ROMA – Il Memorandum of Understanding Italia-Libia “può essere cambiato”, come del resto ogni intesa: “quando il governo libico riceverà quello che suggerisce il governo italiano, lo studierà e assumerà una posizione”. Questa l’iniziale reazione che arriva da Tripoli, da Hassan el Houni, consigliere per i media del premier Fayez al-Sarraj, contattato dall’Agenzia ANSA, in merito alla richiesta italiana di modificare l’accordo, che oggi è da considerare rinnovato per un altro triennio, fino al 2 febbraio 2023.
Da Roma è partito il primo passo ufficiale, la nota verbale per chiedere una riunione del Comitato misto italo-libico che dovrà concordare i cambiamenti all’intesa siglata il 2 febbraio 2017 da e dallo stesso Sarraj. Intanto, il maltempo non arresta le partenze di migranti: in 200 sono stati soccorsi dal mercantile italiano Asso Trenta, che lavora alle piattaforme petrolifere davanti alle coste libiche. Mentre arriverà domani a Taranto la Alan Kurdi che trasporta 88 persone soccorse la settimana scorsa.
L’articolo 7 del MoU prevede che esso “può essere modificato a richiesta di una delle Parti, con uno scambio di note, durante il periodo della sua validità”. Partita la nota di Roma si attende ora la risposta di Tripoli. Le modifiche andranno discusse nell’ambito del Comitato misto che si riunirà in data da concordare. L’Italia – pressata anche da una parte della maggioranza (LeU ed esponenti del Pd) – vuole ottenere un sostanziale miglioramento delle condizioni dei campi di detenzione libici (impropriamente definiti centri di accoglienza nel Memorandum), ora non rispettosi dei diritti umani, come da tempo denunciano le Ong. Quelli governativi sono una quindicina (circa 5mila gli ospiti), tra i quali quello di Abu Slim, svuotato nei giorni scorsi dei suoi 600 detenuti per decisione della Autorità. Il timore era che la struttura potesse essere bombardata, come accaduto al Centro di Tajoura nello scorso luglio (53 vittime).
La Libia è zona di guerra ed è difficile in questa situazione migliorare il trattamento umano dei migranti tenuti prigionieri. L’Italia punta a sostenere e rafforzare la presenza nei centri di organismi internazionali come Unhcr e Oim, che però continuano a segnalare la mancanza di condizioni minime di sicurezza necessarie. Per non parlare poi del ‘buco nero’ dei centri non ufficiali gestiti dalle milizie e difficilmente influenzabili dal Memorandum.
Matteo Orfini definisce quella di oggi – quando è scaduto il termine per disdettare il MoU – “una pessima giornata e di questa barbarie il mio partito è corresponsabile. Si metta mano a quegli indecenti accordi cambiandoli radicalmente. Si ripristini una missione di salvataggio in mare e si interrompa ogni collaborazione con la cosiddetta guardia costiera libica. E si porti in parlamento questa discussione”. Replica la compagna di partito Lia Quartapelle: “stracciare il Memorandum – osserva – vuole dire restare a guardare da lontano le atrocità commesse in Libia. Il Memorandum prevede varie azioni giuste rimaste inattuate. Cambiamolo per renderlo più efficace”. Per Costanza Hermanin, vicesegretaria di +Europa, “bisogna cancellare gli accordi con la Libia. Dopo lo scandalo del viaggio in Italia di Bija, il capo della guarda costiera libica già accusato dall’Onu di essere un trafficante di essere umani, il Governo non può e non deve limitarsi a una promessa di modificare l’accordo con la Libia. Bisogna cancellarlo”. Su Bija indagano le procure di Agrigento e Roma.
Sul fronte degli sbarchi, circa 200 persone che si trovavano su gommoni in difficoltà al largo di Tripoli, sono stati presi a bordo tra la notte e la mattinata dal mercantile Asso Trenta, che ora è diretto verso l’Italia in attesa che il Viminale assegni il porto. Possibile che qualcuno dei naufraghi venga evacuato su motovedette della Guardia costiera per ragioni sanitarie. La nave, inoltre, potrebbe ricevere viveri per gli ospiti durante il viaggio