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21 Novembre 2024 18:29

La fine della giustizia: “gole profonde” contro le “toghe corrotte”. A quando la riforma del sistema giustizia ?

Per l'ex procuratore nazionale antimafia Roberti "per la scelta di un magistrato per un incarico direttivo non conta la storia, il curriculum, non basta essere il migliore. Ma serve fare parte del gruppo più forte. Siamo, così, a rapporti impropri con una politica clientelare basata sullo scambio di favori: ecco, questa è la foto di gruppo dell’indagine di Perugia"
di Antonello de Gennaro
il Guardasigilli Alfonso Bonafede

Puntuale arriva l’ennesima idea malsana dell’esponente grillino di turno. Nel caso in questione parliamo del ministro di giustizia Alfonso Bonafede che si illude di risolvere il problema del marciume della giustizia italia, ampiamente diffusosi in lungo e largo per gli uffici giudiziari italiani. Giudici, magistrati, cancellieri, ausiliari di polizia giudiziaria pronti a vendersi per denaro.

Purtroppo tutto ciò che rappresenta un “cancro” per le istituzioni italiane, ben più grave e dannoso dell’ inchiesta “Mani Pulite” di oltre 20 anni fa, che venne utilizzata guarda caso da qualche magistrato per cercare di fare carriere politiche (vedasi il caso di Gerardo D’ Ambrosio ed Antonio Di Pietro che si fece addirittura un suo partito dissoltosi nel tempo) esauritesi  per fortuna  in un nulla di fatto nel Paese .
L’ipotesi di prevedere la figura del “whistleblower” (che dall’inglese significa “soffia il fischietto”) , cioè di colui che svela un comportamento scorretto o addirittura illegale, avanzata dal ministro Bonafede per introdurla non solo nei palazzi di giustizia ma anche al Csm, dopo aver rivoluzionato quelli della Pubblica amministrazione con l’entrata in vigore della legge del novembre 2017.
Nel pacchetto “spazza toghe sporche”, anticipato per sommi capi al presidente Sergio Mattarella giovedì sera, Bonafede  propone tra le nuove regole  un sistema che finora, come ha sostenuto Raffaele Cantone il presidente dell’Anac , ha dato ottimi risultati,  numeri alla mano .
L’idea del Guardasigilli  già espressa in prima bozza di articolato, safrebbe quella creare una piattaforma informatica per la galassia della giustizia,  che (teoricamente) dovrebbe garantire la tutela della fonte alla quale verrebbe garantito, attraverso la protezione dall’ anonimato, a chi lavora negli uffici giudiziari ed al Csm di potervi inserire, con una modalità criptata, segnalazioni su comportamenti illegittimi, o vere e proprie illegalità ed abusi di ogni genere. Tra le persone autorizzate a segnalare in forma anonima, secondo il progetto del Ministro di Giustizia, rientrano anche i dirigenti amministrativi, i componenti del consiglio giudiziario, ma anche singoli magistrati e dipendenti.
Teoricamente tutti potrebbero segnalare episodi di cattiva gestione degli affari giudiziari, abusi, omissioni, ritardi, irregolarità, assenze, o ancora palesi situazioni di conflitto d’interesse, come relazioni inopportune, incompatibilità, incarichi extragiudiziari. Secondo l’idea del Ministro Bonafede , qualora la “segnalazione” a seguito di verifiche (e chi le fa ? chi garantisce la rettitudine dei controllori ?), dovesse risultare valida, una volta portata al Consiglio giudiziario e ai capi degli uffici, influirebbe,  sulle valutazioni di professionalità, sugli incarichi dirigenziali, e porterebbe anche all’azione disciplinare.
Giovanni Canzio, ex-primo presidente della Corte di cassazione, ed ex-membro di diritto nel Csm
Il ministro Bonafede nella sua pressochè mancata conoscenza approfondita del mondo giudiziario, farebbe bene a farsi mandare un memorabile intervento dell’ ex-primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione Giovanni Canzio , allorquando (prima di andare in pensione) sedeva di diritto nel Consiglio Superiore della Magistratura, e fustigò i componenti del Consiglio che restavano indifferenti alla proposta di avanzamento di carriera di un magistrato, tale Giuseppe Neri.
“Il giudice Neri fa il presidente di sezione? Ma se non ha neppure le qualità per fare il magistrato. Ma di che cosa stiamo parlando? Questo è un caso clamoroso!”   disse Canzio .  Il magistrato Neri  in servizio presso il Tribunale di Catanzaro, nominato nel 2007 magistrato di sorveglianza del Tribunale di Catanzaro, dal 2015 ,era stato successivamente confermato nell’incarico semidirettivo anche per il quadriennio successivo,  e doveva essere valutato per conseguire la settima ed ultima valutazione di professionalità arrivato all’apice della sua carriera .

Siamo di fronte a un deficit di diligenza così clamoroso da rasentare il dubbio che non vi sia anche il deficit di altri elementi presupposti per rivestire la qualità di magistrato!  Si sta discutendo di un magistrato– ha tuonato Canzio nel silenzio glaciale del plenum contrariato dalla volontà manifestata di rivalutarne la valutazione –  che si presenta con oltre cinque o sei anni di ritardo in decine e decine di sentenze, con picchi di ritardo che rasentano i duemilaquattrocento giorni per numerose sentenze: la media dei tempi con cui deposita è di milletrecento giorni!.

Questi episodi dovrebbero far riflettere il legislatore, inducendolo a separare finalmente le carriere fra giudici e magistrati, e spiegare al paese intero, ai cittadini, ai contribuenti, agli elettori, perchè mai un Capo dello Stato può essere denunciato e rimosso, un Presidente del Consiglio inquisito, un parlamentare denunciato, processato, condannato ed arrestato, ed invece quando dei magistrati compiono dei clamorosi errori giudiziari, non devono mai rispondere a nessuno ! E chiedersi perchè mai quando il Tribunale europeo della Cedu (Corte Europea Diritti dell’ Uomo) condanna lo Stato italiano per i suoi abusi, ritardi o errori giudiziari, dobbiamo essere noi contribuenti a pagare economicamente e profumatamente gli sbagli (se vogliamo chiamarli così…) dei magistrati e giudici italiani ?

Illudersi oggi che una  legge “spazza toghe sporche” sul piano disciplinare  possa risolvere il problema della malagiustizia distorta, pilotata e corrotta, significa non aver capito nulla di cosa accade nel mondo della magistratura (frazionata in correnti, esattamente come i partiti politici) , significa non aver capito nulla, o fingere di voler risolvere il problema nascondendosi dietro facili inutili rimedi.
Franco Roberti

Come non dare ragione all’ ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, appena eletto Parlamentare Europeo, quando sostiene che  “non era possibile tacere. Perché quella di Perugia non è soltanto una questione giudiziaria. E nemmeno una faccenda che attiene unicamente al Consiglio, dove comunque esiste già una disciplina rigidissima che ne regola i lavori. Ci troviamo di fronte a fatti gravissimi, come ha detto il vice presidente del Csm, David Ermini. Che aprono una questione morale, di etica della responsabilità, che riguarda i magistrati ma anche la politica. A partire dal Pd “,

Roberti intervistato dal quotidiano LA REPUBBLICA aggiunge ” Ci troviamo di fronte a un mercimonio di incarichi direttivi della magistratura. E non è il correntismo. Perché le correnti servono all’elaborazione del pensiero della giustizia. Questo è invece un cedimento a logiche di appartenenza: per la scelta di un magistrato per un incarico direttivo non conta la storia, il curriculum, non basta essere il migliore. Ma serve fare parte del gruppo più forte. Siamo, così, a rapporti impropri con una politica clientelare basata sullo scambio di favori: ecco, questa è la foto di gruppo dell’indagine di Perugia. Un’istantanea pericolosissima perché racconta di strategie di controllo del Csm che compromettono i valori costituzionali che sono alla base della separazione dei poteri e dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura“.
L’ abbraccio fra politica e magistratura . Il pensiero di Franco Roberti raccolto dal collega  Giuliano Foschini di Repubblica, è molto pesante, in quanto altrettanto autorevole “Io per protesta contro questo correntismo, nel 1990, con Giovanni Falcone, venni fuori da Unicost. È giusto interloquire con la politica per discutere del funzionamento della giustizia. Non certo per spartirsi gli incarichi direttivi. Qualcuno, in relazione a questa storia, ha parlato di P2. È un’immagine colorita per raccontare gruppi di potere che tendono a indirizzare il lavoro di un organo costituzionale. Mi sembra che a grandi linee sia quello che è accaduto negli scorsi mesi, per come lo si capisce dall’indagine di Perugia della quale per altro non sono noti i contenuti delle intercettazioni la cui lettura, temo, sarà devastante.
Parole autorevoli e pesanti espresse proprio  mentre  il vice presidente del Csm David Ermini in queste ore, dimostrando rettitudine ed indipendenza dal suo partito che l’ha indicato e fatto nominare (cioè il Pd n.d.a.), sta  sostituendo i consiglieri o già dimessi (Luigi Spina di Unicost) o autosospesi da tutte le commissioni . Fuori quindi anche Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre i tre “togati” di Magistratura indipendente, ed il “togato” Gialuigi Morlini esponente di Unicost . Alla presidenza della quinta commissione, cioè quella che indica i procuratori e gli aggiunti (che passano poi al vaglio del plenum) va Mario Suriano di Area.
Tutto ciò nonostante la corrente di Magistratura indipendente, si contrappone contro l’ Associazione Nazionale Magistrati  schieratasi con assoluta fermezza e rigore per le definitive dimissioni dei consiglieri coinvolti nell’inchiesta a vario titolo , che per ironia della sorte è  guida da un esponente proprio di Magistratura indipendente,  chiedendo che i suoi consiglieri rientrino ai loro incarichi, dimenticando che su di loro potrebbe incombere la scure dei provvedimenti disciplinare che di fatto li renderebbe incompatibili con il Csm e li costringerebbe pertanto non soltanto alle auto-sospensioni, ma alle immediate dimissioni. E tutto ciò dipenderò dalle carte di Perugia, adesso esaminate dalla prima commissione di palazzo dei Marescialli, che dispone i trasferimenti d’ufficio. Carte che in queste ore vengono lette attentamente e spulciate anche al Quirinale.

Secondo le dichiarazioni di Luca Palamara, attualmente pm a Roma, ex presidente dell’Anm e membro del Csm, iscritto nel registro degli indagati per corruzione, nell’indagine della Procura di Perugia e del Gico della Guardia di Finanza, non c’è nulla di vero .  Difficile credergli. In una lunga memoria presentata ai magistrati umbri che indagano su di lui , assicura che “dimostrerà di non essere corrotto”, di “non aver mai ricevuto 40mila euro per favorire una nomina“, e produrrà a suo dire le prove documentali .

Palamara dimentica che restano le intercettazioni, gli incontri per “pilotare” e condizionare la nomina del prossimo procuratore capo di Roma. Come non essere d’accordo con  il presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, che intervenendo al primo congresso dei magistrati amministrativi di Palazzo Spada, ha detto: “Un giudice all’altezza dei tempi non può frequentare abitualmente chiunque, se ciò può ripercuotersi negativamente sulla sua attività giudiziaria o possa dare oggettivamente la sensazione che un appannamento della terzietà possa verificarsi”.
Pesano ancora oggi dopo 27 anni le parole di Giovanni Falcone:Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’Esecutivo. E’ veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del Pm con questioni istituzionali totalmente distinte” (La Repubblica, 3 ottobre 1991)
Ma tutto questo è difficile se non impossibile farlo capire ad un ex-animatore di discoteca, diventato avvocato, le cui gesta nei Tribunali sono pressochè introvabili. Forse è arrivato il momento di resettare il sistema giustizia, di separare le carriere, e sopratutto di bilanciare lo strapotere di certe persone che approfittando di una toga indossata indegnamente pensano ad arricchirsi, a fare la bella vita, a spese dei cittadini. Occorre,  come sostenevano Giovanni FalconeClaudio Martelli, quando costui era guardasigilli, una “giustizia giusta“. Un qualcosa che al momento è pressochè merce rara, se non una chimera.
Ascoltate adesso le parole di Indro Montanelli…

 

 

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Grazie, Antonello de Gennaro

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