di Antonello de Gennaro
Come più volte spiegato ed anticipato di questo giornale, il parere richiesto all’ Avvocatura Generale dello Stato, dal ministro dello Sviluppo economico e del lavoro Luigi Di Maio, sulla procedura di assegnazione del Gruppo ILVA alla multinazionale franco-indiana Arcelor Mittal, si preannuncia una replica del precedente parere richiesto dall’ ex-ministro Carlo Calenda, durante le procedure di gara. Nel caso del governo precedente, quando la seconda cordata, cioè Acciaitalia composta da Jindal, Gruppo Arvedi, Delfin (la holding di partecipazioni ed investimenti di Leonardo Del Vecchio) e la Cassa Depositi e Prestiti, rilanciò sull’offerta economica d’acquisto offrendo , 1 miliardo e 850 milioni di euro, cioè 50 milioni di euro in più per superare l’offerta con cui Arcelor Mittal si era aggiudicata la gara.
L’ Avvocatura Generale dello Stato chiamata in causa da Di Maio, il quale per scopi mediatici, ha utilizzato la lettera strumentale ricevuta dal governatore della Regione Puglia Michele Emiliano, sempre più “nemico” dello stabilimento siderurgico, avrebbe riconfermato con una propria comunicazione ufficiale la regolarità della gara di assegnazione dell’ ILVA, che peraltro aveva già espresso nel giugno dello scorso anno, quando l’ex ministro Calenda chiese un parere sui rilanci della cordata Acciaitalia . In quell’occasione con parere di sette pagine, l’ Avvocato Generale dello Stato, Massimo Masella Ducci Teri fu molto chiaro: “Si rileva che l’apertura di una nuova fase di selezione delle offerte sarebbe effettuata in assenza di una concreta proposta migliorativa vincolante per il proponente, ponendosi dunque come invito agli operatrori economici a presentare condizioni negoziali più favorevoli di quelle sinora avanzate“.
Accogliere quindi il rilancio della cordata Acciaitalia , secondoè pressoche vuota vrebbe avvalorato il rischio di far cadere le offerte vincolanti pervenute, compresa quella vincente di Arcelor Mittal, un’iniziativa che avrebbe comportato il rischio per lo Stato di una “pressochè inevitabile apertura di una complessa fase contenziosa anche di natura risarcitoria, dall’esito tutt’altro che certo“. In parole più semplici, lo Stato avrebbe corso il forte rischio di soccombere pressochè certamente in un un giudizio con un danno di miliardi di euro per le casse dello Stato.
Ma sin dal giugno 2017 l’ Avvocatura Generale dello Stato, era stata molto esplicita, evidenziando che “ben difficilmente potrebbe essere svolta sotto forma di rilanci, atteso che la valutazione delle proposte non afferisce al solo prezzo di offerta, riguardando altresì altri profili complessi ed assai problematici, quali il piano ambientale, il regime occupazionale, o la capacità finanziaria”, Tutto ciò “pur essendo legittimo” continuava l’ Avvocato Generale dello Stato, “avrebbe fatto allungare i tempi“. Il parere precedente trasmesso al ministro Calenda evidenziava che una riapertura di gara (come auspicato recentemente dalla “strana coppia” Emiliano & Di Maio) comporterebbe “senz’altro la necessità di reperire le risorse economiche necessarie a garantire la gestione corrente dell’impianto industriale, con inevitabili ripercussioni sugli oneri finanziari a carico del bilancio pubblico“. Oneri calcolati in 30 milioni di euro al mese, che l’ Amministrazione Straordinaria non ha più in cassa, che dalla fine di agosto dopo aver pagato stipendi e saldato fornitori e ditte in appalto, è pressoche vuota .
Resta da vedere a questo punto soltanto se il ministro Di Maio avrà il coraggio e la trasparenza di pubblicare e rendere noto il parere dell’ Avvocatura Generale dello Stato, che secondo nostre fonti confidenziali sarebbe già pronto ed in procinto di arrivare sulla scrivania di Di Maio, ricalcando quello precedente, con analoga conclusione: la procedura di gara è stata regolare e l’ ILVA è aggiudicata alla cordata guidata di Arcelor Mittal. Con buona pace degli avvoltoi, sciacalli ed incompetenti che hanno volteggiato sul futuro dello stabilimento siderurgico di taranto, ma in particolar modo dell’economia ed occupazione tarantina che verte principalmente sull’industria siderurgica ed il suo indotto.
Come potevano capirlo uno come Luigi Di Maio che non ha mai prodotto lavorativamente nulla di buono o un magistrato in aspettativa ( esotto processo del CSM il Consiglio Superiore della Magistratura n.d.a) come Michele Emiliano che nella sua tragi-comica esperienza politica alla guida della Regione Puglia , non ha mai vinto un solo procedimento o ricorso dinnanai a tutti i tribunali possibili ed immaginabili, compresa la Corte Costituzionale ?
L 1% del PIL nazionale e l’economia ed occupazione di Taranto e provincia sono salvi. Nonostante i tentativi ostruzionistici di Michele Emiliano e degli pseudo ambientalisti tarantini ed i “populisti” del Movimento 5 Stelle che temono di non essere rieletti.