Il diritto all’oblio su internet va rispettato e il gestore di un motore di ricerca deve deindicizzare le informazioni, rendendole di fatto invisibili, se chi ne richiede la deindicizzazione dimostra che sono manifestamente inesatte. Lo stabilisce la Corte di Giustizia dell’Ue, nella sentenza nella causa C-460/20/Google, relativa ad una causa che coinvolge Google e una società di investimenti, che si era rivolta alla società californiana affinché deindicizzasse alcuni contenuti, ritenuti inesatti, torna ancora una volta sul diritto all’oblio per ridimensionare lo strapotere del motore di ricerca online e per ribilanciare il diritto d’informazione rispetto a quello non meno importante della reputazione e dell’immagine personali.
Per tutta risposta Google si era rifiutata di deindicizzarli, affermando che ignorava se i contenuti riportati fossero inesatti o meno. La Corte federale di giustizia della Germania, investita della questione, si è rivolta alla Corte di Giustizia dell’Ue per ottenere alcuni chiarimenti in merito alla tutela del diritto all’oblio nel regolamento europeo sulla protezione dei dati.
I giudici di Lussemburgo hanno stabilito che il motore di ricerca deve deindicizzare contenuti ritenuti inesatti, se chi ne fa richiesta ne dimostra l’inesattezza: la prova, aggiungono i giudici, non deve necessariamente risultare da una decisione giudiziaria ottenuta nei confronti dell’editore del sito. Basta che il titolare del diritto dia una spiegazione fondata plausibile e completa sugli eventuali errori delle informazioni pubblicate.
Il motore di ricerca, che è soggetto “terzo” rispetto alle parti coinvolte, non è tenuto a ulteriori ricerche e valutazioni e deve oscurare i contenuti contestati (peraltro in tutto il web e non solo su siti dell’Ue, come ha stabilito l’ordinanza di Cassazione n° 34658 del 24 novembre scorso).
Non sono quindi i giornali telematici i soggetti demandati e tenuti a rimuovere le indicizzazioni sui motori di ricerca, come spesso avvocati e pseudo società di web-reputation sostengono, senza aver approfondito e studiato le vigenti norme di Legge.