L’Istat nei dati diffusi questa mattina rileva l’occupazione in crescita nel mese di gennaio. Aumentano di 30 mila unità gli occupati, con una crescita dello 0,1% rispetto a dicembre e di 236 mila unità rispetto al gennaio 2016.
L’effetto invecchiamento e Fornero sugli occupati over 50. Come accade già da molto tempo a spingere al rialzo i dati sull’occupazione è anche la componente demografica insieme all’effetto delle riforme pensionistiche. In altre parole, la popolazione invecchia e più persone restano lavoro. Una tendenza che emerge in modo evidente se si scorpora la crescita dell’occupazione – i 30 mila in più di gennaio – per classi di età. Nella fascia 16-24 l’aumento è pari a 0, in quella 25-34 cala di 6 mila unità, in quella 35-49 di 4 mila. Cresce invece, e sensibilmente, solo in quella 50-64: + 40 mila unità.
Scendono gli inattivi – Anche a gennaio crescono sia gli occupati (+30.000 su dicembre, +236.000 su gennaio 2016) che i disoccupati (+2.000 su dicembre, + 126.000 su gennaio 2016). Il dato si spiega con il calo degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-42.000 sul mese, -461.000 sull’anno). Gli inattivi diminuiscono in tutte le fasce di età mentre gli occupati crescono soprattutto tra gli over 50 grazie anche al passaggio in questa fascia dei baby boomers e alle regole più severe per l’accesso alla pensione. Se infatti in totale si registrano 236.000 occupati in più guardando nelle diverse fasce di età si vede che c’è un calo tendenziale di 26.000 occupati tra i 25 e i 34 anni e un calo di 132.000 unità tra i 35 e i 49 anni (anche per ragioni demografiche).
Si registra un aumento di 27.000 occupati tra i 15-24enni e un aumento di 367.000 unità tra gli over 50. Il tasso di occupazione cresce su base tendenziale per tutti con 0,5 punti in più per i 15-24enni, 0,4 punti in più per i 35-48 enni e 1,4 punti in più per le persone tra i 50 e i 64 anni. In questa fascia di età il tasso di occupazione (58,7%) è 13 punti superiore a quello (45,7%) di gennaio 2007. La crescita complessiva degli occupati riguarda sia i lavoratori dipendenti (+193.000, di cui +136.000 a termine e +57.000 permanenti) sia gli indipendenti (+43.000) e coinvolge entrambe le componenti di genere. “Al netto dell’effetto della componente demografica – spiega l’Istat – le variazioni tendenziali dell’occupazione risultano positive in tutte le classi di età e si conferma il ruolo predominante degli ultracinquantenni nello spiegare la crescita degli occupati, anche per effetto dell’aumento dell’età pensionabile“.
Cala la disoccupazione giovanile. Stabile invece il tasso di disoccupazione, vale a dire il rapporto tra le persone che cercano un impiego sul totale della forza lavoro, che resta all‘11,9% rilevato a dicembre. In netto calo invece il dato sulla disoccupazione giovanile, quello relativo alla fascia tra 15 e 24 anni, che scende dal 39,2% al 37,9%. Il dato però va letto anche insieme a quello sui giovani inattivi, coloro cioé che non hanno un impiego e non lo cercano, come ad esempio gli studenti. Guardando i valori assoluti si osserva infatti che a fronte di 30 mila disoccupati in meno nella fascia giovanile, risultano 30 mila inattivi in più. Il saldo dei nuovi occupati è invece pari a 0.
Il dato “depurato”. Da dicembre l’Istat però calcola anche la crescita del dato “depurata” dall’effetto demografico. In questo caso il dato tendenziale, cioè in confronto all’anno passato, è complessivamente positivo. Gli occupati crescono dello +0,9% tra i 15 e i 24enni, dello 0,7% tra i 35 e i 49enni e del 2,5% nella fascia 50-64 anni. Anche al netto dell’invecchiamento della popolazione, l’occupazione sale solo tra i meno giovani. Incremento che si deve, secondo l’Istat, all’effetto delle riforme pensionistiche: “Si conferma quindi – rileva l’Istituto – il ruolo predominante degli ultracinquantenni nello spiegare la crescita degli occupati, anche per effetto dell’aumento dell’età pensionabile“.
Aumentano gli occupati stabili, giù quelli a termine. Se si guarda invece al dato per tipologia di occupazione, a gennaio calano leggermente i lavoratori dipendenti per effetto di un calo dei contratti a termine (-28 mila) e di un aumento di quelli stabili (+21 mila). A contribuire invece alla crescita complessiva sono invece gli indipendenti – liberi professionisti, imprenditori, collaboratori, partite Iva ecc – saliti di 36 mila unità.