ROMA – La Cedu-Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano per non aver tutelato i cittadini di Taranto che vivono nelle zone colpite dalle emissioni tossiche dell’impianto dell’ex Ilva. Secondo la Corte, “il persistente inquinamento causato dalle emissioni dell’Ilva ha messo in pericolo la salute dell’intera popolazione, che vive nell’area a rischio“. E’ con questa motivazione che sono stati accolti i ricorsi presentati nel 2013 e 2015 da 180 tarantini che vivono o che vivevano nelle adiacenze dello stabilimento siderurgico di Taranto, che sono confluiti in un unico procedimento.
La Corte anzitutto ha affermato che dei 180 ricorrenti, 19 non hanno lo status di vittima perché non vivono nelle città classificate ad alto rischio ambientale: ossia Taranto, Crispiano, Massafra, Montemesola e Statte. In particolare, i giudici della Corte hanno ritenuto che “la proroga di una situazione di inquinamento ambientale mette in pericolo la salute dei richiedenti” e, più in generale, “quella della popolazione residente in aree a rischio”.
I giudici nella loro decisione accusano le Autorità italiane di non aver preso “tutte le misure necessarie per proteggere efficacemente il diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti“. Una sentenza molto attesa a Taranto, dai ricorrenti e le varie associazioni ambientaliste che protestano da anni per sollecitare l’attenzione sul problema dell’inquinamento causato dallo stabilimento siderurgico ex Ilva. La Corte nell’ accogliere i ricorsi ha ritenuto che la condanna dell’Italia sia di per sè una sufficiente gratificazione per i danni morali, ed ha ordinato il versamento di 5 mila euro ad ogni ricorrenti esclusivamente per i costi e le spese legali. Nessun risarcimento invece è stato concesso per i danni morali vantati e richiesti dai ricorrenti. In pratica hanno vinto solo gli avvocati !
Adesso sarà il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, massimo organismo politico della istituzione da cui dipende la Corte, a dover informare il governo italiano delle misure da adottare “per garantire l’esecuzione della sentenza della Corte”. Al contempo il piano ambientale approvato dalle autorità nazionali dovrà “essere attuato quanto prima”.
“Questa sentenza conferma che le nostre paure erano fondate, che si stava violando un diritto alla salute. Siamo soddisfatti anche perchè questa decisione rappresenta un precedente giudicio a livello internazionale che può diventare utile per altre zone e paesi che vivono il nostro stesso problema” ha dichiarato Daniela Spera ambientalista dell’associazione Legamjonici che ha presentato il primo ricorso. “Ora ci aspettiamo un segnale a livello politico“.
“Arcelor Mittal ha firmato un contratto vincolante, arricchito da questo governo in materia ambientale, cosa che non era stata fatta precedentemente“, ha dichiarato ieri ai microfoni di SkyTg24. il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa.
“La Corte europea ha affermato oggi quello che sosteniamo da quando sono diventato presidente: cioè che l’Italia non ha protetto la salute dei cittadini di Taranto. È una giornata importante per la Puglia e per le battaglie che stiamo portando avanti” ha dichiarato il governatore pugliese, Michele Emiliano,