di REDAZIONE POLITICA
Il pm Storari della Procura di Milano consegnò nell’aprile 2020 all’ormai ex-consigliere del CSM Piercamillo Davigo i verbali segreti (in formato word non firmato) che il plurindagato Pietro Amara, ex avvocato esterno Eni, aveva reso da dicembre 2019 a gennaio 2020 al pm Paolo Storari ed al procuratore aggiunto Laura Pedio, su un’asserita associazione segreta, denominata “Loggia Ungheria” capace a suo dire di poter condizionare ed influire su magistrati ed alti burocrati dello Stato: dichiarazioni controverse che secondo Storari andavano chiarite rapidamente, anziché a suo avviso erano state circoscritte nell’ immobilismo investigativo dai vertici della Procura milanese.
Storari non è la prima volta che finisce nei guai, sembra quasi che se li vada a cercare. Infatti, quando nel 2001, Storari era ancora un giovane pm della Procura di Torino, venne chiamato a far parte del pool che indagava su uno dei “misteri” di quegli anni: lo scandalo Telekom Serbia, una storia su delle presunte tangenti che avrebbero accompagnato l’acquisto da parte di Telecom Italia di una quota della compagnia telefonica del regime di Belgrado. Anche in quel caso Storari sentiva puzza di insabbiamento. E sapete cosa fece il magistrato ? Invitò presso la propria abitazione per una cena a base di pizze ordinate a domicilio , due giornalisti che stavano seguendo il caso (come accerterà un’inchiesta) . Dopo alcuni giorni, quei due giornalisti pubblicarono uno scoop sull’affare Telekom, e quindi partì l’indagine sulla fuga di notizie, e guarda caso anche in quel caso si arrivò a una mail partita proprio dal computer di Storari. Coincidenze ? Non proprio.
“Non esistono innocenti, esistono solo colpevoli non ancora scoperti” (cit. Piercamillo Davigo, neo-indagato)
La Procura di Milano competente sugli uffici giudiziari di Torino, formulò la richiesta di processo per il giovane magistrato Storari presunto responsabile della “rivelazione di segreti d’ufficio“. Sarebbe stata una carriera distrutta. Ma venne prosciolto da un giudice che sostenne che qualcuno avrebbe usato il suo computer alla propria insaputa. Bruno Tinti suo procuratore capo all’ epoca dei fatti lo festeggiò così: “Storari è un magistrato da portare come esempio per chiunque“. Tinti andato in pensione è diventato collaboratore di un giornale. Immaginate quale ? Semplice: il Fatto Quotidiano !
A seguito dell’inchiesta della Procura di Brescia competente sull’operato negli uffici giudiziari di Milano, si indaga sull’ ipotesi di reato di rivelazione di segreto d’ufficio (i verbali milanesi di Piero Amara nell’aprile 2020) , sono stati interrogati in gran segreto in una caserma dei Carabinieri a Roma, quasi un mese fa, come persone informate sui fatti il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, David Ermini, ed altri sette componenti del Csm (i consiglieri laici Fulvio Gigliotti (M5S) e Stefano Cavanna (Lega) , i consiglieri togati Giuseppe Cascini, Giuseppe Marra, Ilaria Pepe, Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita, ed il presidente della Commissione parlamentare , Nicola Morra, conseguentemente è stato possibile apprendere che si stia indagando quindi non solo sul pm milanese Paolo Storari, ma anche nei confronti di Piercamillo Davigo, ex pm del pool “Mani pulite” della Procura di Milano e successivamente giudice di Cassazione, eletto consigliere del Csm sino al suo pensionamento avvenuto nell’ottobre 2020.
Davigo lo scorso 11 maggio partecipando al programma televisivo “Di Martedì” condotto da Giovanni Floris, racconto che Storari gli aveva “segnalato una situazione critica e dato il materiale necessario per farmi un’opinione, dopo essersi accertato che fosse lecito. Io spiegai che il segreto investigativo, per espressa circolare del Csm, non è opponibile al Csm“. Sul presunto immobilismo della Procura a Milano, secondo Davigo la questione era “che, quando uno ha dichiarazioni che riguardano persone in posti istituzionali importanti, se sono vere è grave, ma se sono false è gravissimo: quindi, in un caso e nell’altro, quelle cose richiedevano indagini tempestive. Mi sembrava incomprensibile la mancata iscrizione” giustificando “la necessità di informare in maniera diretta e sicura i componenti del Comitato di presidenza Csm (perché questo dicono le circolari)“, Davigo giustificava la sua decisione di parlarne, in maniera e tempistiche diverse, quantomeno al vicepresidente Csm Ermini; agli altri due membri del Comitato, il procuratore generale Giovanni Salvi ed il primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio; così giustificando al senatore Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia i propri raffreddati rapporti con il consigliere Ardita (evocato da Amara) ad alcuni consiglieri Csm.
Da quel poco che ora emerge a Roma, dove raramente un segreto istruttorio ha resistito così a lungo, a seguito del gran numero di audizioni sensibili, sono rimaste non coincidenti le versioni sul contenuto dei colloqui già affiorate in passato tra Ermini e Davigo, e tra Morra e Davigo. Al momento non risulta siano stati sinora ascoltati (tra i consiglieri Csm) Curzio e Salvi, quest’ultimo tre mesi fa, spiegò in un comunicato di aver appreso da Davigo di “contrasti in Procura a Milano circa un fascicolo molto delicato che a suo avviso rimaneva fermo“, e di aver informato “immediatamente” il procuratore capo Francesco Greco per avviare un coordinamento.
Giovanni Salvi, procuratore generale della Cassazione ha avviato a inizio giugno l’ azione disciplinare nei confronti di Storari proprio per la consegna dei verbali a Davigo, che poi in tutt’altro contesto tra fine 2020 e inizio 2021 vennero ricevuti in forma anonima da due quotidiani romani (La Repubblica ed il Fatto Quotidiano) che avvisarono i pm di Milano e Roma, e dal consigliere Csm Nino Di Matteo (che andò a denunciarlo al procuratore perugino Cantone): secondo i pm di Roma, a spedirli sarebbe stata Marcella Contraffatto, la segretaria di Piercamillo Davigo al Csm, indagata per l’ipotesi di calunnia del procuratore Francesco Greco, additato come “insabbiatore” nel messaggio anonimo inviato a Di Matteo.
Dal Csm e quindi sempre da Roma arrivano novità sul filone parallelo d’indagine nel quale il procuratore bresciano Francesco Prete e il pm Donato Greco indagano sul procuratore aggiunto milanese Fabio De Pasquale e sul pm Sergio Spadaro per “rifiuto d’atti d’ufficio“, nell’ipotesi che costoro non abbiano trasmesso al Tribunale del processo Eni-Nigeria alcuni indizi sottoposti loro da Storari di inattendibilità, e perfino di inquinamenti processuali, del dichiarante accusatore di Eni, Vincenzo Armanna.
Lo scorso 5 febbraio 2020 avviene in quell’aula qualcosa di incredibile. Il pm Fabio De Pasquale che cercava di convincere il giudice Marco Tremolada a fare entrare nel processo Eni un verbale di Amara puntualmente… pieno di omissis. Ma De Pasquale arriva al punto di non dire al giudice che il bersaglio di quei verbali era proprio lui, il giudice Tremolada. Da questo gesto si scatenerà la lucida follia giudiziaria di Storari. Ma il verbale di Amara chi lo ha fatto avere al pm De Pasquale ? La lettera di trasmissione porta la data del 29 gennaio 2020, cioè solo cinque giorni prima dell’udienza in cui De Pasquale riparte alla carica. In fondo a quella lettera compaiono i nomi di Storari e del suo capo. Ma guarda caso, però, la firma di Storari non c’era…
La prima Commissione del Csm, presieduta dal togato Elisabetta Chinaglia per una imprecisata pratica di “vigilanza” sulla Procura di Milano ha sinora ascoltato il nuovo procuratore generale Francesca Nanni, convocando a fine mese per un’ audizione il coordinatore dell’antiterrorismo Alberto Nobili, e due “vice” del procuratore capo Francesco Greco, i procuratori aggiunti Letizia Mannella e Tiziana Siciliano.