Proscioglimento in primo grado, conferma in appello. Imputati erano l’ex amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni e la stessa società. Cuore del processo una presunta tangente da 198 milioni di euro che sarebbe stata pagata dal 2007 al 2010 da Saipem, società controllata dall’ ENI, a pubblici ufficiali algerini, in cambio di appalti petroliferi nel Paese nordafricano. L’accusa era “corruzione internazionale“ e “frode fiscale“. Ma la Suprema Corte di Cassazione, ha annullato il non luogo a procedere e gli ermellini della VI sezione penale hanno quindi annullato il verdetto emesso lo scorso 2 ottobre dal gup di Milano, Alessandra Clementi. Il sostituto procuratore generale della Cassazione Paolo Canevelli però aveva chiesto il “rigetto” del ricorso della Procura di Milano contro il non luogo a procedere e quindi di confermare il proscioglimento.
I pm di Milano: “Corruzione internazionale”
La procura di Milano aveva chiesto il rinvio a giudizio per l’ex numero uno di Eni Paolo Scaroni e di altre sette manager del gruppo petrolifero nel febbraio del 2015. L’ipotesi dei pm consiste, appunto, nel presunto versamento di denaro da parte della controllata di Eni all’allora ministro dell’energia dell’Algeria Chekib Khelil e al suo entourage per ottenere sette appalti petroliferi del valore di “oltre 8 miliardi di euro”.
Eni: “Prendiamo atto”
“Eni prende atto che la Cassazione ha oggi annullato la decisione del del Gup di Milano, che aveva prosciolto l’azienda e i suoi manager in relazione ad asserite condotte corruttive in Algeria”, ma ribadisce si legge in un comunicato”l’estraneità della società e dei propri manager rispetto ai fatti oggetto del procedimento in corso” ricordando che “verifiche svolte da soggetti terzi sulle attività algerine oggetto di indagine e messe a disposizione delle autorità competenti, non hanno evidenziato condotte illecite da parte della società”. Eni “continuerà a fornire la massima collaborazione alla magistratura affinché quanto prima sia fatta chiarezza sulla sua estraneità dalle vicende in questione”.
ILVA & Palazzo Chigi.
Scaroni, attualmente deputy chairman di Rothschild, si è candidato nei giorni scorsi per la guida dell’ILVA. “Diciamo che se si creasse una cordata italiana che avesse bisogno di una persona che conosce un po’ il mondo dell’acciaio ci penserei”, ha detto Scaroni a Mix 24, la trasmissione di Giovanni Minoli a Radio 24, aggiungendo “Qualcuno me l’ha ventilato, ma ripeto, siccome siamo in una fase molto molto iniziale, è difficile ventilare ipotesi così remote“.
Con che coraggio adesso Palazzo Chigi ed il sottosegretario alla presidenza Claudio De Vincenti, sosterranno che Paolo Scaroni è un'”ottimo manager di livello internazionale“? E sopratutto lascia perplesso che nessun quotidiano nazionale (compreso il Corriere della Sera) nel parlare dell’ ex-presidente dell’ ENEL e dell’ ENI alla possibile guida di una cordata italiana per l’ ILVA , dimentica il conflitto d’interessi essendo vice presidente di Banca Rotschild attuale advisor per la vendita proprio dell’ ILVA.