di Alessandra Monti
Il Tribunale di Bologna con ordinanza del 10 marzo ha stabilito che “Facebook non è solo una occasione ludica, di intrattenimento, ma anche un luogo, seppure virtuale, di proiezione della propria identità, di intessitura di rapporti personali, di espressione e comunicazione del proprio pensiero” e quindi la rimozione del proprio profilo senza alcuna legittima motivazione da parte della società deve essere risarcita. Facebook Ireland Limited , la società europea del colosso americano è stata condannata a risarcire i danni subiti dall’ avvocato Vincenzo de Gaetano, il quale era titolare di una pagina che aveva il proprio nome e cognome, al quale erano collegate 2 pagine di collezionismo e storia militare, una chiamata “Collezionismo, militaria e legge”, l’altra “Libri e riviste storia militare” con moltissimi contatti in tutto il mondo, al quale poco più di un anno fa all’improvviso erano state rimosse le sue pagine dal social network senza alcuna giustificazione. L’ avvocato de Gaetano è stato assistito dagli avvocati Claudia Pedicini, Valeria Damiani e Giulia Panizza.
Facebook ha sostenuto in Tribunale di avere distrutto tutta la documentazione relativa al contratto, e quindi di non essere più nelle condizioni di poter verificare i motivi della rimozione e quindi neanche di ripristinare l’account, giustificandosi per l’eliminazione definitiva delle varie pagine, addebitandole in realtà alla negligenza del professionista che aveva aspettato 7 mesi per iniziare il procedimento. Ma su questo punto il giudice parla di giustificazione “palesemente insincera” considerato che il gestore già nella e-mail del 3 gennaio 2020, cioè il giorno dopo il suo recesso unilaterale, scriveva all’utente de Gaetano che “l’account era stato disattivato in modo permanente a causa della violazione degli ‘Standard della Community di Facebook’ e che, purtroppo, non sarebbero stati in grado di riattivarlo in ogni caso“. I legali di Facebook hanno sostenuto inoltre che la causa doveva essere radicata in un tribunale dell’Irlanda e non a Bologna, ma il giudice ha fatto valere la legislazione a difesa del consumatore e ha proceduto al vaglio della vicenda.
Nell’udienza gli avvocati di Facebook hanno ribadito nel merito, come si legge dal provvedimento, “l’indeterminatezza della domanda arrivata dal ricorrente”, attaccandosi alla mancanza degli indirizzi Url (l’identità di ogni pagina o profilo) delle pagine , ma, gli stessi contestualmente hanno indicato l’esistenza di un precedente account collegabile all’indirizzo email di Vincenzo de Gaetano che in virtù del lungo tempo trascorso era stato definitivamente cancellato e i dati a esso associati non sarebbero potuti più essere ripristinati.
Un teorema difensiva quella di Facebook che è stata rigettata dalla 2a sezione civile del Tribunale di Bologna, poichè la cancellazione non era dovuta da alcuna esigenza oggettiva, trattandosi di dati immateriali, facilmente conservabili, almeno per un certo periodo. L’ordinanza del Tribunale, sottolinea invece la distruzione documentale, è la prova testimoniale di una condotta contrattuale scorretta, perché non permette di ricostruire l’andamento del rapporto, adottando “un comportamento negoziale palesemente contrario ai doveri di buona fede e correttezza”.
“La difesa svolta non soltanto è stata del tutto priva di fondamento, con manifesta funzione dilatoria, ma è anche venuta meno a elementari regole di correttezza processuale” in quanto “la rimozione di contenuti e la sospensione o cancellazione di account è prevista soltanto per le giuste cause indicate nel regolamento contrattuale, con obbligazione per il gestore di informare l’utente delle ragioni della rimozione”. L’ordinanza del Tribunale di Bologna evidenzia sulla rilevanza del danno, che l’esclusione dal social network, con la distruzione della rete di relazioni frutto di un lavoro di costruzione durato, in questo caso, 10 anni “è suscettibile dunque di cagionare un danno grave, anche irreparabile, alla vita di relazione, alla possibilità di continuare a manifestare il proprio pensiero utilizzando la rete di contatti sociali costruita sulla piattaforma e, in ultima analisi, persino alla stessa identità personale dell’utente, la quale come noto viene oggi costruita e rinforzata anche sulle reti sociali“
Un danno che non si può certo rimediare creando un nuovo profilo personale e nuove pagine, visto che resta evidente la perdita della rete di relazioni, “la quale viene costruita dagli utenti del social network con una attività di lungo periodo e non semplice” il cui risarcimento è stato quantificato dal Tribunale di Bologna in 10.000 euro per il profilo e in 2.000 euro per ciascuna delle 2 pagine cancellate.