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22 Novembre 2024 05:47

Incendio nel carcere di Bari: le fiamme partite dal centro medico probabilmente per un cortocircuito

I soccorsi dei vigili del fuoco sono arrivati velocemente sul posto con due mezzi e quattro mezzi del 118 che hanno soccorso agenti e detenuti, alcuni dei quali sono rimasti intossicati. C'è voluto del tempo per spegnere le fiamme che sono rimaste circoscritte ai locali sanitari.
di Valentina Rito

Cinque persone di cui quattro agenti e un detenuto sono rimaste intossicate dal fumo a causa di un incendio nel carcere di Bari sviluppatosi nel pomeriggio, e sono state ricoverate in codice rosso in ospedale. Sarebbe confermata l’ipotesi di un cortocircuito che avrebbe generato l’incendio.

Le fiamme si sarebbero generate all’interno di una cella del SaiServizio assistenza integrata” del carcere, cioè dal centro clinico interno che ospita 24 detenuti, fino al terzo piano.. Per fortuna la stanza non ospitava nessun detenuto, ma l’arredo ha sviluppato le fiamme, che si sono propagate anche ai piani più alti.

I soccorsi dei vigili del fuoco sono arrivati velocemente sul posto con due mezzi e quattro mezzi del 118 che hanno soccorso agenti e detenuti, alcuni dei quali sono rimasti intossicati. C’è voluto del tempo per spegnere le fiamme che sono rimaste circoscritte ai locali sanitari.

Per fortuna senza ustioni, ma con importanti sintomi di intossicazione sono arrivati In ospedale, peraltro con i propri automezzi, cinque agenti della Polizia Penitenziaria mentre tre detenuti sono stati trasportati in ambulanza dai sanitari del servizio di emergenza del 118. All’interno della casa circondariale si sono vissuti momenti di panico allorquando è scattato l’allarme antincendio e si è dovuto provvedere a fornire i soccorsi tenendo conto, anche, dei rigidi protocolli e delle rigide procedure di sicurezza da adottare in casi del genere all’interno di un carcere.

Uno dei tre detenuti è arrivato in codice rosso al pronto soccorso del Policlinico di Bari, dove è stato ricoverato, con sintomi da inalazioni di fumi, per essere sottoposto, quindi, ad un continuo e prolungato trattamento di inalazione di ossigeno, somministrato ad alti flussi. Il secondo detenuto, invece è stato trasportato e ricoverato all’ospedale Di Venere di Carbonara e il terzo alla Mater Dei, a Mungivacca. Sia i tre detenuti che gli agenti di polizia penitenziaria guariranno in pochi giorni . 

Il SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria, dopo aver visitato il carcere di Bari compreso il centro clinico, aveva denunciato pubblicamente in tempi non sospetti la gravissima situazione presente proprio presso il centro clinico dove in presenza di soli 25 posti  disponibili, sono più di 100 i detenuti presenti  nel penitenziario barese affetti da  gravissime patologie (allettati, super obesi, su sedia a rotelle ecc.ecc.)  che non trovando posto nella struttura medica, sono stati  alloggiati nelle sezioni detentive ove la situazione igienico sanitaria è molto precaria anche a causa delle barriere architettoniche presenti, che creano gravi problemi ai detenuti malati.

Il sindacato ha anche  evidenziato come la presenza di barriere architettoniche per detenuti su sedie a rotella poteva  costituire grave pericolo per gli stessi in mancanza di vie di fuga adeguate, per cui in caso di eventi critici  non avrebbero avuto scampo . “Le nostre denunce in cui chiedevamo l’intervento  del Governatore, dell’assessore alla sanità, dei responsabili dell’asl  sono sempre caduti nel vuoto, forse perché  si doveva proteggere qualcuno all’interno del centro clinico”.

“Abbiamo scritto anche ad altri enti, quali magistrato di sorveglianza, garante dei detenuti, associazioni (che a chiacchiere) che dicono di difendere i diritti dei detenuti, anche in questo caso inutilmente”. continua la nota del SAPPENei giorni scorsi abbiamo scritto anche alle autorità di pubblica sicurezza preposti alla sicurezza dei luoghi di lavoro di cui alleghiamo copia. Non può stupire , così come accade spesso nel nostro paese, che tragedia annunciate, poi si verifichino puntualmente  tra il disappunto anche di chi sapeva ed ha messo la testa sotto la sabbia“.

“Ed è quello che è accaduto in data odierna   presso il primo piano del Centro clinico ove per cause ancora da accertare, ha preso fuoco  il materasso ignifugo ed altro di   una stanza ove non c’era nessun detenuto,  con il fumo che si è propagato nell’intero piano  avvolgendolo in una cappa maleodorante e molto pericolosa poiché velenosa” aggiunge il sindacato del personale penitenziario “Tra il fuggi fuggi  generale, alcuni detenuti su sedia a rotella sono rimasti bloccati senza alcuna possibilità di potersi salvare, se non grazie all’intervento  di alcuni poliziotti che hanno messo a rischio la propria pelle per prendere in braccio i detenuti e portarli in salvo , eppoi finire in ospedale (cinque) con segni di intossicazione. Nel frattempo con l’intervento di altri poliziotti si è riusciti a spegnere anche l’incendio ed a riportare la calma“.

“Vorremmo che fossero rese pubbliche le immagini di quei momenti drammatici  i cui questi eroi a sprezzo della loro vita non hanno esistato un attimo, pur spendo di correre dei rischi  per  salvare la vita a queste persone    che non possono muoversi.  La notizia buona è che si è riusciti ad evitare una carneficina ampiamente prevista dal SAPPE, quella cattiva è che in mancanza di morti la questione non verrà affrontata nella dovuta gravità, poiché solo con l’onda dello  sdegno  popolare per una situazione che non è molto diversa dalla  tortura , si sarebbero  potute ben definree le responsabilità,  e chiesto conto a chi finora ha sempre girato la testa dall’altra parte”. prosegue la lunga nota,

“Noi del SAPPE non ci fermeremo e continueremo a denunciare la gravissima situazione del centro clinico di Bari, con la speranza di trovare qualche autorità che possa intervenire per mettere fine a questo situazione scandalosa  per meri interessi. Questa vicenda ci ricorda che in questi giorni si stanno concludendo le arringhe  degli avvocati di 11 poliziotti che trovandosi in situazioni simili e con uno stress durato lunghe ore hanno ceduto e  posto in essere atti deprecabili e non accettabili (non tortura poiché hanno salvato la vita al torturato), perdendo con ciò il lavoro,  lo stipendio, la dignità, e rischiando fino ad 8 anni di carcere, mentre tutte le autorità  che sapevano e non hanno fatto nulla se la caveranno con  un po’ di disappunto nonostante costringono detenuti malati in condizioni, secondo noi,  “inumane” “crudeli” “degradanti” con  “annientamento status di essere umano”.

Quello che il SAPPE però dimentica è che l’assistente capo della polizia penitenziaria Giacomo D’Elia  che risponde in un processo dell’ accusa di aver partecipato al pestaggio di un detenuto psichiatrico 43enne il 27 aprile 2022 nel carcere di Bari, ha usato queste uniche parole per difendersi : “Chiedo umilmente scusa a tutti del mio comportamento. Mi riconosco nel video, quella sera ho vissuto una forte esasperazione. Ora sto seguendo un percorso psichiatrico, dopo troppi anni passati sempre nelle sezioni detentive. Ho fatto domanda di pensione”:.

L’ assistente capo è imputato assieme ad altri nove colleghi di quell’episodio (6 di loro devono rispondere del reato di tortura) e a due infermieri accusati di omessa denuncia perché avrebbero assistito alle violenze senza intervenite e muovere un dito. Il processo è attualmente in corso dinnanzi al collegio presieduto dal giudice Antonio Diella, con la procura rappresentata dalla pm Carla Spagnuolo e dal procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa che hanno esaminato in aula alcuni degli imputati, mostrando il video del pestaggio ripreso dalle telecamere nei pressi dell’infermeria, dove il detenuto era stato trascinato.

Quindi l’esasperazione non può e non potrà mai giustificare degli atti di violenza come un pestaggio ad un detenuto psichiatrico. Ed usare mediaticamente l’incendio avvenuto per trovare giustificazioni a tali comportamentiè è una manifestazione squallida. A denunciare l’accaduto due anni fa a Bari furono la direttrice dell’istituto e la comandante di Polizia Penitenziaria. Qualcosa alla quale non eravamo abituati. Lo spirito di corpo che troppe volte abbiamo visto nelle forze dell’ordine ci ha fatto conoscere in passato omertà, silenzi e difese aprioristiche.

© CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA |

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