Il Tribunale di Latina ha revocato gli arresti domiciliari per Liliane Murekatete, moglie del deputato Aboubakar Soumahoro, e sua madre Marie Therese Mukamatsindo, suocera del parlamentare, con il solo obbligo di firma tutti i giorni in caserma. Revocato anche l’obbligo di dimora al cognato Michel Rukundo . Il nucleo familiare è accusatiodi essersi appropriati del denaro destinato ai migranti ospitati nei loro centri e di averlo speso in beni di lusso e investimenti immobiliari all’estero, evadendo anche milioni di euro e rendendosi responsabili di bancarotta. La decisione dei giudici, è arrivata dopo l’istanza degli avvocati Lorenzo Borrè, che difende Murekatete, e Francesca Roccato, è stata presa essendo venute meno le esigenze cautelari.
Il collegio giudicante che ha rimesso in libertà la moglie di Soumahoro è lo stesso del tribunale di Latina davanti al quale è in corso il processo sulle cooperative coinvolte nella gestione di richiedenti asilo e di minori non accompagnati. Le accuse contestate a vario titolo e a seconda delle posizioni sono di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio.
Nel processo, che riprenderà il prossimo 11 luglio, sono costituiti parte civile i lavoratori delle coop Karibu e Consorzio Aid, successivamente sciolte dal Ministero delle imprese, i quali da tempo lamentano di essere stati lasciati senza stipendi e che con le loro denunce tramite il sindacato Uiltucs di Latina hanno fatto esplodere il caso. Ed anche il sindacato, con il suo combattivo segretario Gianfranco Cartisano. è costituito parte civile.
E’ venuto fuori anche un altro processo in corso a Latina per caporalato, relativo allo sfruttamento in alcune aziende agricole di numerosi braccianti stranieri, che i lavoratori venivano prelevati dai caporali anche in uno dei centri gestiti dalle coop della famiglia di Soumahoro. Braccianti disperati come Satnam Singh, ndiano di 31 anni, soprannominato Navi morto due settimane fa dopo aver perso un braccio mentre lavorava tra i campi pontini e lasciato abbandonato al suo destino senza soccorsi, i quali venivano reclutati nella struttura portata avanti dalla cooperativa Karibu e finivano poi ad incrementare l’esercito dei nuovi schiavi.
In questo processo sono indicati come “caporali” gli stessi due stranieri indagati anche nell’inchiesta per sfruttamento dei lavoratori in corso a carico di Renzo Lovato, padre di Antonello Lovato, l’imprenditore agricolo che ha abbandonato al suo atroce destino il povero Satnam Singh, che sfruttava facendolo lavorare in “nero”, cagionandone la morte.
Uno dei braccianti al lavoro insieme a Satnam Singh, ha deciso di testimoniare su quello che ha visto. Anche se non è in regola con il permesso di soggiorno: “Ho deciso comunque di assumermi il rischio di essere cacciato dall’Italia con un foglio di via. Lo devo a Satnam e a sua moglie”. Per questo nobile motivo la Flai Cgil sta chiedendo permessi di soggiorno per motivi di giustizia. Così da permettere, a chi era presente, di raccontare questa tragedia. “Satnam era un bravo ragazzo, non ha mai fatto male a nessuno”, hanno testimoniato i suoi amici.
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