di Dario Di Vico
Hanno abolito la povertà ma hanno lasciato in vita i licenziamenti. Lo so che è una “battutaccia” ma il comportamento dei ministri a Cinque Stelle sia dentro il vecchio governo che nel nuovo lascia allibiti.
Hanno pervicacemente voluto occupare tutte le poltrone dell’impresa e del lavoro (Mise, Ministero del Lavoro, Inps, Anpal) ma non sono stati capaci di condurre in porto o migliorare nessuno dei dossier a cui si sono applicati. Così il ministro Stefano Patuanelli, dopo che i suoi colleghi pentastellati avevano montato l’incredibile querelle sullo scudo ambientale, si dichiara “deluso” di fronte ai proclami di ArcelorMittal che vuole mettere sulla strada 2.900 lavoratori subito e altri 1.800 in seguito.
La verità è che non c’è nel Movimento una genuina tensione verso il sociale ma i problemi degli ultimi, dei penultimi e del terzultimi sono per loro solo un instrumentum regni, servono solo per far pesare la forza politica al tavolo del potere. Lo stesso del resto vale per la vicenda Mes, i pentastellati creano una loro agenda delle priorità e poi la usano come la spada di Brenno. Ma i licenziamenti che vengono da Taranto purtroppo rovesciano le priorità pentastellate e scodellano davanti a tutti l’agenda della verità.
Dopo che Luigi Di Maio ha distrutto l’operatività del Mise — come denunciato pubblicamente dai dipendenti del ministero — il suo successore non riesce a raddrizzare la rotta. Un giorno apre il tavolo dell’automotive, lo usa per una photo opportunity ma non convoca mai le riunioni di approfondimento, il giorno successivo resuscita l’Iri e promette il ritorno dello Stato imprenditore, il terzo non sa che pesci pigliare e rimedia una magra figura davanti all’arroganza dei vertici ArcelorMittal. Se i Cinque Stelle hanno la responsabilità di aver voluto cumulare responsabilità ministeriali senza avere uomini o donne competenti da mettere in campo, il principale loro alleato di governo non è esente da colpe.
Il Pd ha rinunciato ad esercitare qualsiasi azione sui tempi dell’impresa e del lavoro. Ha ceduto la primogenitura ai Cinque Stelle con il risultato di essere sempre meno apprezzato dalle élite economiche che si battono per la crescita e, per di più, non ha recuperato nemmeno un po’ di quel radicamento sociale che era stata la principale leva politica dei successi dei suoi antenati.
*editoriale tratto dal CORRIERE DELLA SERA