La Suprema Corte di Cassazione ha confermato le due precedenti sentenze di condanna nei confronti del consigliere regionale del Partito Democratico Michele Mazzarano, che adesso potrebbe ( e dovrebbe secondo noi) lasciare il consiglio regionale pugliese. A meno che il Partito Democratico non voglia avere un pregiudicato, condannato con sentenza definitiva fra le proprie fila.
Nella precedente sentenza della Corte di Appello, il collegio presieduto dal giudice estensore Antonio Del Coro, a latere dr.ssa Luciana Cavallone e dr.ssa Paola Rosalia Incalza aveva così confermato la sentenza di primo grado emessa lo scorso 26 maggio 2021: “la vicenda sebbene – forse – più ordinaria di quanto non si creda, appare, tuttavia particolarmente grave in quanto mina alle radici il rapporto tra cittadino e politica nonchè il diritto/dovere della libertà del voto, per cui lo scostamento della pena base da parte del primo Giudice appare più che giustificato” criticando fortemente l’operato del consigliere regionale Michele Mazzarano (esponente del PD) , che già in precedenti processi che lo vedevano imputato in vicende giudiziarie dove “giravano soldi”, dai quali si era salvato da condanne pressochè certe, grazie alla lentezza della giustizia ed all’ intervenuta prescrizione.
Nel dispositivo di sentenza di secondo grado si leggeva che “non va dimenticato che le affermazioni effettuate dal Pastore (condannato insieme al Mazzarano n.d.a. ) risultano essere state, di volta in volta, pienamente confermate dagli accertamenti effettuate dagli investigatori, ivi comprese le dichiarazioni rese dai personaggi via via coinvolti nella presente vicenda i cui verbali di s.i.t. rimangono acquisiti agli atti”.
Con la sentenza definitiva della Suprema Corte di Cassazione che pubblicheremo lunedì Michele Mazzarano dovrebbe in ogni caso ( Legge Severino o no) lasciare la politica nelle istituzioni. E dovrà dire “addio” anche alla Direzione nazionale del Pd dove era entrato, venendo “premiato” per aver appoggiato in provincia di Taranto la candidatura dell’attuale segretaria Elly Schlein.
Mazzarano non vuole lasciare la Regione
“La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso con cui si proponeva l’annullamento della sentenza sulla presunta ‘corruzione elettorale’ della mia campagna elettorale del 2015 su cui si era precedentemente pronunciata la Corte d’Appello. In attesa di leggere le motivazioni, ribadisco la mia innocenza di fronte a una “falsità storica’. Non ho fatto mai il famoso ‘patto’ secondo cui avrei avuto un comitato elettorale gratis in cambio di posti di lavoro”. dichiara Michele Mazzarano, del Pd, consigliere regionale della Puglia.
“Le sentenze si basano sulla deduzione secondo cui l’apertura del comitato elettorale -afferma- avrebbe presumibilmente comportato anche il “patto sul voto”, senza prove evidenti della presenza di questo patto. Di solito la “corruzione elettorale” si riscontra con tanti voti (spesso dimostrati con prove documentali) in cambio di denaro o altre utilità. In questo caso invece il riscontro riguarda una “deduzione” supportata da dichiarazioni contrastanti e non da accertamenti evidenti”.
Mazzarano precisa che “la pena comminata é sospesa, non é menzionata sul casellario giudiziale e non ci sono ripercussioni sul mandato da consigliere regionale. Il reato in questione -conclude- non é disciplinato dalle norme della Legge Severino”.
Come al solito il neo-pregiudicato Mazzarano cerca degli espedienti per rimanere a galla per non abbandonare la politica, dimenticando qualcosa. E cioè che le sue giustificazioni non sono state ritenute credibili e tantomeno valide in ben tre gradi di giudizio, a partire dal Tribunale monocratico di Taranto, per passare dalla Corte di Appello e finire dinnanzi agli ermellini della Suprema Corte di Cassazione che hanno confermato ai sensi dell’ art. 86 d.P.R. del 16 maggio 1960) la sua condanna a 9 mesi per “corruzione elettorale” e 5 anni di sospensione dal diritto elettorale e da tutti i pubblici uffici, . Qualcuno dovrebbe spiegare a Mazzarano che la “non menzione” non elimina la condanna, e che quando arriva la sentenza definitiva, sul certificato penale compare tutto, infatti comporta solo “ la non iscrizione della condanna sul certificato del casellario giudiziale, rilasciato a richiesta di privati, salvo che per motivi elettorali”.
Se avesse rispetto per la giustizia, e per gli elettori Mazzarano dovrebbe dimettersi immediatamente, ma sarebbe un pò troppo per un politicante che si è sinora salvato in ben due processi, dove c’erano tracce di assegni ricevuti, grazie alla intervenuta prescrizione. Il codice Etico del Pd prevede inoltre all’articolo 5 che “le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione anche di carattere interno al partito, coloro nei cui confronti (…) sia stata emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva ovvero a seguito di patteggiamento, per delitti di corruzione nelle diverse forme previste e di concussione”. Ma secondo Mazzarano non è successo niente…!