L’inchiesta è partita proprio dall’ILVA, che è costituita parte civile con l’avv. Angelo Loreto nel processo chiedendo un risarcimento di 4 milioni di euro, a presentare un cospicuo “dossier” alla magistratura, chiedendo di indagare sulle forniture “gonfiate”. Nell’esposto alla Procura della Repubblica di Taranto, vennero persino indicati alcuni esempi sulle modalità con cui veniva attuata la presunta truffa. All’ ILVA infatti era capitato di dover pagare 2500 euro un interruttore quando lo stesso, ma identificato con un nome diverso (questo era uno degli stratagemmi utilizzati per sviare la rete dei controlli interni ), poco prima era stato pagato soltanto 200 euro.
L’ ILVA in amministrazione straordinaria si è costituita parte civile solo nei confronti di 13 dei 46 imputati sotto processo, e cioè dei dipendenti attualmente in servizio con i quali, a seguito delle indagini interne dalla sicurezza aziendale, sono venuti alla luce numerosi elementi che hanno “minato il rapporto di fiducia“. Altri invece hanno definito con un accordo transattivo il contenzioso con la società . L’ ILVA ha reso noto che “nessuno dei dipendenti è attualmente in servizio presso la società. La richiesta di risarcimento danni è stata rivolta nei confronti di soggetti in relazione alle cui condotte sono emersi profili di irregolarità dalle indagini interne“.
Durante l’udienza l’avvocato Loreto ha fatto presente in aula che “Gianfranco Legnani, il quale secondo l’inchiesta ‘Ambiente svenduto‘ era il direttore ombra dello stabilimento tarantino, in quanto presunto leader dei fiduciari che pur non avendo un ruolo ufficiale dirigevano il siderurgico secondo il volere della famiglia Riva, in realtà perse l’incarico proprio per non essersi accorto della truffa che era stata messa a segno sotto ai suoi occhi“. Addirittura il ferro da demolizione veniva sovrastimato e gli approvvigionatori dei magazzini ILVA, in cambio della loro complicità ricevevano regali e “mazzette” da alcune ditte fornitrici, secondo quanto ha rivelato una stessa imputata nel corso del processo.
I casi denunciati e portati all’attenzione della magistratura nel 2010 erano più di 100, molti dei presunti reati commessi prima del 2008 a causa della lentezza della magistratura e delle indagini, sono finiti prescritti e quindi non più perseguibili. Il pm ha chiesto 5 anni di carcere per un imprenditore di Grottaglie, fornitore di materiale per lo stabilimento siderurgico, che deve rispondere anche dell’ accusa di “associazione per delinquere”. Trentadue le condanne fra i 5 anni e i 10 mesi di reclusione sono state richieste dall’accusa per 32 imputati tra i quali capi area e capi reparto dell’ILVA di Taranto, funzionari dell’ufficio acquisti di Milano, persino magazzinieri, ed imprenditori accusati di truffa ai danni dell’azienda nell’ambito dell’inchiesta sulle forniture . La sentenza è attesa per la metà di febbraio.