BARI – La Cgil è arrivata ad un passo dall’accordo per eleggere il nuovo vertice, con Maurizio Landini segretario generale e Vincenzo Colla vice. Alla fine, nella tarda notte di mercoledì, al congresso di Bari è stata raggiunta un’intesa con l’altro candidato, Vincenzo Colla, per evitare una spaccatura tra i sostenitori dei due schieramenti. Al centro dell’accordo anche la composizione dell’intera segreteria confederale. Nella proposta su cui si sta chiudendo l’accordo è previsto anche l’ingresso di un secondo vice segretario generale, donna. L’ipotesi è sul nome di Gianna Fracassi. In segreteria inoltre a fronte di uscite già programmate di Camusso e Martini entrerebbero il segretario generale dei chimici Emilio Miceli, considerato vicino a Colla , ed un altro componente femminile di area landiniana.
L’elezione del nuovo segretario generale dovrebbe avvenire oggi nell’ambito del 18° Congresso nazionale della Cgil a Bari, che succederà a Susanna Camusso. Dopo giorni frenetici di contatti e confronti, la presentazione di liste contrapposte, il nuovo leader Cgil sarà eletto oggi dell’assemblea generale . La Camusso lascia la guida del sindacato dopo il limite dei due mandati e otto anni come segretaria generale designando il suo successore.
“Abbiamo trovato la soluzione per tenere unita la Cgil, lo voleva questa sala, la nostra gente, lo voleva anche il Paese” dice il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Colla che aggiunge: “Ho tolto la disponibilità a fare il segretario generale perché abbiamo fatto un accordo“. A margine del congresso nazionale, spiega: “Ho voluto far di tutto per non rompere la Cgil, al voto andrà un unico segretario, che sarà il segretario di tutti”.
Maurizio Landini a 15 anni comincia a lavorare come apprendista saldatore, a 57 si appresta a prendere il timone del più grande sindacato italiano.. Quarto di cinque figli, Landini nasce in un piccolo paese dell’appennino reggiano, a Castelnuovo ne’ Monti, cuore dell’Emilia Rossa, il 7 agosto del 1961, da padre cantoniere e madre casalinga. Costretto a lasciare gli studi di geometra per contribuire al bilancio famigliare, trova lavoro in una cooperativa di Reggio Emilia.
Uno dei suoi maestri è Claudio Sabattini e, grazie alla sua lezione, matura e rafforza la giovanile intuizione che un sindacalista che non ha una condivisione sentimentale con chi rappresenta deve cambiare mestiere. E, per questo, ‘operaio dentro’, Landini, lo è sempre stato. Altra ‘guida’ è un altro segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini. Un sogno nel cassetto era quello di fare il calciatore ma sono ben altri i campi dove giocherà le sue partite più importanti e, soprattutto, come lui stesso racconta, appena quindicenne, capisce subito quella che è la missione del sindacato “rappresentare le condizioni di chi lavora e non deve guardare in faccia nessuno”. Divenuto delegato sindacale della Fiom, a metà degli anni ottanta si impegna a tempo pieno nel sindacato, muovendo i primi passi sulla strada che poi lo porterà ai massimi vertici della federazione delle tute blu della Cgil.
Landini approdato nella segreteria nazionale, è responsabile del settore degli elettrodomestici e di quello dei veicoli a due ruote. Conduce le trattative con Electrolux, Indesit Company e Piaggio. A questi incarichi si aggiunge quello di responsabile dell’Ufficio sindacale che lo ha portato a seguire a stretto contatto con l’allora Rinaldini, le trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici nel 2009. Il primo agosto del 2010, Landini diventa segretario generale della Fiom e lo sarà fino al 15 luglio del 2017.
Epocale fu lo scontro di Landini con Sergio Marchionne, nella vertenza Fiat sul progetto ‘Fabbrica Italia‘. Una battaglia, quella condotta dalla Fiom di Landini sugli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori, che segna anche una spaccatura all’interno del fronte sindacale con Fim e Uilm. Nel 2012, la Fiom si costituisce parte civile nella sentenza da lui definita «storica» che condanna i vertici della Thyssen Krupp a pene detentive per l’incidente sul lavoro nella fabbrica di Torino in cui perdono la vita sette operai. La Fiom con Landini svolge un ruolo attivo anche nella vertenza Ilva per mantenere la produzione ma al contempo salvaguardare la salute e l’ambiente. Fino alla firma dell’accordo con l’azienda sotto questo governo.
Landini chiude il suo mandato in Fiom con il rinnovo del contratto dei metalmeccanici il 26 novembre 2016, il primo unitario con Cisl e Uil, dopo due separati. Da corso Trieste, sede dell’ex Flm, a Corso d’Italia, il passo è breve e in Cgil diventa segretario generale.
Sono anni, quelli alla guida della Fiom, che vedono Landini acquistare una sempre maggiore popolarità anche grazie alla sue apparizioni televisive, in felpa o in camicia, ma mai con la cravatta. Anni in cui il sindacalista, che si muove su una linea di pragmatismo e conflitto sui principi, sembra assumere un ruolo più politico di riferimento della sinistra. In Cgil, è il leader della sinistra interna. Dopo un iniziale feeling con il segretario del Pd, Matteo Renzi, diventa il più tenace oppositore del “Jobs Act”. Altra battaglia che culmina con una grande manifestazione a Roma.
A quel punto, i tempi sembrano maturi per un impegno in politica a tempo pieno. Sembra cosa fatta quando Landini nel 2015 lancia ‘Coalizione Sociale‘, un soggetto politico-sindacale che riceve l’appoggio di numerose personalità della sinistra, come Stefano Rodotà, Pancho Pardi, Valentino Parlato, Vittorio Agnoletto, Alfonso Gianni, Gino Strada. E, a causa di questo, i rapporti tra Landini e il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, spesso tesi, subiscono un altro colpo. La Camusso infatti, chiede a Landini di cancellare qualsiasi ambiguità nel rapporto con la politica.
Ma Landini più di una volta dice di non voler fondare un nuovo partito. In molti se lo aspettano. Ma non sarà così. Nel dna dell’ex operaio metalmeccanico c’e’ e rimane il sindacato. E il futuro gli riserva una nuova sfida, quella della segreteria generale. Fino a un anno e mezzo fa nessuno avrebbe scommesso un euro sul fatto che Susanna Camusso avrebbe proposto Maurizio Landini come suo successore alla guida della Cgil.
Lui, il capo della sinistra interna; il leader della Fiom (dal 2010) che non aveva votato per Camusso segretaria e che, dall’opposizione, aveva bocciato le più importanti scelte della Cgil e aveva teorizzato prima la costruzione di una «coalizione sociale», un soggetto politico catalizzatore dei movimenti a sinistra del Pd, e poi aveva simpatizzato con Matteo Renzi benché fosse impegnato in una rottamazione anche ai danni della Cgil. Il sindacalista con la felpa della Fiom che imperversava nei talk show televisivi e che, nella Cgil, portava avanti la rivoluzionaria proposta di eleggere il segretario generale del sindacato con le primarie.
Poi, nel corso del 2016, la svolta. Sull’onda della rottura col governo sul Jobs act e sul referendum costituzionale, condivisa praticamente da tutta la Cgil, Landini si avvicina alla maggioranza guidata da Camusso. Nel novembre del 2016 torna a firmare insieme con Fim-Cisl e Uilm-Uil il contratto di lavoro dei metalmeccanici (non accadeva dal 2008). E nel luglio 2017, su proposta di Camusso, viene eletto col 95% dei voti dell’Assemblea generale nella segreteria nazionale. Da quel momento si capisce che sarà della partita per la segreteria generale.
Dirada le presenze televisive, dismette la felpa Fiom (ma non la maglietta della salute); si accredita presso le altre categorie, lui che ha una carriera tutta trascorsa nei metalmeccanici dopo aver cominciato a lavorare a 15 anni come apprendista saldatore; converge sul documento congressuale della Cgil proposto dalla segreteria Camusso. Che, dopo una consultazione interna, lo propone infine per la segreteria generale. E’ stato visto con la cravatta (rigorosamente rossa) solo una volta, per la firma di un accordo sul rilancio della Whirpool a Palazzo Chigi nel 2015. Ha all’attivo un paio di libri: “Cambiare la fabbrica per cambiare il mondo” e “Forza Lavoro“. Non è poco.