di Francesca Lauri
L’elicottero che trasportava Kobe Bryant e sua figlia Gianna Maria Onore grande promessa della pallacanestro, era un Sikorsky S-7 bi-turbina prodotto nel 1991, un modello utilizzato anche in ambito governativo e militare. Ha volato per lo Stato dell’Illinois fino al 2015 poi è stato venduto. L’elicottero era partito alle 9:06 dall’aeroporto John Wayne di Orange County,e si è schiantato poco più di 40’ dopo nella zona di Calabasas, a ovest di Los Angeles, dopo essere salito intanto a oltre 609 metri di quota, e dopo aver sorvolato la città si è schiantato su una collina alta circa 420 metri, secondo i dati di Flightradar24.
Secondo i testimoni poco prima di precipitare alle 10 del mattino, sulle colline vicine a Los Angeles uno dei motori avrebbe emesso uno strano suono, anche se al momento la dinamica è ancora poco chiara e l’ultima parola l’avranno gli esperti dell’NTSB, l’ente americano che indaga sugli incidenti nel trasporto. Tra le altre cose, esamineranno la storia del pilota, i registri di manutenzione dell’elicottero, i registri del proprietario e dell’operatore, come ha spiegato in una conferenza stampa Jennifer Homendy membro del consiglio di amministrazione della NTSB .
L’elicottero di Bryant Kobe il cui soprannome era ‘Black Mamba’ quando ha colpito il suolo, stava volando a circa 160 nodi (296 km/h) e scendendo a una velocità di oltre 1219 metri al minuto. Kobe era diretto a Thousands Oaks, California, dove il Mamba avrebbe dovuto allenare una partita della squadra della figlia nella Mamba Cup un torneo con squadre maschili e femminili organizzato dalla sua Mamba Sports Academy, un progetto legato al basket della carriera post Nba del 41enne.Kurt Deetz, un pilota che faceva volare Bryant sul suo elicottero
“La probabilità di un guasto del motore gemello su quell’aeromobile? Semplicemente non accade”, ha detto al Los Angeles Times. Il Consiglio nazionale per la sicurezza dei trasporti, infine, in genere pubblica entro 10 giorni un rapporto preliminare che fornirà un sommario approssimativo di ciò che gli investigatori hanno appreso. Ma una rapporto completo sulla causa dell’incidente può richiedere un anno o più.
Anche se le autorità non hanno diffuso i nomi delle vittime, è confermata la presenza a bordo dell’elicottero di John Altobelli, coach di baseball all’Orange Coast College. Altobelli era a bordo con la moglie Keri e la loro figlia Alyssa, 13enne compagna di squadra di Gianna Bryant, secondo quanto riferito dalla famiglia del coach. Nell’incidente, oltre al pilota dell’elicottero che resta ancora senza nome, è morta anche Christina Mauser, assistant coach di Kobe nella squadra della figlia, come ha confermato il marito sui social network.
Le condizioni meteo non erano ottimali a causa della nebbia: la polizia locale aveva infatti non aveva fatto alzare in volo i propri elicotteri. La nebbia, come hanno confermato alcune fonti sentite dall’ agenzia di stampa americana AP-Associated Press, riduce la visibilità e potrebbe aver disorientato il pilota.
Secondo il database specializzato Aviation Safety Net Quello di ieri è il 43esimo esemplare precipitato . Nel 2017 – ultimo anno disponibile – l’International Helicopter Safety Team analizzando i dati di 49 Paesi (compresi quelli europei) calcola che gli incidenti, in totale, sono stati 239 e i morti 44, di questi 121 schianti (poco più della metà di quelli complessivi) e 20 vittime si sono registrati negli Stati Uniti.
L’ufficio del coroner della contea di Los Angeles ha annunciato che per il recupero dei corpi potrebbero volerci dei giorni, perché i resti dell’elicottero su cui viaggiava Kobe si trovano in una zona remota. Quando i primi soccorritori sono arrivati, hanno trovato detriti sparsi in un’area grande un quarto di acro avvolti tra le fiamme di un incendio innescato dallo schianto. All’indagine, come da prassi in questi casi, sta partecipando anche l’Fbi.
Le autorità domenica sera hanno isolato la zona. Il medico legale della contea di Los Angeles, il dott. Jonathan Lucas, ha affermato che il terreno accidentato ha complicato gli sforzi per recuperare i resti di Kobe Bryant, della figlia Gianna e delle altre sette persone a bordo dell’elicottero schiantatosi ieri nei pressi della metropoli californiana. Il medico stimato in almeno un paio di giorni il tempo necessario completare l’attività prima di poter effettuare le identificazioni dei corpi.
La tragica scomparsa della star dell’NBA ha sconvolto tutto il mondo dello sport e non solo. Molti gli atleti che sui propri social hanno voluto lasciare un messaggio per ricordare Black Mamba. “Profondamente triste nell’apprendere la straziante notizia della morte di Kobe Bryant e di sua figlia Gianna”. Dopo il suo ritiro, i Lakers avevano ritirato entrambe le maglie usate da Kobe Bryant, la 8 e la 24, un onore mai riservato ad altri giocatori della franchigia californiana
Anche la stella della Juventus Cristiano Ronaldo si è unito al cordoglio per la morte del campione statunitense, scomparso tragicamente in un incidente in elicottero. “Era una vera leggenda e fonte d’ispirazione per tante persone. Mando le mie condoglianze alla famiglia, agli amici e alle famiglie di tutti coloro che hanno perso la vita nell’incidente – ha scritto l’attaccante portoghese in un post su Instagram – Rip Leggenda”.
Kobe Bryant ex giocatore da meno di quattro, ritiratosi a 41 anni, nell’estate del 2016, è stato uno dei più grandi assi della storia Nba La stella dei Lakers lascia la moglie Vanessa Bryant e le altre tre figlie: Natalia, Bianca e Capri Bryant (nata qualche mese fa). Kobe è ampiamente considerato uno dei più grandi giocatori NBA di tutti i tempi. Figlio d’arte, prima di impressionare tutto il mondo, era cresciuto cestisticamente in Italia. Dai 6 ai 13 anni, seguendo il padre, Joe Bryant, nei suoi trasferimenti e impara subito la nostra lingua.
Tra il 1984 e il 1991, gli appassionati di basket di Rieti e Reggio Calabria, ma anche di Pistoia e Reggio Emilia hanno avuto modo di vedere seduto sulle tribune il piccolo Kobe. Ha stoffa da vendere. E lo si capisce ben presto: al rientro negli Usa, frequenta la high school e conquista il titolo statale con la Lower Merion High School, vicino a Philadelfia, la sua città natale. Kobe ornava spesso in Italia, aveva un legame speciale con Ettore Messina che nel 2011 era andato nello staff degli allenatori dei Lakers e ricordava ieri come con lui Kobe fosse tanto accogliente da parlare soprattutto in italiano.
Da giovanissimo Kobe Bryant , ancora, neanche 18enne, muove i primi passi in Nba. La scelta è degli Charlotte Hornets col numero 13 assoluto, ma Bryant viene girato ai Los Angeles Lakers. Una franchigia che non lascerà mai, dopo vent’anni di carriera, tra il 1996 e il 2016. Nella sua carriera anche la vittoria di una statuetta agli Oscar per ‘Dear Basketball’, miglior cortometraggio d’animazione, due anni fa, sulla sua lettera strappalacrime con cui aveva annunciato il ritiro al basket.
Kobe aveva partecipato a 18 All-Star Game, durante i suoi 20 anni di carriera con i Lakers. È stata la 18esima scelta del primo turno nel Draft del 1996. Ha vinto 5 campionati NBA, 2 MVP finali NBA ed è stato l’MVP della Regular Season del 2008. È stato incluso in 15 All-Star Team, in 12 squadre All-Defensive Team e ha guidato il campionato NBA per numero di punti segnati, per due stagioni. È stato il quarto marcatore di sempre nella storia NBA.
Colpiva anche la sua rara fedeltà a una stessa maglia che, nella Nba, non è più merce diffusa: vent’anni coi Lakers, fino a identificarsi come simbolo della stessa squadra gialloviola, uno dei club più fascinosi della lega basket americana. Teneva anche alla nazionale e ne trasse due medaglie d’oro olimpiche con gli Stati Uniti (Pechino 2008 e Londra 2016), che segnarono un apogeo d’autentica felicità. Da americano di mondo, conosceva non solo gli Stati Uniti, ma il pianeta, e tutto il suo sport.
Kobe Bryant e la sua famiglia
Los Angeles ieri si è come paralizzata dall’improvvisa morte di una delle sue star più amate. Lo Staples Center, la casa dei Lakers, stava ospitando i Grammy’s (gli oscar della musica) : all’interno i numeri 8 e 24, quelli ritirati in onore di Kobe, sono stati immediatamente coperti con un drappo nero, mentre all’esterno migliaia di fan si sono radunati per rendere omaggio alla leggenda gialloviola in un memoriale improvvisato. La casa di Lakers e Clippers sono stati l’epicentro del ricordo di Kobe, ma non l’unico: tutta la città ha reso omaggio ad una leggenda che, anche se aveva smesso di giocare, era rimasta un simbolo.