di Alessia Di Bella
Tre anni dopo l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, il “Diabolik” che dettava legge nella Curva Nord della Lazio e stava scalando la suburra del narcotraffico romano, è morto ammazzato il capotifoso della gemellata tifoseria interista. Due storie parallele legate dal crimine, visto che le imprese di Boiocchi risalgono addirittura al 1974, alle prime rapine ai supermercati alle quali erano seguite quelle alle banche e, anche qui, i grossi traffici di cocaina ed eroina, dal Sudamerica alla Turchia, con un ruolo di livello all’interno di un cartello che comprendeva i fratelli Fidanzati, viceré di Cosa Nostra a Milano nello spaccio della droga.
Il capo ultrà dell’Inter Vittorio Boiocchi, 69 anni, pluripregiudicato, con 26 anni di carcere alle spalle, è stato ucciso in una sparatoria avvenuta in prima serata a Figino, periferia Ovest di Milan. Boiocchi, è stato colpito mortalmente da 5 colpi di arma da fuoco al torace in via Fratelli Zanzottera, non lontano dal suo domicilio. Tre proiettili lo hanno raggiunto al torace e al collo. Al momento non ci sono testimoni della sparatoria, ma gli abitanti del quartiere hanno raccontato di aver sentito distintamente i colpi d’arma da fuoco. L’agguato è avvenuto poco prima della partita Inter-Sampdoria allo stadio San Siro.
Baiocchi è morto subito dopo il ricovero all’ospedale San Carlo di Milano dove era stato trasportato in ambulanza in condizioni già disperate. Gli investigatori della Omicidi della Squadra Mobile, guidati dal dirigente Marco Calì, sono arrivati sul luogo dell’omicidio insieme al pm di turno Paolo Storari a perlustrare la scena e a cercare testimoni e telecamere. L’unica traccia evidente è la grossa chiazza di sangue sul marciapiede. E i bossoli repertati dalla Scientifica.
A San Siro il tam tam dei messaggi è immediato ed ha raggiunto la vicina Curva Nord dove i tifosi interisti hanno ritirato gli striscioni durante la partita, non hanno più cantato e alla fine del primo tempo la curva si è svuotata dopo la decisione dei vertici del tifo organizzato di lasciare la curva. Alcuni tifosi, che avevano pagato il biglietto e in alcuni casi avevano fatto centinaia di chilometri per essere allo stadio, si sono opposti, rivendicando il proprio diritto a vedere la partita. La risposta – a giudicare dalle denunce social e dai racconti del personale paramedico a San Siro – in diversi casi sono stati insulti, schiaffi, calci e pugni, anche a padri di famiglia che in curva avevano portato i figli minorenni. Solo un piccolo gruppo di tifosi è rimasto all’interno della curva, a ridosso dei vetri che separano il settore degli ultrà dal secondo anello rosso, tipicamente frequentato da famiglie.
Le famiglie sono state costrette dai capi ultrà a lasciare la curva nord di San Siro in segno di lutto per l’assassinio del pluri pregiudicato Vittorio Boiocchi, guida storica del tifo organizzato dell’Inter. Tifosi presi a calci e pugni, perché si rifiutavano di abbandonare il secondo anello verde, come intimato loro dai coordinatori del tifo organizzato, che in Boiocchi vedevano un esempio. Aspettando che le centinaia di denunce social dei tifosi che raccontano di essere stati minacciati e malmenati si trasformino in denunce vere e proprie, da presentare a Carabinieri e Polizia, l’Inter si pone un problema: come dimostrare solidarietà ai supporter che loro malgrado non hanno potuto assistere alla partita e soprattutto come evitare che scene simili si ripetano. Sul punto, sono in corso riunioni. Anni fa, a seguito di inchieste penali sui rapporti fra tifoseria e malavita organizzata, la Juventus scelse la linea dura: denunce, daspo societari e potenziamento del sistema di video sorveglianza allo stadio.
Le 10 condanne e i 26 anni passati in carcere
Vittorio Boiocchi ha trascorso in carcere 26 anni complessivi: 10 condanne definitive per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, associazione a delinquere, porto e detenzione illegale di armi, rapina, sequestro di persona e furto. Nel 2019 era tornato non solo sugli spalti del Meazza ma aveva ripreso il controllo della Curva Nord interista come negli anni Ottanta e nei primi Novanta quando era tra i capi dei «Boys San».
Al suo ritorno in curva a San Siro si era reso protagonista di una scazzottata con il portavoce del tifo organizzato nerazzurro Franchino Caravita. Storia conclusa, ma solo di facciata perché la corona è rimasta di fatto sulla testa di Vittorio Boiocchi, con una foto in ospedale tra i due litiganti con il dito medio alzato : il 69enne era stato ricoverato la notte stessa per un attacco di cuore. Il ritorno di un nome tanto pesante aveva sconvolto, e parecchio, le dinamiche del mondo ultrà. Poi il nuovo arresto e la detenzione domiciliare concessa a Boiocchi dopo una condanna a 3 anni e 2 mesi.
Boiocchi era stato arrestato il 3 marzo di un anno fa con il “socio a delinquere” Paolo Cambedda dopo essere uscito dagli uffici dell’imprenditore vittima di un’ estorsione da due milioni di euro. In auto avevano un teser (storditore elettrico), una pistola, e pettorine della Guardia di Finanza detenute illecitamente. Un arresto in flagranza compiuto proprio per il timore che quella sera potessero portare a termine il loro piano. Le indagini però erano già avviate da mesi.
Tra le molte intercettazioni registrate dalle cimici piazzate dai poliziotti della Squadra Mobile di Milano, guidata da Marco Calì, ce n’era una in particolare, che risale a febbraio 2021, in cui Boiocchi si lamenta con Toto perché “sta perdendo un sacco di soldi con il blocco delle partite e dei concerti”.
Gli “80 mila euro al mese” e la nostalgia per i tempi della mala
Nelle intercettazioni richieste dai pm Carlo Scalas e dall’aggiunto Laura Pedio della Procura di Milano, il capo ultrà interista affermava “che prende circa 80 mila euro al mese tra parcheggi e altre cose. Dice che finalmente erano riusciti a fare una bella cosa con la gestione dei parcheggi, con 700-800 biglietti in mano ( chi glieli dava ? n.d.r.) , due paninari a cui hanno fatto avere il posto che gli danno una somma ad ogni partita“. Gli inquirenti riportando le parole di Boiocchi annotavano “10 mila euro ogni partita”. Sempre nelle intercettazioni Boiocchi raccontava i vecchi tempi della malavita a Milano con nostalgia, parlando di Guglielmo Fidanzati e di inchieste antidroga che lo hanno coinvolto: “Ringraziamo il signore che li ha fatti vivere questi periodi qui“.
Ecco chi controllava e gestiva il tifo nerazzuro. Così come accade in altre tifoserie in altre città, che dietro i propri gruppi di ultras si nascondono attività delinquenziali. e vedere i tifosi ritirare gli striscioni ed abbandonare la curva nord di San Siro, non ispira un sentimento di condoglianze, ma bensì di disgusto di certe tifoserie e dei loro atteggiamenti.