , hanno chiesto il rinvio a giudizio per Adriano, Fabio e Nicola Riva nel procedimento con al centro i reati, a vario titolo, di bancarotta, truffa allo Stato e trasferimento fittizio di valori per il crac del gruppo che controllava l’ILVA di Taranto.

Adesso il collegio difensivo dei Riva che ha rinunciato al termine di 20 giorni  (andrebbe in scadenza la prossima settimana) dopo la chiusura delle indagini potranno riproporre di nuovo per accelerare i tempi   la strada dei patteggiamenti per i loro assistiti davanti al Gup, in sede di udienza preliminare, che allo stato attuale non ancora fissata. La Procura di Milano appena tre giorni dopo il rigetto da parte del Gup dei patteggiamenti proposti,  aveva sollecitamente chiuso le indagini a carico dei tre. Adriano , fratello   Emilio Riva, l’ex patron dell’omonimo gruppo siderurgico deceduto tre anni fa, è stato accusato di “bancarotta”, “truffa allo Stato” e “trasferimento fittizio di valori” che in precedenza aveva chiesto davanti al Gup di patteggiare una pena di 2 anni e mezzo.  Nicola Riva, figlio di Emilio, deve rispondere delle accuse di “bancarotta” e per lui era stato rigettato un patteggiamento a 2 anni.

Fabio Riva, altro figlio di Emilio, a lato nella foto, che risponde anch’egli dell’accusa di “bancarotta”, avendo già subito una condanna in un procedimento ‘parallelo’ , aveva cercato di patteggiare la pena di 1 anno di reclusione per il crac in continuazione con gli altri 4 anni di pena con sentenza già definitiva. Dopo la chiusura indagini e il deposito degli atti,  secondo quanto previsto dalla Legge sarebbero dovuti passare almeno 20 giorni prima della richiesta di processo, ma i difensori  dei Riva  hanno deciso di rinunciare al termine per accorciare i tempi in vista dell’udienza preliminare.

Il Gruppo Riva ribadisce – con un proprio comunicato a confermato – che rimane immutata la volontà di fattiva collaborazione con le autorità giudiziarie di Milano e di Taranto e con il Governo per la soluzione delle questioni riguardanti le problematiche ILVA

Il Gup Maria Vicidomini, nel rigettare lo scorso mese i patteggiamenti aveva motivato nella sua decisione che le richieste “non possono essere accolte per assoluta incongruità delle pene concordate (…) a fronte dell’estrema gravità dei fatti contestati” ed aveva bocciato anche l’intesa raggiunta preliminarmente con la Procura di Milano, con cui lo scorso 2 dicembre, i Riva avevano dato il proprio assenso ad autorizzare il rientro in Italia di  un miliardo e 330 milioni di euro,  sequestrato in gran parte a seguito delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Milano e congelato su un conto presso la Banca UBS in Svizzera, per metterlo a disposizione della bonifica ambientale dell’ ILVA in amministrazione straordinaria. Per il giudice on si trattava di un vero e proprio pattaggiamento ma bensì soltanto di una “bozza di transazione” che a suo dire raggruppava “in maniera generica una molteplicità di reciproche rinunce ad azioni esercitabili in sede civile, amministrativa e penale” e “rischia di tradursi in una sostanziale e totalizzante abdicazione (…) alla tutela di molteplici e variegati interessi“.

Adesso nella nuova udienza preliminare le difese con l’accordo dei pm milanesi, potranno provare a presentare delle nuove istanze di patteggiamento, probabilmente modificate al rialzo rispetto alle precedenti che erano state rigettate

 

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