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21 Novembre 2024 17:21

INPS: l’aumento di stipendio a Tridico voluto dal governo M5s-Lega ed approvato dal governo M5S-Pd-Leu

La notizia sull’aumento di stipendio di Tridico ha irritato e non poco l'ala dura dei Cinquestelle ed imbarazzato, non poco, il Pd. Persino il più grande sponsor di Tridico, cioè Luigi Di Maio, ha deciso ormai di scaricarlo ed abbandonarlo al suo destino, facendo verbalizzare una "richiesta di chiarimenti" che nella durezza dei toni rivela l’enorme imbarazzo di chi ha scelto ed imposto il professore calabrese al vertice della previdenza nazionale

di REDAZIONE POLITICA

E’ molto difficile in queste ore trovare tra i giallorossi qualcuno disposto a difendere Pasquale Tridico presidente dell’Inps . La rivelazione dell’aumento-vergogna del suo compenso ha dato il via ad uno scarico di responsabilità in tutto il governo che potrebbe portare alle sue dimissioni.

Luigi Di Maio e Pasquale Tridico

Persino il più grande sponsor di Tridico, cioè Luigi Di Maio, ha deciso ormai di scaricarlo ed abbandonarlo al suo destino, facendo verbalizzare una “richiesta di chiarimenti” che nella durezza dei toni rivela l’enorme imbarazzo di chi ha scelto ed imposto il professore calabrese al vertice della previdenza nazionale.

La notizia sull’aumento di stipendio di Tridico ha irritato e non poco l’ala dura dei Cinquestelle ed imbarazzato, non poco, il Pd. I parlamentari grillini si sono scatenati nelle chat interne, definendo “vergognosa” una vicenda che mal si concilia con “la grande sofferenza dei cittadini, alle prese con la più grave crisi economica del dopoguerra“.

Posizione in perfetta sintonia con i deputati Pd, i quali mentre hanno riconosciuto che è assurdo dare 62mila euro l’anno al presidente di un ente pubblico che gestisce centinaia di miliardi, e che era giusto dunque retribuirlo maggiormente, ma in questo momento sarebbe stato meglio evitare.

Solo che Di Maio dimentica qualcosa e cioè che dietro all’aumento per raggiungere i 150 mila euro l’anno, c’è proprio lui quando nel governo gialloverde era ministro del Lavoro vicepresidente del consiglio dei ministri. Gli stipendi assegnati ai vertici di Inps, e di Inail, dicono le carte sono il vergognoso risultato di un accordo Lega-M5S avallato dal premier Giuseppe Conte, e raggiunto da Di Maio con l’altro vicepremier Matteo Salvini .

La legge 26 del 2019 istitutiva del “Reddito di cittadinanza” e di “Quota 100 prevede che le retribuzioni siano fissate con decreto del ministro del Lavoro. Lo dimostra una nota del 12 giugno 2019 a firma del capo di gabinetto (all’epoca dei fatti) di Di Maio, Vito Cozzoli , attuale presidente della società Sport e Salute, controllata del ministero dell’Economia. La nota riporta anche i numeri : 150 mila euro al presidente, 100 mila euro al vicepresidente e 23 mila euro ai tre consiglieri dei due consigli di amministrazione ancora da nominare.

Vito Cozzoli e Luigi Di Maio

La nota firmata da Cozzoli espressione di un accordo faticosissimo raggiunto tra Di Maio e Salvini per spartirsi sia l’Inps che l’Inail era indirizzata alla Direzione generale per le politiche previdenziali del Ministero del Lavoro e per conoscenza al premier Giuseppe Conte, al ministro del Tesoro Giovanni Tria e al Ragioniere dello Stato Biagio Mazzotta, con la quale si richiedeva una “valutazione definitiva di congruenza degli importi” ai fini “della predisposizione del decreto del ministero del Lavoro” che doveva ratificare le cifre. Ma il decreto del ministro del lavoro ( nel governo gialloverde) Di Maio non vide mai la luce.

La crisi voluta dall’ annuncio di Salvini al Papeete terremotò il governo gialloverde Conte 1 e conseguentemente slittarono le buste paga dei vertici e le nomine dei cda, per arrivare al decreto del 7 agosto scorso riportante la firma della ministra del Lavoro Nunzia Catalfo . Valeria Capone capo di gabinetto al Ministero del Lavoro (succeduto a Cozzoli) aveva confermato nella nota del 5 dicembre 2019 i nuovi emolumenti leggermente ritoccati per il ruolo di vice presidente a cui vanno 40 mila euro più 60 mila se ha deleghe.

Una soluzione che garantiva anche i 100 mila euro promessi al vice presidente dell’Inail Paolo Lazzari, un altro “fedelissimo” di Di Maio, con un passato per qualche mese nel 2018 da vicegabinetto di Cozzoli , avvocato e collega di facoltà all’Università Roma Tre ,nonostante ancora non in aspettativa, del presidente Inps Pasquale Tridico. Della serie “di che ti mando io” !

Un intreccio di legami amicizie e spartizione del potere. Tre delle quattro attuali nomine ai vertici di Inps e Inail sono frutto degli accordi del 1° Governo Conte (cioè quello gialloverde): alla presidenza dell’ Inail in quota Lega Franco Bettoni , ed il suo vice Paolo Lazzari in quota M5S e il presidente Inps Pasquale Tridico sempre in quota “grillina”. La Lega aveva indicato come vice presidente all’ Inps Mauro Nori, ma sua candidatura ed indicazione non riuscì a rimuovere i veti politici sulla sua nomina. Subentrato il governo Conte bis (cioè quello giallorosso), come vice presidente all’Inps è arrivata l’ex deputata del Pd Maria Luisa Gnecchi .

Ma il più imbestialito è il ministro del Tesoro Gualtieri, che ha co-firmato il decreto proposto dalla collega Catalfo, il quale non si dà pace ed ha preteso di scoprire chi ha “bollinato” il testo sfogandosi. Se questa vergognosa storia è venuta alla luce è stato grazie al collegio sindacale, che è composto in maggioranza da uomini della Ragioneria generale. Una magra consolazione.

Il vero grande scandalo è un altro, che finora è passato inosservato. La deliberazione sui compensi dei vertici Inps aumenta il capitolo di spesa di 522.000 euro. La legge prevede che questo aumento debba avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e quindi per metà è stato finanziato riducendo il capitolo destinato alle spese postali, e per metà riducendo il capitolo per manutenzione e noleggi. Potrebbe sembrare un dettaglio irrilevante, ma in realtà non lo è.

Uno dei primi atti della gestione Inps sotto la presidenza Tridico fu di quello interrompere il programma di spedizione delle buste arancioni, con le quali l’Inps si proponeva di informare ogni cittadino sull’ammontare che avrebbe percepito al momento di andare in pensione. È una questione di civiltà: sono moltissimi i cittadini che non hanno una idea chiara di quanto percepiranno allorquando andranno in pensione, e tendono a sovrastimare l’ammontare, con conseguenze in alcuni casi drammatiche sugli equilibri finanziari delle famiglie.

Quasi tutti i paesi europei, sull’esempio dei paesi del nordeuropa hanno un programma di buste arancioni, componente di un più ampio programma di educazione finanziaria. Il costo è irrisorio pochissimo (il prezzo di un francobollo convenzionato con Poste Italiane), addirittura “zero” per chi optava per la posta elettronica e può mettere in sicurezza una famiglia.

Ed ecco dove si nasconde il vero scandalo. Le buste arancioni venivano pagate sul capitolo di spesa del bilancio sotto il nome “spese postali”, che adesso è stato ridotto per finanziare l’aumento dei vertici Inps finanziato quindi letteralmente sulla pelle di migliaia di cittadini, che (comprensibilmente) non hanno gli strumenti per interpretare esattamente le complicatissime regole delle pensioni italiane.

È straordinario che Tridico un professorino indicato, voluto e nominato dal M5S, che si spacciano come i paladini della trasparenza sempre e ovunque, appena arrivato all’Inps si sia prestato ad interrompere una delle operazioni di trasparenza meno costose degli ultimi anni, ma molto più importanti e utili .

Legittimo chiedersi perché l’abbia fatto. Va evidenziata una coincidenza importante e cioè che al momento della interruzione improvvisa del programma, l’Inps si apprestava a inviare informazioni e chiarimenti su quota 100, che era stata introdotta da poco. Un servizio prezioso ed utili ai cittadini date anche le difficoltà oggettive di interpretazione della nuova norma, da cui però si sarebbe compreso che chi si fosse avvalso di quota 100 avrebbe subìto una decurtazione della pensione, qualcosa che non era chiaro a moltissimi italiani. Ma quelli erano i tempi del governo gialloverde (il Conte 1), e Quota 100 era il “fiore all’occhiello” della Lega.

Quindi il vero scandalo della vicenda non è né nell’importo dei compensi di Tridico all’ INPS, né nei tempi. Il vero scandalo è che l’aumento è stato finanziato sulla pelle di migliaia di pensionati ignari, per attuare una subdola operazione politica passata quasi inosservata, ma tra le più inutili, squallide e volgari della storia della nostra Repubblica.

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