Il Ministero della Giustizia blocca la riforma dell’accesso alla professione predisposta dal CNOG-Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti nel modificare i nuovi criteri, per evitare contrasti con la legge che regola l’accesso alla professione giornalistica. Dall’ Ordine dei Giornalisti dopo la “bacchettata” sulle mani, nessuno parla, tutti zitti. Sul sito ufficiale c’è ancora il Presidente Carlo Bartoli che spiega in un video (ancora oggi mai rimosso) il progetto di riforma ritenuto illegittimo e quindi illegale che potrebbe comportare il rischio di commissariamento dell’ .
Lo scorso 8 novembre il Consiglio Nazionale dell’Ordine aveva approvato con 30 voti a favore, 16 contrari, 4 astenuti, i “Criteri interpretativi dell’articolo 34 della legge 69/1963 sull’iscrizione al Registro dei Praticanti”. Un discutibile allargamento delle vie di accesso alla professione, che avrebbe permesso di accedere agli esami anche senza praticantato. Una possibilità che avrebbe consentito “in via eccezionale e su casi specifici, l’avvio del praticantato anche in assenza di una testata e di un direttore responsabile”. Resta da chiedersi: su quale presupposto di decideva se un caso era “speciale” ?
Il Ministero della Giustizia ha però bloccato la folle riforma sostenendo che l’intervento “non è consentito dal sistema ordinamentale. La legge istitutiva dell’Ordine professionale ha predeterminato le modalità di iscrizione nel registro dei praticanti in ragione di un periodo svolto presso una testata e con un direttore responsabile, senza delegare alcun potere normativo autoautonomo in capo al Consiglio nazionale”. Il Dipartimento per gli Affari Generali di Giustizia ( Direzione Generale degli Affari Interni – Ufficio II – Ordini Professionali e Albi ) del ministero via via Arenula , diretto dal magistrato Giovanni Mimmo, ex-giudice del lavoro nel tribunale di Roma, ha così bloccato l’autoriforma “pensata” dal Consiglio Nazionale dell’ Ordine dei Giornalisti, precisando che i nuovi criteri per l’iscrizione nel registro dei praticanti sono difformi e contrastanti con le normative vigenti e si prestano ad applicazioni diverse da parte degli Ordini regionali.
Il direttore Mimmo nella sua risposta ha premesso e chiarito che il Ministero non esercita una funzione di controllo di legittimità sulle delibere consiliari, potendone eventualmente sospenderne l’efficacia, ma ha il compito di vigilare sul funzionamento dei Consigli e degli Ordini di numerose professioni regolamentate. Quello che forse al Consiglio Nazionale dell’ Ordine non sanno o fanno finta di non sapere e temere, è che il Ministero ha il potere di scioglimento di un Consiglio che non sia in grado di funzionare regolarmente (per qualsiasi ragione), anche quando sia trascorso il termine di legge senza che si sia provveduto all’elezione del nuovo Consiglio, o ancora quando il Consiglio stesso, richiamato all’osservanza degli obblighi ad esso imposti, perduri nel violarli.
Sempre il direttore Mimmo nella sua lettera di ammonimento ricorda l’articolo 34 della legge n. 69/1963: “La pratica giornalistica deve svolgersi presso un quotidiano, o presso il servizio giornalistico della radio o della televisione, o presso un’agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno 4 giornalisti professionisti redattori ordinari, o presso un periodico a diffusione nazionale e con almeno 6 giornalisti professionisti redattori ordinari”. aggiungendo “La domanda per l’iscrizione deve essere corredata dalla dichiarazione del direttore comprovante l’effettivo inizio della pratica di cui all’articolo 34“. E le leggi si rispettano.
Il Ministero di Giustizia nella sua comunicazione scrive che “la delibera dell’8 novembre 2022 (del Consiglio Nazionale dell’ ordine dei Giornalisti – n.d.r.) in ottica di razionalizzazione e di armonizzazione della legge professionale con i mutamenti intervenuti nel tessuto sociale, in attesa che il Parlamento prenda in considerazione istanze riformatrici avanzate dalla categoria – come si legge nel comunicato contenuto nel sito del Consiglio a commento della delibera – si è spinta ad aggiornare alcune modalità di accesso all’esame di Stato, sostanzialmente attribuendo agli Ordini regionali la facoltà di consentire l’iscrizione con una ‘modalità eccezionale’ nel registro dei praticanti a tutti quelli che riescono a dimostrare di avere esercitato per 6 mesi attività giornalistica retribuita. Si tratta di un intervento di contenuto normativo non consentito dal sistema ordinamentale, nel quale la legge istitutiva dell’Ordine professionale ha predeterminato in modo compiuto e organico le modalità di iscrizione nel registro dei praticanti in ragione di un periodo svolto presso una testata e con un direttore responsabile, senza delegare alcun potere normativo autonomo in capo al Consiglio nazionale che abbia attitudine derogatoria alle fonti primarie”.
Il ministero ha giustamente sottolineato inoltre il pericolo della possibile discriminazione tra aspiranti giornalisti, perché dando agli Ordini territoriali la facoltà di decidere sulla nuova normativa si può creare “la possibilità di riscontrare prassi difformi sul territorio nazionale”. Concludendo Il Ministero della Giustizia ha invitato il Consiglio nazionale a “revisionare i criteri interpretativi deliberati in data 8 novembre 2022, per farli risultare coerenti con quanto disposto dagli articoli 33 e 34 della legge professionale, nonché dell’art. 36 del regolamento attuativo”.
Un consiglio serio a questo punto dovrebbe dimettersi dopo questa figuraccia, ma conoscendo qualcuno dei componenti (quasi tutti di estrazione sindacale) sarà difficile. Confessiamo che ci divertiremmo a vedere il CNOG commissariato… !