ROMA – I due giornalisti Giovanni Longo e Massimiliano Scagliarini della redazione barese de “La Gazzetta del Mezzogiorno” sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Bari per rivelazione di “segreto di Stato” in relazione alla pubblicazione degli articoli sul commissariamento per mafia del Comune di Valenzano.
Il Consiglio dei ministri alla fine dello scorso settembre aveva deliberato lo scioglimento del consiglio comunale di Valenzano per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi, e sulla base della relazione della commissione di accesso nominata dalla Prefettura di Bari ed autorizzata dal Ministero dell’Interno, ha deliberato lo scioglimento del consiglio comunale di Valenzano per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi. Soddisfatta la presidente della commissione parlamentare antimafia Rosi Bindi che ha commentato “seguiremo la fase del commissariamento del Comune“.
Gli 007 della Prefettura hanno lavorato al Comune di Valenzano per sei mesi, dal 17 novembre 2016 al 16 maggio 2017, analizzando gli atti e ascoltando i dipendenti, ed a seguito della propria ispezione , a luglio hanno inviato la relazione conclusiva al ministro dell’Interno Marco Minniti. Incredibilmente la giunta del Comune di Valenzano (guidata da una coalizione di centro-destra) lo scorso 7 agosto ancora prima di conoscere gli esiti dell’ispezione prefettizia, ha nominato un avvocato incaricato di “tutelare l’immagine dell’amministrazione comunale“.
Secondo l’avviso di garanzia notificato dalla Direzione distrettuale antimafia firmato dal procuratore aggiunto Francesco Giannella (a lato nella foto), i due giornalisti baresi “ottenevano (e pubblicavano in più occasioni sul quotidiano ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’) il contenuto degli atti allegati e posti a fondamento del decreto del Ministro dell’Interno con cui veniva disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di Valenzano, atti classificati come ‘riservati’, dei quali, dunque, era vietata la divulgazione“. Negli articoli pubblicati i giornalisti hanno riportato il contenuto dei documenti relativi a presunti intrecci fra politici, amministratori e pregiudicati locali.
I due giornalisti baresi Longo e Scagliarini assistiti dall’avvocato Gaetano Castellaneta del Foro di Bari , sono stati interrogati presso la sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri negli uffici giudiziari in via Nazariantz a Bari, ma si sono avvalsi della “facoltà di non rispondere“.
In difesa dei due giornalisti baresi sono intervenuti come sempre in “accoppiata” l’ Ordine dei giornalisti di Puglia e l’ associazione sindacale pugliese Assostampa con un comunicato in cui contestando la decisione della D.D.A. di Bari, sostengono che “pur nel rispetto del lavoro d’indagine della magistratura , rilevano come a fondamento del lavoro giornalistico vi sia il dettato costituzionale per cui la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure“.
Peccato qualcuno dimentica o ignora che il dettato costituzionale parlando di “stampa” (“la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure“) si riferisce all’ attività regolamentata dalla Legge sulla Stampa ( n. 47 del 1948), e non di quella giornalistica, attività che è invece regolamentata da un’altra Legge (n. 69 del 1963) che molti dovrebbero conoscere ed applicare, ed invece purtroppo per loro, in molti ignorano e calpestano. Anche se siedono su alcune poltrone grazie alle cordate sindacali….
Un principio su cui siamo parzialmente d’accordo, in quanto se la D.D.A. la Direzione distrettuale antimafia di Bari ha avviato un azione giudiziaria probabilmente quanto previsto dalla Legge non è stato rispettato. Noi siamo “garantisti”, ma rispettiamo le norme di Legge, e siamo e saremo sempre dalla parte della Legge. Così come i magistrati non sono esenti da responsabilità e quando violano la Legge finiscono in carcere, anche noi giornalisti non possiamo e non dobbiamo sentirci al di sopra della Legge e non dobbiamo pubblicare quanto è vietato dal Codice Penale. Chi lo fa se ne assume le responsabilità e ne risponde davanti alla Legge. Che è e deve essere uguale per tutti.