di Stefania Craxi
A quasi un decennio dalla sua scomparsa, Francesco Cossiga resta una delle figure di maggior spessore politico e di altro profilo istituzionale della nostra storia repubblicana. Una personalità enigmatica, le cui scelte e decisioni sono state spesso di difficile lettura, a tratti incomprensibili, e mai definitive.
Era anche questa una delle cifre caratterizzanti del rapporto con Bettino Craxi. Dalle dimissioni anticipate dalla Presidenza della Repubblica alle oscure vicende di “Tangentopoli“, passando alla sua mutevole relazione con il “giudice” e il “politico” Di Pietro – senza tralasciare le vicende degli anni ’80 come Sigonella, in cui i due gestirono la vicenda l’uno dal Quirinale l’altro da Palazzo Chigi – sono molti i momenti che congiungono due personalità diverse ma con sensibilità comuni.
Su tutto, basti pensare al tema delle riforme istituzionali che mai come in questi giorni, segnati da una crisi che più di governo potremmo definire l’ennesima crisi di sistema, si presenta come questione aperta. Infatti, dopo il saggio “VIII legislatura” vergato da Craxi sulle colonne de “L’Avanti” nel settembre del 1979 in cui il leader socialista invocava una ‘grande riforma’ che abbracciasse insieme l’ambito istituzionale, amministrativo, economico-sociale e morale, fu proprio Cossiga a recuperare con forza il tema delle riforme in un messaggio alle Camere del giugno ’91.
È sufficiente rileggersi le cronache del tempo per comprendere il clamore, l’isolamento e la portata riformatrice di quel messaggio presidenziale che evidenziava la necessità, un anno e mezzo dopo la caduta del muro di Berlino, di adeguare il dettato costituzionale, specie alla vigilia del varo di Maastricht.
Cossiga come sappiamo fu bersagliato e isolato. Il suo messaggio trovò di fatto, non a caso, il solo Craxi come sostenitore, vista la freddezza di una parte della DC e, addirittura, la richiesta di messa in stato di accusa da parte del PCI. Ma quell’atto presidenziale resta ancora oggi un punto di riferimento, poiché ha il merito di indicare le principali direttrici di una ‘vera’ riforma costituzionale: dalla forma di governo al ruolo delle autonomie, passando per la disciplina dell’ordine giudiziario, ai nuovi diritti di cittadinanza, fino agli strumenti di finanza pubblica che, tra l’altro, da lì a poco le norme europee avrebbero radicalmente modificato.
Il messaggio resta quindi, oggi come ieri, un prezioso vademecum per le riforme’, ignorato quanto utile, anche perché individuava le procedure possibili ed alternative, seppur rispettose del 138, per una revisione organica della Carta. Altro che le riforme ‘un tanto al chilo’ di cui si parla oggi!
Ma, il rapporto tra Craxi e Cossiga continuò, tra diversità e comunanze di vedute, anche dopo la ‘falsa rivoluzione’ di ‘Mani pulite’ e negli anni dell’esilio tunisino. Craxi si chiese spesso il perché di quelle dimissioni anticipate dalla Presidenza che, guardate a posteriori, cambiarono e influirono molto sugli accadimenti successivi. Viste i suoi legami internazionali e la nuova geopolitica che si schiudeva, era conoscenza di qualcosa? Viveva un altro dei suoi contrasti interni come negli anni del delitto Moro?
Molto c’è ancora da capire e su molto c’è ancora da indagare e studiare.
Ad ogni modo ricordo la sua visita ad Hammamet pochi mesi prima della morte di Bettino. È un incontro che ancora oggi mi emozione modi e intensità. Fu un pranzo tra due vecchi amici, con poche parole e molti sguardi, un incrocio tra due combattenti, duri e franchi, con due stili diversissimi, con alcune domande di Bettino e alcuni silenzi di Cossiga. Fu proprio l’ex Presidente a chiedere in quella occasione a Craxi di raccontare la verità sulla vera natura del finanziamento irregolare del PSI e sul suo principale impiego, ossia il sostengo a quanti, da Est a Ovest, in Medioriente come in Sudamerica, lottavano per la democrazia e la libertà.
Ma in quella circostanza la perseveranza di Cossiga non ebbe la meglio. Craxi gli rispose che non avrebbe mai e poi mai mischiato le cause di libertà di mezzo mondo con le miserie italiane. Chissà, nell’opportunismo e nella confusione delle contingenze, nell’incapacità di leggere e agire nel quadro internazionale, quanti sarebbero oggi coloro disposti a farlo!
Nel giorno in cui si celebra il nono anniversario della morte di Francesco Cossiga, la Fondazione Craxi pubblica una lettera inedita, custodita nei suoi archivi, che il leader socialista scrisse all’allora presidente del Consiglio durante gli anni del suo esilio ad Hammamet.
La lettera di Bettino Craxi a Francesco Cossiga
“Caro Presidente, mi auguro che tu stia bene e leggo con piacere ciò che scrivi a proposito di questa Araba Fenice chiamata ‘riforma costituzionale’. Leggo però anche cosa scrivi riguardo a Di Pietro: ‘Poveretto ha tanti guai. Lasciate in pace Di Pietro’. Ti confesso che sin dall’inizio non ho mai capito la tua posizione a proposito di questo signore. Mi sono chiesto tante volte a che cosa fosse dovuta” si legge nell’incipit della missiva.
Gran parte della lettera è dedicata all’ex pm di Mani pulite, definito un “avventuriero” ma l’ex leader del Psi assicurava a Cossiga: “In ogni caso non starò zitto io. Sino ad ora subendo quello che ho subito e subisco, ivi compresa una sentenza della Cassazione che si è messa sotto i piedi anche una pronuncia chiarissima della Corte Costituzionale, senza che un’ombra di costituzionalista levasse una parola di protesta, mi sono imposto una condotta di estrema responsabilità. Aspetto ancora con pazienza una soluzione politica”.
“Se non verrà e se mi convincerò che è inutile farsi illusioni – proseguiva Craxi – credo che la mia reazione, peraltro molto documentata, non mancherà, e renderà un buon servizio all’Italia e alla storia. Quanto al Di Pietro, come un suo libro, certo non scritto da lui, non meritava una tua prefazione, la sua attuale situazione non merita proprio quello che dici. Io mi auguro ancora che tu stesso riprenda il tema della ‘operazione verità’ di cui si è parlato e si parla. Ricordo, di tanto in tanto, i tempi passati e ti invio un fraterno saluto. Bettino Craxi”.