La seconda giornata della convention Democratica, in corso a Chicago, Illinois, si è chiusa nel segno dell’urgenza di battere Donald Trump espressa dalla ex coppia presidenziale più amata dai Democratici. Per prima è toccato a Michelle Obama dire: “Non è il momento di mettersi a sedere e lamentarsi, fate qualcosa” seguita dal marito Barack Obama, ex presidente USA per fermare i “buu” di disapprovazione nei confronti di Trump, dicendo: “Non fate buu, votate”.
L’ovazione con cui, intervenuti in due momenti distinti, sono stati salutati dalla platea di cinquemila delegati, a cui si sono aggiunte tante altre persone, ha confermato ancora una volta il loro carisma. Entrambi hanno messo in guardia dal ritorno di Trump alla Casa Bianca. Entrambi hanno confermato la piena fiducia in Kamala Harris che, ha detto Obama, lo ha reso di nuovo “speranzoso”. Sia Barack sia Michelle hanno anche sottolineato come la situazione sia cambiata con la candidatura di Kamala, parlando di “aria nuova”.
L’ex presidente nel suo intervento alla convention dei Democratici ha detto: “Non so voi ma io mi sento carico”. Il clima alla convention è stato magnetico ed elettrizzante, contrassegnato in serata dalla conferma dei delegati della nomination di Harris effettuata con una cerimonia molto musicale. Tutti sono convinti che se fosse rimasto Joe Biden, seppure molto amato dalla base, non ci sarebbe mai stato lo stesso entusiasmo. E allora vale quello che ha detto il candidato vicepresidente, il governatore del Minnesota Tim Walz, in un comizio in Wisconsin andato in scena in contemporanea con la convention di Chicago. I Repubblicani “pensavano di aver vinto, che la storia fosse già finita ma non potete immaginare quanto le cose possono cambiare in sole quattro settimane”.
“Con il cuore grato io sto qui davanti a voi in questa notte d’agosto per annunciarvi che la democrazia ha vinto” – ha detto – “La democrazia ce l’ha fatta e ora deve essere preservata”. Il messaggio di Biden è arrivato dopo che un’altra donna, Hillary Clinton, la prima a essere andata vicina dal battere Donald Trump, nel 2016, aveva celebrato la scelta di un Partito democratico passato dalla disperazione all’entusiasmo nel giro di un mese.
Lo scorso 21 luglio Biden aveva annunciato il suo ritiro con un simbolico “passaggio della torcia” alla sua vice. Nella città in cui avrebbe dovuto scrivere il suo successo più grande, nella convention Democratica che avrebbe dovuto incoronarlo per l’ultima volta, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha passato ufficialmente il testimone alla sua vice, Kamala Harris. Con un discorso lungo ed emozionante, capace di strappare le lacrime alla platea riunita a Chicago, che lo ha applaudito a lungo, invocato con cori di ringraziamento mai sentiti prima, Biden ha chiuso un capitolo ed ha assicurato che Kamala Harris sarà “un presidente che i nostri figli potranno ammirare“, “un presidente rispettato dai leader mondiali, perché lo è già. Sarà un presidente di cui tutti potremo essere orgogliosi e sarà un presidente storico che darà la sua impronta al futuro dell’America“.
Biden non ha risparmiato dure critiche e attacchi al rivale Donald Trump, definendolo un “perdente” e un “criminale“. In particolare, si è soffermato sulle circostanze dello storico inizio della sua presidenza dopo l’insurrezione del 6 gennaio 2021. “Ho alzato la mano destra e ho giurato a voi e a Dio di preservare, proteggere e difendere la Costituzione e di eseguire fedelmente l’ufficio di Presidente degli Stati Uniti”, ha detto Biden ricordando il suo tumultuoso insediamento quattro anni fa. “Davanti a me c’era una città circondata dalla Guardia Nazionale. Dietro di me, il Campidoglio, solo due settimane prima, era stato invaso da una folla violenta. Quello che sapevo allora, dal profondo del mio cuore, lo so ora: in America non c’è posto per la violenza politica. Nessuno”, ha proseguito il presidente uscente. “Non si può dire di amare il proprio Paese solo quando si vince”, ha sottolineato Joe Biden.
Proprio la sua vicepresidente, in uno dei momenti più sorprendenti, era salita sul palco della convention per rendere onore a Biden e invocare quella parola chiave, “Freedom“, pompata dalle note del brano di Beyonce‘. “La libertà”, ha detto Harris ai delegati, contrapposta al disegno autoritario di Trump. Per poi rilanciare il suo slogan: “Quando lottiamo, vinciamo“.
Sembra tutto molto più lontano ma per non rendere la rimonta vana, hanno ricordato gli Obama, serve una cosa: fare qualcosa. Votare. L’urgenza con cui l’hanno ribadito nei loro interventi dimostra che nonostante l’entusiasmo e l’energia che sta pervadendo la convention, e i sondaggi favorevoli, la partita è ancora in bilico. Ma come Obama ha detto, regalando uno dei suoi momenti di popolarità quando ha riadattato il suo celebre slogan elettorale, “Yes she can”. Sì, Kamala Harris può farlo. Ma è necessario che gli elettori americani vadano a votare.
La terza serata della convention Democratica a Chicago ha celebrato la classe media e il sogno americano. Lo fa con l’atteso intervento dell’ex presidente Bill Clinton e con la celebrazione del candidato vice Tim Walz. C’è stato molto altro, dall’arrivo sul palco di Stevie Wonder che ha invitato a “scegliere la gioia sulla rabbia”, a quello della star televisiva d’America Oprah Winfrey, che ha ripreso lo slogan lanciato la sera prima da Michelle Obama, il “do something“, cioè fai qualcosa per condurre Kamala Harris alla vittoria il 5 novembre. Ma i momenti più forti e simbolici sono stati quelli di Clinton e Walz, così diversi ma uniti nel parlare alla classe media, la vera chiave per vincere.
L’ex presidente è il leader che più di tutti nel partito è capace di colpire nel cuore i moderati, gli indipendenti. E lui lo ha fatto, passando dalla citazione pop del McDonald’s, ricordando il passato di Harris da lavoratrice nella catena americana (“sono contento perché da presidente batterà il mio record di maggior tempo passato al McDonald’s“), al tributo dei lavoratori, dell’America rurale, della gente che porta avanti il lavoro in silenzio e anche del football, di cui Walz è stato coach ai tempi del liceo. E poi l’appello a votare per “poter essere orgogliosi per il resto della propria vita“.
Walz ha seguito la stessa linea, mettendo a confronto la visione Repubblicana e quella Democratica, riassunta in una battuta: “Alcuni Stati hanno messo al bando i libri dalle loro scuole, noi la fame dalle mostre”. Ma anche ricordato che nell’agenda di Harris c’è il taglio delle tasse alla classe media e la riduzione del costi dei farmaci di prima necessità.
La platea di migliaia di delegati e ospiti ha accompagnato ogni passaggio con ovazioni, clima molto elettrico, quello stesso clima che aveva in dotto Clinton lunedì a rimettere mani al suo discorso e riscriverlo mettendoci più gioia da trasmettere. Molte volte la platea ha intonato il coro patriottico “Usa Usa”, per strapparne l’esclusiva ai conservatori. Finale con l’ingresso sul palco di tutta la famiglia Walz, inclusa la moglie che finora ha scelto un ruolo laterale, evitando protagonismi. Harris ha seguito la serata dall’hotel che la ospita a Chicago, evitando di rubare la scena al suo vice, in attesa della serata finale, che chiuderà la convention e lancerà il conto alla rovescia verso l’Election Day. Mentre a tarda notte, con l’arena di Chicago ormai svuotata, i delegati arrivati dal Minnesota, lo stato di Walz, continuano a intonare cori e a invocare il nome del candidato vice, felici di vivere una giornata da protagonisti grazie al governatore coach e al suo messaggio di unità.