di REDAZIONE CRONACHE
Come il nostro giornale aveva intuito ed ipotizzato lo scorso 30 aprile in occasione dell’importante sequestro di armi disposto Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce in una masseria di Andria, in provincia di Bari, di proprietà di Antonio Tannoia un imprenditore agricolo 56 anni del posto, incensurato che venne arrestato in flagranza di reato, dove venne rinvenuto un vero e proprio arsenale da guerra: 65 fucili mitragliatori d’assalto tra cui Kalashnikov, Uzi, AK47, M12, AR15, 33 fucili comprese carabine di precisione, 99 pistole, mine anticarro, bombe a mano, circa 300 detonatori e 10 silenziatori per pistole. Un sequestro collegato alla vicenda giudiziaria che ha portato in carcere l’ex gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Beneditis.
L’indagine sul traffico di armi era stata inizialmente avviata dalla Dda di Bari affidata alla Polizia di Stato della Questura di Bari, guidata dal capo della locale squadra mobile, Filippo Portoghese e successivamente trasmessa a Lecce quando venne accertato il coinvolgimento del magistrato barese De Beneditis. Dagli atti dell’inchiesta è emerso anche il coinvolgimento di un caporal maggiore dell’Esercito italiano, Antonio Serafino, di 43 anni, che frequentava abitualmente il De Benedictis, che è stato arrestato per la detenzione dell’arsenale da guerra, che era in collegamento con alcuni trafficanti d’armi dell’area metropolitana barese . Analogo provvedimento è stato notificato in carcere all’ex giudice De Benedictis che si trova detenuto dal 24 aprile scorso per corruzione in atti giudiziari.
L’esistenza del nascondiglio dell’arsenale in un luogo segreto nella disponibilità dei due indagati era emerso grazie da un colloquio, intercettato fra De Beneditis ed il Serafino, che secondo le indagini, discutevano spesso di armi e di come procacciarsele e nasconderle. Si è così arrivati alla masseria di proprietà dell’imprenditore Antonio Tannoia ad Andria in provincia di Bari. Le intercettazioni effettuate nei confronti degli indagati, hanno consentito nel tempo gli investigatori ad ipotizzare che fosse proprio l’imprenditore andriese a custodire celare nella sua proprietà, l’importante quantitativo di armi e munizioni nella loro disponibilità. In occasione del suo arresto Tannoia sostenne e dichiarò che il luogo in cui erano state trovate le armi era nella disponibilità di De Benedictis.