di REDAZIONE POLITICA
La ministra della Giustizia Marta Cartabia, intervendo in aula alla Camera, nel corso dell’informativa su quanto accaduto nel carcere campano di Santa Maria Capua Vetere ha affermato che “sono stati fatti gravi” con un “uso insensato e smisurato della forza“. Fatti che “reclamano un’indagine ampia, perché si conosca cosa è successo negli istituti nell’ultimo anno, quando la pandemia ha esasperato tutto“, ha aggiunto annunciando che “abbiamo costituito al Dap una commissione ispettiva che visiterà tutte le carceri interessate interessati dalle proteste“.
Le violenze ci sono state, e la Cartabia non le discute o vuole nascondere. Ma cita le parole di un agente che le ha detto: “Ho ascoltato i racconti del personale, quei fatti sono stati una ferita e un’umiliazione. Io non sono un picchiatore, sono lo stesso padre amorevole che ogni sera torna in famiglia, ma ormai faccio fatica a farmi credere“. Questa è l’altra faccia delle violenze di Santa Maria, che la ministra definisce “i gravi fatti di intimidazione verso la polizia che non devono succedere”. ed aggiunge: “Perché gli agenti devono essere fieri della divisa che portano, e devono farlo con dignità e onore”.
Oggi la Cartabia alla Camera, invitando tutti i parlamentari “a visitare le carceri” esortandoli “a guardare i reparti delle donne, le situazioni di marginalità, quel mondo vario che non può essere affrontato nello stesso modo”. La ministra della Giustizia ha detto che “il carcere è una galassia, non è solo un pianeta, non basta l’improvvisazione, né sono sufficienti interventi personali” perché “il carcere è un pezzo della nostra Repubblica che non possiamo rimuovere dalle nostre coscienze“.
“Dagli atti di indagine emerge che a Santa Maria Capua Vetere non si è trattato di una reazione a rivolte, ma di violenza a freddo”, ha dichiarato la ministra aggiungendo “Allo stato, il totale complessivo delle unità di personale dell’Amministrazione sospese a vario titolo è pari a 75. Rimangono altri indagati, per i quali il Gip ha specificato che non v’è certezza della loro presenza. Per questo ha respinto la richiesta di misura cautelare. Su questi ultimi, attendiamo gli sviluppi dell’indagine, prima di altre valutazioni”.
La Cartabia non minimizza alla Camera queste responsabilità riepilogandole: “Emerge che la perquisizione era fuori dai casi previsti dalla legge, senza il via libera del direttore del carcere, ci fu solo un provvedimento dispositivo orale, un ordine al telefono, ci fu un’azione a scopo dimostrativo per recuperare il controllo del carcere e per le aspettative del personale” e cita un’intercettazione: “Era l’unico modo per riprendersi il carcere”.
La Commissione ispettiva, ha spiegato la Ministra di Giustizia, “visiterà tutti gli istituti penitenziari interessati dalle manifestazioni di protesta o da denunce o segnalazioni inerenti ai gravi eventi occorsi nel marzo del 2020. Il suo mandato consiste nell’approfondire la dinamica dei fatti, al fine di accertare la legittimità e la correttezza di ogni iniziativa adottata. L’amministrazione penitenziaria – ha ammonito la Cartabia – deve essere capace di indagare al suo interno. Deve capire ed essere essa stessa in grado di portare alla luce eventuali violazioni. I fatti di Santa Maria Capua Vetere, emersi solo a seguito degli atti dell’autorità giudiziaria denotano che questa capacità di indagine interna è mancata almeno in questa occasione”.
“Se vogliamo allora farci carico fino in fondo dei mali del carcere, perché non si ripetano mai più episodi di violenza, occorre preparare una strategia che operi su più livelli ed in particolare agendo sulle strutture materiali, sul personale e sulla sua formazione“, ha evidenziato. la Guardasigilli “Sarebbe molto più semplice per tutti parlare genericamente di ‘mele marce’ e andare avanti. Se le responsabilità penali, torno a ripetere, sono sempre e solo individuali e non possono ricadere su nessun altro, men che meno sull’intero corpo dell’amministrazione penitenziaria, le responsabilità ‘politiche’ dell’accaduto risiedono anche nella disattenzione con cui per anni si è lasciato che peggiorassero le condizioni di chi si trova in carcere e di chi in carcere ogni giorno lavora“
Dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere, tutto questo, adesso, è possibile? “Sarebbe comodo dire che c’è sempre qualcuno che si comporta male – dice la Cartabia – ma negli anni le condizioni delle carceri sono così peggiorate che il lavoro e le condizioni di vita dei detenuti sono insopportabili“. Racconta che “quel carcere è senza acqua corrente, solo adesso sono in corso dei lavori, mentre l’acqua finora viene presa dai pozzi e distribuita con le taniche”. E chiosa: “Vivere e lavorare in un ambiente degradato porta disagi per tutti, agenti e detenuti”.
La Guardasigilli la lanciato al Parlamento l’allarme per il numero dei detenuti che cresce: “C’è stato il picco quando è arrivata la condanna della Cedu, poi la situazione era migliorata, ma adesso sta di nuovo peggiorando, rispetto alla capienza di 800 persone a Santa Maria ci sono 900 detenuti”. E in tutte le carceri italiane ce ne sono, al 20 luglio, 52.193, rispetto alla capienza effettiva di 47.413 posti. La ministra Cartabia cita le parole di un agente che le ha detto: “Ministra, ma voi chiedereste mai a un chirurgo di svolgere due operazioni?“. La carenza dei dirigenti, degli educatori, del personale dell’esecuzione penale interna, i concorsi bloccati dalla pandemia e sbloccati soltanto adesso sono la vera faccia del carcere. Sul quale, secondo Cartabia, “bisogna investire di più per il benessere di tutti, per chi ci lavora in condizioni così difficili”. E ai parlamentari che la ascoltano in aula Cartabia rivolge il suo invito: “Andate a visitare le carceri”. E chiude con le parole di Draghi a Santa Maria: “Il Governo ha visto, sa, e non si dimenticherà”.
Giornalisti intercettati: nessuna violazione di norme da parte dei pm di Trapani
Sempre nel question time alla Camera la ministra della Giustizia Marta Cartabia rispondendo a un’interrogazione a proposito dell’ispezione da lei disposta ha chiarito che “non sono emerse violazioni di norme da parte dei pm di Trapani che hanno intercettato giornalisti impegnati in inchieste relative al fenomeno migratorio“. “Non emergono profili di rilievo disciplinare né violazioni della normativa processuale in tema di intercettazioni da parte della procura della Repubblica di Trapani”, ha spiegato la ministra. Perchè “la legge processuale, quando si procede per taluni reati come quelli che vengono contestati, consente di intercettare anche persone non indagate quando cio’ possa essere utile ad acquisire elementi di prova”.
La giornalista Nancy Porsia “e’ stata intercettata tra il mese di luglio e il dicembre dell’anno 2017, come autorizzato dal gip di Trapani”, in quanto “persona imbarcata su una delle navi oggetto di investigazione”, mentre” non sono risultate intercettazioni disposte nei confronti di altri giornalisti”. All’esito delle indagini preliminari i pm di Trapani non hanno proceduto all’inserimento delle relative trascrizioni nella informativa conclusiva perchè hanno “ritenuto irrilevante il materiale raccolto. La Procura della Repubblica di Trapani, inoltre, ha sottolineato che nessun tipo di uso processuale verra’ fatto del materiale raccolto tramite l’attivita’ di intercettazione svolta nei confronti della giornalista Nancy Porsia”.