ROMA – Le nuove intercettazioni sul caso Csm portano nuovi scossoni nella magistratura italiana. Nel vertice di mercoledì prossimo a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno si parlerà di riforma della giustizia.
La “cupola” che voleva riscrivere la geografia del potere giudiziaria si arricchisce di nuovi protagonisti. Nelle carte dell’inchiesta condotta dalla Procura di Perugia compare un nuovo magistrato di un certo “peso” . Si tratta di Antonello Racanelli, procuratore aggiunto di Roma e segretario di Magistratura Indipendente, la corrente “conservatrice” che alle ultime elezioni ha portato nel Consiglio Superiore della Magistratura il maggior numero di eletti (cinque).
Dalla relazione del Gico della Guardia di Finanza alla Procura di Perugia emerge da una conversazione intercettata il 16 maggio scorso dal software spia “Trojan” installato nell’Iphone di ce Luca Palamara in cui si parla dell’esposto firmato dal “sodale” Stefano Rocco Fava anche con il procuratore aggiunto di Roma Antonello Racanelli, altro “sponsor” di Viola come capo dell’ufficio e segretario di Magistratura indipendente, che si sarebbe detto d’accordo con l’operazione suggerendo di far convocare al più presto il collega al Csm per confermare le sue accuse contro Pignatone e Ielo, questi ultimi vittime di una fuoco incrociato.
Racanelli dà infatti la sua benedizione all’operazione coordinata da Palamara in combutta con l’ex sottosegretario e ministro del Pd Luca Lotti di concerto con il deputato Pd e magistrato in aspettativa Cosimo Ferri, che doveva portare alla Procura di Roma il Pg di Firenze Marcello Viola e, contestualmente, fulminare, azzoppandolo disciplinarmente, Paolo Ielo, titolare dell’inchiesta Consip e uomo di fiducia del Procuratore uscente Giuseppe Pignatone.
Infatti, Antonello Racanelli, già procuratore aggiunto a Roma, (a lato nella foto) è il segretario della stessa corrente di cui è stato segretario da magistrato Cosimo Ferri, ed a a sua volta anche lui si muove. Nell’ultima settimana del maggio scorso, qualche giorno prima che il terremoto giudiziario deflagri rilascia un’intervista a Giacomo Amadori del quotidiano “la Verità“, cioè lo stesso giornale che insieme ad “il Fatto Quotidiano” avevano pubblicato e diffuso la notizia “bomba” dell’esposto di Fava contro Ielo. Un’intervista così titolata: “Magistratura Indipendente contro le gazzette dei Pm. Repubblica sulla Procura di Roma è inqualificabile“. In realtà i fatti dicono che ad essere inqualificabile sembra essere il vertice della sua corrente, ed anche qualche giornalista “schierato” ed allineato.
Anche il nome di Racanelli in realtà figura nelle relazioni della Guardia di Finanza sull’inchiesta di Perugia. Secondo quanto riportano alcuni giornali bene informati, risulta che Luca Palamara, ex presidente Anm ed ex consigliere del Csm indagato a Perugia per “corruzione” ed altri reati, avrebbe parlato anche con lui dell’esposto strumentale firmato dal “sodale” Fava , in quanto “supporter” per la nomina di Marcello Viola a procuratore capo di Roma.
Nei giorni scorsi Racanelli in una intervista al quotidiano Il Giornale aveva illustrato la posizione di Magistratura Indipendente rispetto ai suoi rappresentanti in consiglio, Corrado Cartoni, Antonio Criscuoli e Paolo Lepre, che si erano autosospesi (procedura che di fatto non esiste ) “Ai nostri tre consiglieri abbiamo rivolto un invito, saranno poi loro a decidere liberamente come comportarsi. Questo invito è stato deciso dall’organo più autorevole possibile, un’assemblea di corrente con centocinquanta magistrati presenti, e quindi è del tutto impensabile che adesso si torni indietro” . In realtà Cartoni e Lepre hanno preferito lasciare il Csm.
“Dietro alla richiesta di dimissioni dei nostri consiglieri c’è anche un calcolo preciso – aggiungeva Racanelli – per le regole interne al Csm, al loro posto entrerebbero i primi colleghi non eletti. Che però sono di altre correnti, e questo cambierebbe in profondità gli equilibri interni al Consiglio superiore, mortificando il voto dei magistrati italiani che appena un anno fa hanno scelto di voltare pagina. Per la prima volta il gruppo di potere che era stato egemone all’interno della magistratura, a partire da Area e Magistratura democratica, è stato messo da parte. È il gruppo che per anni ha trasformato l’Anm in un soggetto politico, che ha preteso di dettare la linea al Parlamento sulle politiche dell’immigrazione – sosteneva Racanelli – i magistrati italiani con il loro voto a nostro favore hanno detto che non ne vogliono più sapere. Utilizzare l’inchiesta di Perugia, che deve andare in fondo serenamente, per ribaltare la volontà dei magistrati italiani sarebbe un vulnus alla democrazia”. A queste posizioni tutte le altre correnti avevano protestato chiedendo che i consiglieri coinvolti, anche se non indagati, per motivi di opportunità avrebbero dovuto lasciare.
Racanelli questa mattina a sua volta si è dimesso dalla carica di segretario di Magistratura Indipendente, la corrente di destra delle toghe che nei giorni scorsi , non sappiamo con quale coraggio…. aveva chiesto ai suoi rappresentanti del consiglio del Csm (presenti nelle carte dell’inchiesta) di ritornare al lavoro. Con un messaggio inviato ai colleghi nelle mailing list Racanelli ricorda che “da tempo avevo manifestato la volontà di lasciare tale incarico (in occasione della scadenza del mandato avvenuta nelle scorse settimane) ed in occasione dell’assemblea generale del 5 giugno avevo già messo a disposizione il mio incarico. Motivazioni e valutazioni saranno esposte nella sede naturale, cioè nell’assemblea generale che si terrà nei giorni 5 e 6 luglio. Allo stato, dico solo che non parteciperò al ‘festival della grande ipocrisia‘ di molti esponenti di rilievo della magistratura associata”. Un’ipocrisia che anch’egli dimostra di conoscere molto bene.
Nel frattempo il vicepresidente del Csm, David Ermini, smentisce un proprio presunto coinvolgimento nelle trame oggetto dell’ inchiesta dei magistrati di Perugia: “Smentisco in modo fermo di aver partecipato ad incontri con Palamara, Ferri e Lotti riguardanti le nomine di alcuni procuratori. L’incontro di cui si parla risale al 2018, nel periodo della mia elezione. E i toni e le espressioni che costoro usano nei miei confronti sono la prova che mi consideravano un ostacolo ai loro piani. Il mio unico punto di riferimento è sempre stato il presidente della Repubblica“. Persino il suo predecessore a Palazzo dei Marescialli Giovanni Legnini (Pd), interviene per riconfermare, come già fatto dal Quirinale che: “Il presidente Mattarella non è mai intervenuto sulle nomine di magistrati ed ha sempre garantito l’autonomia del Csm“. Affermazioni queste che smontano le tesi difensive del senatore Luca Lotti (Pd).
Luca Palamara, il pm indagato per corruzione cerca di difendersi invece dall’accusa, che sembra emergere da una delle sue frasi, cioè quella della strategia pianificata per insabbiare il caso Consip e salvare l’ex ministro Luca Lotti , suo “alleato-complice” dalle ultime intercettazioni : “Al momento della conversazione, il caso Consip era già stato definito con richiesta di rinvio a giudizio. Nulla quindi avrei potuto fare. Il mio discorso era ipotetico e riferito al passato“. Lotti non sapendo come difendersi utilizza la stessa teoria “difesa” del suo collega Cosimo Ferri : “Nessuno si chiede se sia lecito pubblicare queste intercettazioni” e sostiene che “In ogni caso, come si capisce bene leggendo, niente è vero circa il mio interessamento su Consip“. Invece dalla lettura di evince eccome il suo interessamento !
Il procuratore di Genova, Francesco Cozzi si appresta ad acquisire gli atti dell’inchiesta di Perugia per quello che riguarda il tentativo di screditare il suo collega Giuseppe Creazzo, attuale procuratore capo di Firenze, in quanto la competenza sulla procura fiorentina è nel capoluogo ligure. Creazzo non è indagato e la denuncia, spiega Cozzi, è precedente ai lavori della commissione del Csm sulle nomine. Il procuratore aggiunto di Napoli Giuseppe Borrelli, candidatosi per il ruolo di procuratore capo a Perugia, ha presentato un esposto alla Procura di Perugia per tutelarsi dalle voci di un suo coinvolgimento.
Ieri si sono riuniti i magistrati aderenti ad Unicost. “Il coinvolgimento di nostri iscritti impone pubbliche scuse a tutti magistrati italiani ” si legge nel documento approvato per acclamazione che si conclude con “Un grato riconoscimento al presidente Mattarella, custode della nostra autonomia“.
L’accordo per la “lottizzazione” delle Procure incredibilmente non includeva soltanto i magistrati da nominare, ma persino le date in cui il Consiglio superiore della magistratura avrebbe dovuto decidere. Per i posti di procuratore capo a Roma, Perugia, Torino, Brescia, ritenuti i più importanti, volevano chiudere i giochi entro l’estate. E guarda caso è il giudice-deputato del Pd (prima in Forza Italia) Cosimo Ferri, a dettare la linea nell’ormai famosa riunione notturna del 9 maggio : “Se va lo schema Viola (che era il loro candidato come procuratore nella capitale, ndr ) noi poi dobbiamo avere il nome per Perugia, e poi dobbiamo vedere quando inizia la storia degli aggiunti…“, vale a dire i vice-procuratori, sempre a Roma. e guarda caso per uno di quei posti il candidato da sostenere era proprio Luca Palamara.
Le intercettazioni dei colloqui effettuate dal Gico della Guardia di Finanza, confermano negli accordi sui vertici degli uffici giudiziari, il ruolo di “dominus” di Cosimo Ferri (nonostante le sue patetiche smentite) e dell’ex ministro renziano Luca Lotti . Gli sfoghi del pm Palamara svelano anche delle vere guerre in corso facendo emergere veleni interni alla magistratura non solo sulle poltrone da assegnare, ma quello che è ancor più grave, sulle inchieste in corso. A partire dalle indagini sull’ amico di Palamara, il lobbysta Fabrizio Centofanti, al caso Consip, fino alla vicenda giudiziaria che ha colpito l’ex sottosegretario leghista Armando Siri.
Luca Lotti immaginava che la scelta del procuratore di Roma entrasse in un unico pacchetto con gli aggiunti, e chiede: “Ma perché, non possono essere più insieme, secondo voi?“. Gianluigi Molini (ormai ex) presidente della commissione Incarichi direttivi del Csm, gli risponde “no”, e Cosimo Ferri ribadisce: “Semmai si fa prima il procuratore“. Morlini e Palamara spiegano che per nominare gli aggiunti “politicamente bisogna sedimentare, creare le condizioni”. Ma Lotti ha fretta, molta fretta….: “Però entro l’estate li chiudete?“, Palamara confida entro la “fine di maggio, una volta che fai il procuratore“.
È il 16 maggio quando il consigliere del Csm Luigi Spina( a lato nella foto) indagato e dimessosi dal Csm confida a Luca Palamara i dettagli dell’inchiesta a suo carico, che sono contenuti nell’informativa trasmessa alla 1ma commissione, della quale è componente. Ed insieme concertano la strategia per gestire le possibili conseguenze dell’indagine. “Il problema è capire, come rimango in magistratura? – dice Palamara – Come un vincente o come un perdente? Se perdo la battaglia dell’Aggiunto sono un perdente“, ma spiega che ha pronto un “piano B“, cioè quello di fare la domanda per entrare nel collegio del Garante della privacy, e dice: “la domanda la faccio, almeno posso dire: C’ho ripensato”.
Spina invece dice a Palamara di pazientare, perché “avrai la tua rivincita, si vedrà che chi ti sta fottendo, forse sarà lui a doversi difendere a Perugia. Noi a Fava lo chiamiamo“. Il riferimento è molto chiaro, stanno parlando del pm “amico-alleato” di Roma Stefano Rocco Fava, autore di un esposto su Ielo e Pignatone presentato al Csm. Palamara è agguerrito: «Io vado a finire nel calderone della prima ( commissione, ndr) – io, Pignatone e Ielo mi sta bene“. Poi Spina spiega la sua strategia per tentare di assicurare a Palamara l’incarico da aggiunto per il quale ha fatto domanda: ritardare le nomine. Palamara dice: “Gli aggiunti prima di luglio non li fai fare“. e Spina lo rassicura: “«Non li faccio fare manco per idea“. Il pm Palamara ha un obiettivo: “Voglio vedere se ho l’archiviazione o se c’è la proroga. Nella prima settimana di giugno lo saprò”. e chiede all’amico di intercedere con Ermini: “Gli devi dire: Puoi stare tranquillo sulla vicenda di Luca“.
Il mercato delle “toghe”
Sono ancora le intercettazioni a tratteggiare i contorni dello scandalo del “mercato delle toghe” che ha travolto il Csm e che ha svelato gli accordi sottobanco tra magistratura e politica per gestire gli incarichi ai vertici degli uffici giudiziari più importanti d’Italia, primi tra tutti quelli di Roma e Perugia. Persino le tattiche per cercare di posticipare un procedimento disciplinare a carico di un collega.
Cartoni: “Palamara lo facciamo a giugno, dai“, e ride.
Un altro consigliere: “Poi è tutto a scendere, fatto quello è tutto a scendere…“.
Ferri: “Ma faresti solo Roma o anche Perugia?“.
Spina: “Solo Torino è la cosa…”.
Morlini: “Io vorrei fare Roma e magari ci metto Brescia”.
Spina: “Penso pure Salerno dovrebbe essere abbastanza semplice…“.
Dalle intercettazioni emerge anche altro. Palamara, i due deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti ed i consiglieri del Csm, nella riunione notturna dell’8 maggio, parlano anche di un collega che ha un procedimento pendente in I commissione, quella di cui fa parte Spina. Dicono che di lui ha parlato anche Mattarella. Spina dice che sta tenendo ferma la pratica: “Io la sto a fermà, ma non è che la posso fermà sempre”.
La spartizione
L’accordo per le Procure prevedeva anche le date in cui il Csm doveva decidere. La partita più importante è quella della Procura di Roma, nella quale Spina garantisce che i membri”laici” grillini si schiereranno dalla loro parte: “Gigliotti a Catanzaro ha ricevuto l’indicazione di votare Viola, punto”. Gigliotti è uno dei tre indicati dal Movimento Cinque stelle, che adesso chiede alla stampa di pubblicare tutto…Strano che il M5S non chieda pubblicamente a Gigliotti di dimettersi però.
Lotti a sua volta insiste su ciò che potrebbe far sapere millantando le sue inesistenti entrature al Quirinale: “Allora vi ripongo la domanda: cosa deve arrivare al presidente della situazione di Roma, perché la discon…“. Probabilmente stava per dire “discontinuità” con l’ex procuratore Pignatone,, ma viene interrotto da Spina : “Poco, perché formalmente noi ancora poco sappiamo, perché c’è quel c… di Cd che sta in cassaforte…”.
Il riferimento è molto chiaro. Si parla dei documenti che il pm di Roma Stefano Rocco Fava ha allegato al suo esposto contro Pignatone e il procuratore aggiunto Paolo Ielo trasmesso al Csm . Secondo la “cupola” dei congiurati la denuncia contro i vertici dell’ufficio romano può essere la chiave di volta per vincere la partita delle “nomine”, e sopratutto deve diventare lo strumento da utilizzare per screditare la vecchia gestione ed insediare un procuratore del “cambiamento”, per l’appunto, Marcello Viola, considerato più distante e indipendente dall’ex procuratore Pignatone rispetto agli due candidati, Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo che invece sono allineati alla direzione organizzativa predisposta dall’ex procuratore capo della Capitale che ha fruttato importanti risultati
La reazione di Palamara contro i colleghi
Lo scorso 16 maggio Palamara viene a conoscenza grazie all’amico Spina consigliere del Csm che a Palazzo dei Marescialli è arrivata la comunicazione dell’indagine per corruzione a suo carico, avviata a Perugia dopo le segnalazioni giunte da Roma sui suoi rapporti con l’imprenditore Fabrizio Centofanti arrestato nel 201. Luca Palamara a quel punto perde il controllo e lancia pesantissime accuse contro i colleghi che l’hanno messo sotto inchiesta. Parlando del procuratore di Perugia Luigi De Ficchy, (andato in pensione il 1° giugno ndr) , dice: “Il migliore amico di Centofanti…“. Ed in un’altra conversazione: “La cosa che mi inquieta di più è De Ficchy, che poi improvvisamente da amico diventa nemico… È telecomandato… Gli faccio una causa per danni, una causa civile“.
Palamara sostiene che quando Centofanti era stato arrestato, nel 2018, De Ficchy cercava di mettere una buona parola per l’imprenditore: “Veniva per parlarmi di Centofanti e del perché lo avevano arrestato, e perché è una brava persona, voleva carte da Tivoli che lo riguardavano“. Aggiunge che quando aveva scoperto dell’informativa mandata a Perugia a sua volta aveva chiesto notizie all’ex procuratore umbro: “Lui mi fa: Di che parli? Da quel momento inizia a negarsi“.
Il pm calabro-romano parla di De Ficchy anche con Luca Lotti. e racconta di avere organizzato un incontro tra Pignatone e l’ex capo della procura umbra, quando i due non sarebbero stati in buoni rapporti. E che ora quella “pace” raggiunta potrebbe esserglisi rivoltata contro, con Pignatone che ha inviato le carte a Perugia e De Ficchy. che ha aperto l’inchiesta: “Secondo te il primo incontro riservato Pignatone-De Ficchy dove l’ho fatto? Me l’ha chiesto Pignatone quando ho fatto De Ficchy. Mo mi so rotto“.
Palamara parla anche di quando era nel Consiglio e delle strategie usate per controllare le assegnazioni delle poltrone in alcune procure strategiche, come quella di Napoli: “A Napoli abbiamo dato una marea di inc….”. E racconta di un magistrato rimasto escluso da un giro di accordi: “Dovevamo inculà Cananzi, ha iniziato a dare le botte contro il muro, a urlà come un pazzo”.
Il bersaglio numero uno è sempre lui Pignatone, nonostante sia andato in pensione, che viene accusato da Palamara di essere il “regista occulto” di un’operazione ai suoi danni, sostenendo che da tempo lo “ricattava” — testuali parole — alludendo a ciò che poteva uscire sul suo conto a Perugia. “È una cosa fatta a tavolino… Lo so da Pignatone a dicembre 2017 a casa sua… mi chiama e mi dice: “che sei stato fuori una notte con una persona?”, a dicembre 2017…“, racconta a Spina. E continua: “Centofanti ha pagato tutte le vacanze alla Balducci (ex consigliera “laica” del Csm insieme a Palamara, ndr) … la Balducci non compare… perché Pignatone andava a mangiare dalla Balducci“.
Palamara si sfoga anche con Lotti: “Il rapporto con lui… lui si è seduto a tavola con te… lui ha voluto parlà con Matteo (forse Renzi, ndr)… lui ha voluto fa’ quelle cose… lui crea l’affidamento… mi lascia col cerino in mano… io mi brucio, loro si divertono…“. E manifesta il sospetto di inchieste condotte con impostazioni diverse: “La vicenda Siri… fidate… Siri veniva arrestato in condizioni normali! De Vito (il grillino presidente del Consiglio Comunale di Roma, ndr) è stato arrestato per molto meno! È una trattativa, che vogliono fare con Salvini, fidati… io non mi sbaglio“.
Sempre Palamara confida al collega Stefano Rocco Fava, un altro “nemico” di Pignatone e del suo vice Paolo Ielo : “Io pago l’operazione Viola, pago l’operazione Ermini“, cioè l’elezione del vice-presidente del Csm condotta sull’alleanza raggiunta fra Magistratura Indipendente e Unicost “benedetta” e sponsorizzato da Luca Lotti e Cosimo Ferri. Il pm calabrese-romano riferendosi alla denuncia presentata da Fava al Csm aggiunge: “C’è tutto un giro… però loro… adesso con la cosa tua succede un macello”.
Oggi a Roma si è riunito il comitato direttivo centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati, il sindacato delle toghe, per il rinnovo della giunta a seguito delle dimissioni del numero uno, il presidente Pasquale Grasso. In apertura del direttivo centrale dell’Anm, Grasso aveva detto: “Rivendico con forza la correttezza e la coerenza della linea di azione, politica, giuridica e morale, che, come presidente dell’Anm, componente di questo Comitato direttivo centrale e come magistrato, ho proposto e seguito”.
Agli atti compare anche un’intercettazione di Palamara con il patron della Lazio, Claudio Lotito, in cui il pm si assicura che il consigliere Spina e i suoi figli abbiano posti “vip” – e sopratutto gratis – per la finalissima di Coppa Italia, tra Lazio e Atalanta. Il giorno prima del match Palamara si rivolge a Lotito e gli chiede i biglietti omaggio per il collega. “Questi sono tribuna autorità centrale – da istruzioni Lotito alla sua segretaria – i migliori posti“. Mezz’ora dopo, Palamara allarmato richiama Lotito: “Claudio! Ma a Luigi (cioè Spina, ndr) non l’ha chiamato nessuno“. Il presidente della Lazio si rivolge alla sua collaboratrice e la rimprovera: “Te l’ho detto Spina è il primo, ti ho detto Spina è il primo in assoluto“.
Dopo che le correnti delle toghe di Area, Unicost e Autonomia e Indipendenza erano intervenute a chiedere un passo indietro del presidente, Grasso ha risposto: “Vi ho ascoltato, ovviamente rassegno le mie dimissioni. Vi comprendo e vi rispetto. Vi rispetto e vi ringrazio. Vi rispetto molto più di quanto abbiate dimostrato di rispettare me. Potrei osservare che le vostre considerazioni hanno deliberatamente trascurato la prospettiva cronologica degli avvenimenti. Potrei dolermi di convenienti fraintendimenti della mia condotta“, aggiungendo “vi ho ascoltato e compreso. Ovviamente rassegno le mie dimissioni. Lo faccio serenamente, dicendo no a me stesso. Nel ricordo di un grande intellettuale del passato, che ricordava che i moralisti dicono no agli altri, l’uomo morale dice no a se stesso“.
Il nuovo presidente dell’Anm è Luca Poniz, pm a Milano, un esponente di Area, la componente più a sinistra del sindacato delle toghe . Poniz era già vicepresidente dell’Anm. Torna a far parte della Giunta dell’Anm il gruppo di Autonomia&Indipendenza, che vede tra i suoi leader il togato del Csm, Piercamillo Davigo. L’incarico di vicesegretario va infatti all’esponente della sua corrente, Cesare Bonamartini, giudice a Brescia.
“C’è una gigantesca questione morale da affrontare, io mi sento totalmente estraneo rispetto a questa drammatica contingenza e convinto che la maggioranza dei magistrati lo siano” dice Luca Poniz, il nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati pubblico ministero a Milano, storica “toga” di Magistratura democratica ed iscritto ad Area.: “Per me quello di oggi è un grande onore, ma anche un grande onere. Non bisogna spegnere i fari su questa vicenda, ma andare fino in fondo“. Sono queste le sue prime parole di un discorso fatto a braccio.