Il Governo nella persona del presidente del consiglio, Matteo Renzi, vuole che si concludano a breve le attuali negoziazioni per la cessione dell’ ILVA e pressano il commissario Gnudi che sta cercando di chiudere la trattativa. Renzi vuole postare fra i suoi tweet e slide il secondo salvataggio aziendale nazionale:dopo l’ Alitalia anche l‘ ILVA . Un salvataggio che ad onor del vero sembra allo stato attuale più una svendita di un altro pezzo dell’industria italiana italiana, che un valore reale per i conti economici del nostro PIL . Piero Gnudi è perfettamente a conoscenza che di questo passo senza uno stabile forte sostegno finanziario l‘ ILVA rischia di chiedere i battenti . Non a caso sono proprio le banche, a spingere e premere affinchè la trattativa per la cessione si concluda concretamente. Altrimenti la disponibilità della seconda tranche del prestito ponte concordato con Gnudi, cioè gli altri 125 milioni sui 250 complessivi stanziati potrebbe sfumare.
Il commissario governativo attuale, è perfettamente consapevole e conscio che allo stato attuale l’ ILVA perde mensilmente alcune decine di milioni di euro, che non sono certamente i 60-70 milioni denunciati dal presidente di Federacciai Antonio Gozzi nel maggio scorso durante la gestione del precedente commissario governativo Enrico Bondi , ma resta sicuramente un bella somma, e peraltro Gnudi sa perfettamente che di questo passo il valore dell’acciaieria di Taranto scende ogni giorno di più. I possibili acquirenti dell’ ILVA e cioè i franco-indiani di ArcelorMittal in cordata con il Gruppo Marcegaglia stanno facendo pressione su questo aspetto, cercando di far scendere il prezzo. Proprio ieri il Corriere della Sera, ha anticipato che potrebbe avvicinarsi allo “zero” o persino essere negativo. I rappresentanti del colosso franco-indiano che si stanno occupando della trattativa guidati dal chief executive officer per l’Europa, Aditya Mittal, figlio del patron del gruppo Lakshmi, sono stati più che chiari : piuttosto che concretizzare l’eventuale valore dell’ ILVA è necessario e fondamentate accertare e quantificare le cause che lo abbattono giorno dopo giorno.
Innanzitutto è importante chiarire la fine che faranno gli attuali debiti a medio lungo termine dell’ ILVA che si attestano sul miliardo e mezzo ai quali bisogna aggiungere i circa due miliardi di investimento ambientale e industriale da realizzare, necessario e fondamentale per rilanciare lo stabilimento con una produzione che sia sostenuta e sostenibile, considerando sarà necessario spingere sull’attività industriale ma in un contesto ambientale compatibile, per poter ritornare a produrre a regime senza inquinare come avvenuto sino ad oggi. Oltre a questi numeri che saranno necessari, secondo le stime calcolate dagli acquirenti, un periodo che oscilla fra i 6 ed i 12 mesi per raggiungere gli standard che consenta di non perdere 60 milioni al mese, e quindi il totale dell’ l’investimento complessivo necessario sfiora i 4 miliardi di euro.
Ovviamente stiamo parlando di una “new company” dell’ ILVA da costituire, lasciando nella “bad company” , cioè l’attuale ILVA i rischi di dover risarcire danni civili e patrimoniali per il precedente danno ambientale alla cittadinanza, causati dalla gestione della famiglia Riva. Il Governo e il commissario, hanno posto come punto stabile della trattativa la salvaguardia dei posti di lavoro per 12 mila dipendenti a cui bisogna assicurare un futuro solido e stabile. Le parti partendo da queste posizioni hanno avviato le loro trattative , sono consapevoli che entrambe potranno considerarsi vittoriose solo in caso di esito positivo: gli indiani per aver acquisito la più grande acciaieria d’Europa senza pagarne un euro per l’acquisto; il governo per aver salvato l’occupazione e aver posto le basi per il rilancio (che poi spetterà agli acquirenti) dell’acciaio italiano.
La salvaguardia dell’italianità, almeno parziale dell’operazione, verrebbe garantita dalla presenza del gruppo Marcegaglia che darebbe vita, secondo il Governo, ad una compartecipazione tra il primo produttore mondiale e il primo trasformatore italiano di acciaio. La sola presenza dell’investitore italiano invece non garantirebbe, certamente, da delle conseguenti decisioni se le cose non dovessero andare bene di disinvestimento. Certamente la presenza e partecipazione all’operazione di un importante gruppo industriale nazionale selezionato dal governo offre più garanzie rispetto alla sola presenza indiana; anche lo stesso gruppo Marcegaglia nei mesi scorsi, ha dismesso proprio a Taranto l’attività della controllata Buildtech , a causa del crollo del mercato del fotovoltaico. Analizzata da un’altra visione, l’operazione ILVA, in caso di una gestione positiva, quindi ben gestita, potrebbe persino rivelarsi una vera e proprio possibilità di riscatto a Taranto per il gruppo industriale mantovano. Anche perchè sarebbe anche una soluzione immediata per la riconversione (con ricollocazione dei 120 addetti) della Buildtech .
Un ruolo importante, per il passaggio dell’ ILVA alla cordata ArcelorMittal-Marcegaglia, potrebbe essere ben giocato dai sindacati, se l’occupazione, come si auspica, verrà tutelata e garantita anche perchè i sindacati attualmente non riscuotono più molta fiducia e credibilità fra i lavoratori dell ILVA, ed in tal caso potrebbero rivendicare la soluzione come una propria conquista. Con delle ipotesi del genere trasformate in realtà, in definitiva l’unico sconfitto a Taranto sarebbero i “professionisti” …. del protagonismo ambientale ( per alcuni l’ ambientalismo è solo una strategia di visibilità ). Per molti di loro il mostro inquinante dell’ ILVA va chiuso, ma nessuno di loro ha mai sinora spiegato e sopratutto indicato concretamente una soluzione certa che possa garantire anche la tutela degli attuali posti di lavoro. Tutto ciò anche perchè quasi nessuno di oro ha in realtà una vera e propria competenza in ambito ambientale o manageriale. Solo slogan al vento.